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12 gennaio 2015 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
I servizi Usa al Vaticano: “Siete il prossimo obiettivo”
Il Vaticano è il prossimo obiettivo dei terroristi dello Stato Islamico. I servizi segreti americani avrebbero informato le autorità ecclesiastiche, che la Santa Sede è il prossimo bersaglio nella lista di obiettivi del Califfato. Lo ha riferito ieri in apertura del telegiornale la tv di Stato israeliana Canale 1. Il Califfo, Abu Bakr al Baghdadi, almeno in due occasioni ha annunciato che lo Stato islamico arriverà fino a San Pietro. Sempre ieri il tabloid tedesco Bild am Sonntag, ha rivelato che l'agenzia americana di spionaggio elettronico, Nsa avrebbe «delle intercettazioni delle cellule del terrore in cui viene fatto anche il nome di Roma».
Ed il Giornale ha scoperto l'ultima residenza nota di Fatima, al secolo Maria Giulia Sergio, la prima volontaria italiana della guerra santa partita per la Siria. Si tratta di una cittadina con poche migliaia di anime non lontana da Grosseto. E fra gli abitanti la comunità straniera più numerosa è quella albanese. Attraverso il marito e degli estremisti islamici albanesi «lady Jihad» sarebbe riuscita a raggiungere i fronti della guerra santa. Non a caso la Toscana è stata una delle regioni maggiormente «attenzionate» nel 2014 per il pericolo jihadista. Soprattutto in alcune aree, come la Maremma è forte una comunità della «spirale balcanica», diventata nel nord Italia serbatoio di volontari per i gruppi estremisti che combattono in Siria e Iraq.
Nel mirino dell'antiterrorismo sono finite una ventina di persone, che vivono in Toscana, in gran parte convertite all'Islam. Come Maria Giulia Sergio, la napoletana, che si era trasferita a Inzago, in provincia di Milano. La deriva radicale è iniziata con il secondo marito albanese ed il suo spostamento di residenza nella piccola cittadina del grossetano di cui il Giornale conosce il nome. Quattro mesi fa Maria Giulia si sarebbe diretta a Roma imbarcandosi su un volo per la Turchia da dove ha fatto perdere le tracce per entrare in Siria con i «mujaheddin».
Fin dall'agosto dello scorso anno, con l'avanzata del Califfato in Iraq, il questore di Firenze, Raffaele Micillo, dichiarava alla stampa locale: «Oltre alla sorveglianza diretta e al controllo del territorio abbiamo intensificato anche il lavoro di intelligence, per verificare la presenza di una rete di fiancheggiatori nella nostra regione. Sono tutte misure prese su input del ministero». Solo nel capoluogo toscano vivono diecimila musulmani. Negli ultimi dieci anni le operazioni anti terrorismo in Toscana non sono sfociate in condanne, ma l'effetto calamita del Califfato è il nuovo pericolo.
La moschea più vicina all'ultima residenza della lady Jihad italiana è a Grosseto. «Non l'ho mai conosciuta e mai sentito di un albanese sposato ad una convertita italiana in questa zona» spiega al telefono a il Giornale l'imam Zejnullah del centro islamico El Hilal. Albanese della Macedonia ha ospitato nel 2013 il suo omologo della Grande moschea di Pristina, Shefqet Krasniqi. Le autorità kosovare lo hanno arrestato il 17 settembre scorso con l'accusa di aizzare i volontari per la guerra santa in Siria. Adesso è agli arresti domiciliari. Il 4 settembre l'imam di Grosseto sulla pagina Facebook del centro islamico El Hilal pubblicava la foto di Krasniqi, mentre parlava nella città toscana, con una frase in albanese, che non lascia dubbi: «Noi saremo con te». Al Giornale spiega che «Krasniqi non ha mai invitato nessuno a Grosseto ad arruolarsi per andare a combattere in Siria». Il video, presente su You Tube, è «innocente», come il filmato di un altro imam, Bilal Bosnic in carcere a Sarajevo per propaganda a favore del Califfato e reclutamento. Nel 2012 il predicatore itinerante indagato da più procure in Italia ha tenuto il suo sermone al centro centro islamico «Rastelica» di Monteroni d'Arbia, nel senese. Anche in questo caso l'invito era arrivato dalla comunità musulmana che fa parte della «spirale» balcanica sotto la lente dell'antiterrorismo in tutto il paese. Solo due anni dopo Bosnia si palesava su Facebook con la bandiera nera dell'Isis. Il centro islamico si trova ad una quarantina di chilometri della famosa moschea di Colle Val D'Elsa, inaugurata nel 2013, che ha sollevato aspri dibattiti fin dai tempi di Oriana Fallaci.

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12 maggio 2020 | Tg5 | reportage
L'infermiera sopravvissuta al virus
L’infermiera ha contratto il virus da un paziente anziano nell’ospedale Maggiore di Trieste A casa non riusciva più a respirare ed è stata trasportata d’urgenza in ospedale Il figlio, soldato della Nato, era rimasto bloccato sul fronte baltico dall’emergenza virus con l’appartamento pieno di medicine l’incubo del contagio non l’abbandonerà mai Due mesi dopo il contagio Svetlana è negativa al virus ma ancora debole e chiusa in casa

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06 giugno 2017 | Sky TG 24 | reportage
Terrorismo da Bologna a Londra
Fausto Biloslavo "Vado a fare il terrorista” è l’incredibile affermazione di Youssef Zaghba, il terzo killer jihadista del ponte di Londra, quando era stato fermato il 15 marzo dello scorso anno all’aeroporto Marconi di Bologna. Il ragazzo nato nel 1995 a Fez, in Marocco, ma con il passaporto italiano grazie alla madre Khadija (Valeria) Collina, aveva in tasca un biglietto di sola andata per Istanbul e uno zainetto come bagaglio. Il futuro terrorista voleva raggiungere la Siria per arruolarsi nello Stato islamico. Gli agenti di polizia in servizio allo scalo Marconi lo hanno fermato proprio perché destava sospetti. Nonostante sul cellulare avesse materiale islamico di stampo integralista è stato lasciato andare ed il tribunale del riesame gli ha restituito il telefonino ed il computer sequestrato in casa, prima di un esame approfondito dei contenuti. Le autorità inglesi hanno rivelato ieri il nome del terzo uomo sostenendo che non “era di interesse” né da parte di Scotland Yard, né per l’MI5, il servizio segreto interno. Il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, ha dichiarato a Radio 24, che "venne segnalato a Londra come possibile sospetto”. E sarebbero state informate anche le autorità marocchine, ma una fonte del Giornale, che ha accesso alle banche dati rivela “che non era inserito nella lista dei sospetti foreign fighter, unica per tutta Europa”. Non solo: Il Giornale è a conoscenza che Zaghba, ancora minorenne, era stato fermato nel 2013 da solo, a Bologna per un controllo delle forze dell’ordine senza esiti particolari. Il procuratore capo ha confermato che l’italo marocchino "in un anno e mezzo, è venuto 10 giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista. Era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento". Presentarsi come aspirante terrorista all’imbarco a Bologna per Istanbul non è poco, soprattutto se, come aveva rivelato la madre alla Digos “mi aveva detto che voleva andare a Roma”. Il 15 marzo dello scorso anno il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini, che allora dirigeva il pool anti terrorismo si è occupato del caso disponendo un fermo per identificazione al fine di accertare l’identità del giovane. La Digos ha contattato la madre, che è venuta a prenderlo allo scalo ammettendo: "Non lo riconosco più, mi spaventa. Traffica tutto il giorno davanti al computer per vedere cose strane” ovvero filmati jihadisti. La procura ha ordinato la perquisizione in casa e sequestrato oltre al cellulare, alcune sim ed il pc. La madre si era convertita all’Islam quando ha sposato Mohammed il padre marocchino del terrorista che risiede a Casablanca. Prima del divorzio hanno vissuto a lungo in Marocco. Poi la donna è tornata casa nella frazione di Fagnano di Castello di Serravalle, in provincia di Bologna. Il figlio jihadista aveva trovato lavoro a Londra, ma nella capitale inglese era entrato in contatto con la cellula di radicali islamici, che faceva riferimento all’imam, oggi in carcere, Anjem Choudary. Il timore è che il giovane italo-marocchino possa essere stato convinto a partire per la Siria da Sajeel Shahid, luogotenente di Choudary, nella lista nera dell’ Fbi e sospettato di aver addestrato in Pakistan i terroristi dell’attacco alla metro di Londra del 2005. "Prima di conoscere quelle persone non si era mai comportato in maniera così strana” aveva detto la madre alla Digos. Il paradosso è che nessuna legge permetteva di trattenere a Bologna il sospetto foreign fighter ed il tribunale del riesame ha accolto l’istanza del suo avvocato di restituirgli il materiale elettronico sequestrato. “Nove su dieci, in questi casi, la richiesta non viene respinte” spiega una fonte del Giornale, che conosce bene la vicenda. Non esiste copia del materiale trovato, che secondo alcune fonti erano veri e propri proclami delle bandiere nere. E non è stato possibile fare un esame più approfondito per individuare i contatti del giovane. Il risultato è che l’italo-marocchino ha potuto partecipare alla mattanza del ponte di Londra. Parenti e vicini cadono dalle nuvole. La zia acquisita della madre, Franca Lambertini, non ha dubbi: “Era un bravo ragazzo, l'ultima volta che l'ho visto mi ha detto “ciao zia”. Non avrei mai pensato a una cosa del genere".

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03 febbraio 2012 | UnoMattina | reportage
Il naufragio di nave Concordia e l'allarme del tracciato satellitare


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radio

03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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