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Articolo
13 gennaio 2015 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
La “lady Jihad” italiana e i legami con la rete albanese
La prima «lady Jihad» italiana ha utilizzato una filiera albanese per raggiungere la Siria assieme ad A. K., il marito originario del paese delle aquile. Fonti del Giornale in Albania fanno sapere che «la coppia ha aderito al Califfato in Siria». Maria Giulia Sergio convertita in Fatima Az Zahra nasce a Torre del Greco 27 anni fa. Si trasferisce ad Inzago, in provincia di Milano con padre, madre e sorella, che diventano tutti musulmani. Prima sposa un marocchino e poi sceglie A. K., albanese più votato all'islam radicale. Con lui si sposta nel Grossetano, dove risulta l'ultimo domicilio noto in un piccolo centro con una forte comunità albanese e fino a poco tempo fa residenza di un capoccia religioso.
«La presenza di consolidati network di reclutatori albanesi su territorio italiano era noto: reti attive in svariate regioni d'Italia tra cui la Lombardia, Lazio, Liguria e Toscana» sottolinea Giovanni Giacalone, esperto di radicalismo islamico nei Balcani.
Nel settembre dello scorso anno Fatima, aspirante jihadista italiana, va a Roma e acquista un biglietto aereo per la Turchia. Il sospetto dell'intelligence è che abbia utilizzato, grazie al marito, la rete dei volontari della guerra santa che partono dall'Albania. Gent Pahsaj è un imam del paese delle aquile, che vive in Turchia ed è indagato per aver favorito il passaggio dei combattenti in Siria.
I centri di reclutamento dei circa 140 jihadisti albanesi contro il regime di Damasco sarebbero soprattutto Cerrik e Librazhd nel centro dell'Albania. «L'italiana convertita Fatima e suo marito avrebbero usato questa filiera per raggiungere il Califfato» spiega la fonte albanese. O quello che ne restava in Turchia. L'11 marzo scorso l'antiterrorismo di Tirana ha arrestato sette sospetti, compresi due imam, per i sermoni sulla guerra santa ed il reclutamento di combattenti per la Siria. L'operazione è avvenuta nella capitale, Elbasani, Pogradec e Librazhd, uno dei centri della filiera che avrebbe portato la prima lady Jihad italiana fra le braccia dello Stato islamico. L'altra cittadina sospetta è Cerrik, dove fin dagli anni Novanta era stata impiantata la scuola coranica El Faruk, poi fatta chiudere. I sauditi hanno finanziato in seguito l'università «El Hagri» e l'invio di studenti albanesi nel Golfo grazie al movimento salafita. A Cerrik giunsero anche dei «missionari» islamici sudanesi. Il sospetto è che attraverso un'organizzazione caritatevole musulmana siano arrivati pure dei soldi da Ayman Al Zawahiri, oggi capo di Al Qaida.
Lo scorso anno, secondo uno studio del King's college di Londra sulla radicalizzazione, c'erano 140 combattenti albanesi in Siria, altri 150 provenienti dal Kosovo ed una ventina della stessa etnia dalla Macedonia. Ed il flusso continua grazie all'effetto calamita del Califfato.
Secondo Giacalone «alcuni villaggi dell'Albania centrale sono da tempo diventati luogo di sosta e passaggio per estremisti che arrivano nel paese dall'Italia e dal Kosovo, per dirigersi in Turchia e poi in Siria».
www.gliocchidellaguerra.it

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21 settembre 2012 | La Vita in Diretta | reportage
Islam in Italia e non solo. Preconcetti, paure e pericoli


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23 aprile 2012 | Premio Lago | reportage
Il premio Giorgio Lago: Arte, impresa, giornalismo, volontariato del Nord Est
Motivazione della Giuria: Giornalista di razza. Sempre sulla notizia, esposto in prima persona nei vari teatri di guerra del mondo. Penna sottile, attenta, con un grande amore per la verità raccontata a narrare le diverse vicende dell’uomo.

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05 febbraio 2015 | Porta a Porta | reportage
IN RICORDO DELLE FOIBE E L'ESODO LA PUNTATA DI PORTA A PORTA


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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
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Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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