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07 gennaio 2015 - Album - Ex Jugoslavia - Il Giornale
Il fascino (in)discreto della borghesia di Tito
Tito alla guida di una decappottabile americana; a bordo di un motoscafo; mentre prepara le uova al tegamino alla moglie Jovanka; si diverte come un turista qualunque a scattare foto e filmare con una cinepresa Super 8. Sono alcune scene del documentario «segreto» sul maresciallo jugoslavo proiettato per la prima volta in pubblico a Belgrado lo scorso dicembre. Tito - Note di un regista, girato fra il 1969 e il 1970, riprende il privato del dittatore e svela come l'eroe comunista fosse in realtà un borghesuccio. Non a caso la pellicola di 68 minuti, che era destinata al pubblico occidentale, non è mai finita sugli schermi. L'anteprima è avvenuta al Museo della Jugoslavia in occasione della mostra «La Grande Illusione», che svela la passione per i film del dittatore, compresi gli «spaghetti western» di Sergio Leone e i thriller di Alfred Hitchcock.
Oltre trent'anni dopo la sua morte, il documentario del regista di origini russe Zorz Skrigin e del norvegese Eugen Arnesen racconta il lato poco partigiano e proletario di Tito. La parte più interessante, secretata, riguarda la giornata tipo del presidente a vita. La pellicola esordisce con Tito che si fa la barba al mattino. Una voce narrante gli consiglia la posizione davanti allo specchio perché «non sarebbe educato chiedergli di ripetere la scena». Poi si vede la consorte Jovanka nella splendida isola croata di Brioni, oggi parco naturale e meta turistica, allora residenza esclusiva di villeggiatura dei coniugi. Il presidente a vita è ripreso mentre prepara delle uova al tegamino alla moglie oppure spilla del vino da una botte o fuma uno dei suoi inseparabili sigari cubani. Alla faccia del socialismo autogestito, Tito si fa immortalare alla guida della decappottabile americana che teneva a Brioni e a bordo di un motoscafo mentre sfreccia nelle acque dell'Adriatico. Nella versione privata e piccolo borghese scatta foto e filma video in Super 8, ma gioca pure a biliardo.
Una mezz'ora di sequenze è dedicata al repertorio della lotta partigiana, al dopoguerra e agli incontri con i leader del mondo libero e non, come il presidente americano John Kennedy, il cancelliere tedesco Willy Brandt, il premier inglese Winston Churchill e il capoccia comunista Fidel Castro. Il segretario del Pci, Palmiro Togliatti, a colloquio con Tito, viene bollato nel documentario come «l'amico di Stalin».
Il presidente a vita jugoslavo, fuori dagli stereotipi socialisti, rispunta nelle immagini degli incontri con Sophia Loren e altri attori del calibro di Elizabeth Taylor e Yul Brynner. Un Tito dal volto umano scherza e ride, davanti alla cinepresa, a una tavola imbandita con i vip di allora. Troppo per la propaganda comunista, che ha convinto il dittatore a tener chiuso in un cassetto il documentario di stampo borghese e un po' dandy.
L'anteprima della pellicola censurata è stata il fiore all'occhiello di una mostra dedicata ai «24 milioni di metri di celluloide» consumati in oltre trent'anni di potere dal maresciallo. Tito era un appassionato cinefilo, che guardava circa 280 film l'anno. Gli ospiti dovevano spesso sorbirsi i film sulla lotta partigiana come La battaglia della Neretva o L'invasione di Dvar, che il leader comunista aveva vissuto da protagonista durante la seconda guerra mondiale. Anche la passione per il cinema aveva, però, un lato molto borghese e «occidentale». Secondo Momo Cvijovic, curatore della mostra, Tito, amava «i film western americani, ma pure le pellicole di Sergio Leone». Il famoso treno blu presidenziale e lo yacht Galeb erano stati attrezzati per le proiezioni. Grazie a un registro dettagliato si scopre che Tito guardava i film «del neorealismo italiano ed i thriller di Alfred Hitchcock» senza traduzioni. E prima di invitare ospiti famosi come Yves Montand e Simone Signoret si gustava i loro film. Cvijovic racconta che il padre padrone della Jugoslavia non disdegnava neppure i cartoni animati e nel 1951 «guardò sicuramente Pinocchio e Biancaneve».
L'1 gennaio 1980 Tito si fece proiettare Hardcore apprezzando le scene spinte. Il fascino discreto della borghesia, Easy Rider e Il grande Gatsby sono state altre pellicole di suo gradimento. Non solo: Tito si preparava alla visite di Stato divorando ore di cinegiornale del Paese che andava a visitare come è capitato con l'Inghilterra.
Un altro lato molto borghese riguardava la fatale attrazione per la moda occidentale. Il dittatore non portava sempre uniformi sgargianti e pacchiane, ma indossava abiti eleganti che andavano dal completo bianco Panama allo smoking degno di Churchill, cravatte Dior o Yves Saint Laurent, mutande di seta comprate a Trieste e Milano, cappelli italianissimi di Borsalino e scarpe inglesi su misura. Vezzi «segreti», che affiorano nel documentario sul Tito privato, dimostrando ai posteri come il fondatore del socialismo jugoslavo impartisse agli altri il comunismo spartano per riservarsi, dietro le quinte del potere, una dolce vita borghese.
www.gliocchidellaguerra.it
[continua]

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