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Speciale
03 settembre 2014 - Esteri - Iraq - Panorama
Sognando il Kurdistan

Trenta milioni di persone su un territorio che si estende dalla Turchia all’Iran passando per l’Iraq e la Siria. È questo il sogno dello stato curdo, che potrebbe diventare realtà a partire da un Kurdistan iracheno indipendente. La regione a nord di Baghdad è già autonoma e ha un presidente, Massoud Barzani. I combattenti curdi peshmerga, con l’appoggio aereo americano, sono stati l’unico argine all’avanzata del Califfato in Iraq. E Barzani ha presentato il conto annunciando a fine giugno l’intenzione di indire un referendum sull’indipendenza del Kurdistan. 

Tra i primi a riconoscere il nuovo Stato ci sarà Israele, che dagli anni 60, quando ha iniziato ad addestrare i peshmerga, mantiene rapporti di intelligence e sicurezza con il Kurdistan. E il 29 giugno il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto alla comunità internazionale «di appoggiare le aspirazioni dei curdi all’indipendenza». Neppure la Turchia, di fronte a un collasso dell’Iraq, si opporrebbe a un Kurdistan indipendente. Del resto i rapporti economici sono floridi, visto che i turchi esportano dal terminale di Cheyan il petrolio curdo. Con l’avanzata del Califfato, i peshmerga hanno blindato Kirkuk e il suo oro nero con un obiettivo: estrarre 1 milione di barili di greggio al giorno entro la fine dell’anno. 

Recep Tayyip Erdogan, nuovo presidente turco, lavora dal 2012 al processo di pace con il Pkk, il partito armato curdo in lotta trentennale con Ankara. Il primo settembre è atteso il messaggio di «Apo» Ochalan, il leader del movimento rinchiuso in un carcere turco, sulla rinuncia alla lotta armata e il via alla soluzione politica del conflitto. Dietro le quinte si muove il capo dei servizi segreti turchi, Hakan Fidan, per concludere trattative sempre più urgenti e strategiche alla luce delle crisi siriana e irachena. Non a caso la costola in Siria del Pkk combatte da tempo contro lo Stato islamico del califfo Abu Bakr al Baghdadi. E i suoi guerriglieri sono accorsi a dare man forte in Iraq salvando i profughi yazidi in fuga dall’avanzata jihadista. Una mossa per far uscire i guerriglieri curdi che si ispirano a Ocalan dalla lista delle organizzazioni terroristiche di Stati Uniti e Unione europea. 

L’indipendenza curda è vista come fumo negli occhi dall’Iran che ogni tanto bombarda il gruppo ribelle Vita libera del Kurdistan. Tuttavia Teheran ha mandato uomini e mezzi a fianco dei peshmerga per combattere gli estremisti sunniti del Califfato. Anche Baghdad teme la secessione curda e sta ritardando la consegna delle armi inviate dalla comunità internazionale ai curdi. Il Kurdistan indipendente sarebbe un minaccioso precedente per tutti i paesi arabi. E nell’Unione europea la Spagna punterebbe i piedi, come ha fatto con il Kosovo, per non alimentare le rivendicazioni interne. Il pallino rimane in mano agli Usa, che spinge i curdi a chiudere un accordo con Baghdad per entrare nel governo nazionale. Solo il vicepresidente Joe Biden, quando era senatore, aveva proposto di dividere in tre l’Iraq.   

(ha collaborato Giuseppe Mancini da Istanbul) 



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