SLOVIANSK - Maglietta nera, capelli quasi a spazzola e pistola nella fondina sotto l’ascella, Viaceslav Ponomariov è uno dei capi della rivolta filorussa nell’Ucraina orientale.Autoproclamato sindaco di Sloviansk, una città di 130 mila abitanti, lo incontriamo nel Municipio occupato.
Un palazzo bianco in stile sovietico davanti all’immancabile statua di Lenin. Per entrare bisogna infilarsi in un camminamento di sacchetti di sabbia. Dietro le feritoie miliziani armati e mascherati scrutano all’esterno.
Ponomariov vive nel suo ufficio dove ha aggiunto una branda. Sul tavolo c’è una mappa dettagliata della città disseminata di barricate. Non può mancare la bandiera presidenziale russa con l’aquila bicefala in bella mostra. Sulla parete alle spalle campeggia un’icona di San Nicola, simbolo del mondo ortodosso. A Sloviansk erano stati sequestrati gli osservatori dell’Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa presieduta quest’anno dalla Svizzera. Il sindaco ribelle ha trattato la loro liberazione con Vladimir Lukin, inviato speciale del Cremlino. Nell’intervista esclusiva rilancia la sfida contro il Governo di Kiev ed il futuro secessionista della Repubblica di Donetsk.
L’assedio dell’esercito ucraino si sta stringendo su Sloviansk. Come pensa di resistere?
«La città non è circondata né isolata. Quindi non si può dire che sia in corso un vero e proprio assedio. I nostri avversari hanno adottato tattiche da guerriglia evitando di affrontarci in scontri diretti. Arrivano all’improvviso, sparano contro i posti di blocco e scappano».
A dire il vero hanno conquistato diverse posizioni attorno a Sloviansk…
«Si aggirano in periferia, ma in città non entrano. Se anche hanno preso cinque o sei posti di blocco non significa nulla. Guardate cosa è successo a Kramatorsk (una cittadina vicina da dove era partita l’offensiva delle truppe di Kiev contro i miliziani filorussi, n.d.a.). Ora è libera».
Non volete aver più nulla a che fare con Kiev?
«Proprio per questo abbiamo impugnato le armi e combatteremo. Questa è la nostra terra. Non siamo aggressori, né terroristi, ma difendiamo le case, le nostre famiglie e la fede ortodossa.Non stiamo andando verso la fine, ma nella direzione di un luminoso futuro».
E come pensa di farcela?
«Abbiamo indetto un referendum (l’11 maggio, n.d.a.). Scacceremo i fascisti al potere e cominceremo una nuova vita. Se non lo capiranno non ci fermeremo fino alla frontiera della Polonia. Andremo a Kiev ed oltre per cacciarli dall’Ucraina. Gli daremo una lezione».
Secondo lei questa regione dovrebbe venir annessa dalla Russia, come la Crimea?
«Non si tratta di unirsi in termini brutali. La Russia dovrebbe farsi carico di 22 milioni di persone (la popolazione del sud-est dell’Ucraina, n.d.a.) e sarebbe troppo pesante per il suo bilancio». E allora qual è l’obiettivo?
«Siamo economicamente indipendenti grazie ad un grande potenziale industriale ed agricolo. In linea di principio possiamo diventare una Repubblica federale popolare. E per forza di cose continueremo ad avere rapporti amichevoli con la Federazione russa. Certamente entreremo a far parte dell’unione doganale con Mosca. La nostra direzione futura è verso la Russia,mase sarà difficile prenderci sotto la sua ala saremouno Stato autonomo amico di Mosca».
In alcune cancellerie europee si ipotizza di inviare delle truppe di pace per evitare il peggio. Cosa ne pensa?
«Non c’è bisogno di militari, ma di imprenditori che vengano ad investire per il futuro della nuova Repubblica».
*autoproclamato sindaco di Sloviansk