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Scenari Mondo
17 giugno 2015 - Esteri - Afghanistan - Panorama
L'Italia fuori dal grande affare afghano
L’Italia è fuori dal più grande progetto energetico afghano, che passerà nell’ovest del Paese grazie al sangue versato dai nostri soldati (54 i morti, 600 i feriti). Per il gasdotto di 1.860 km, che dal Turkmenistan arriverà in India, via Pakistan, si sono fatti avanti francesi, russi e cinesi. Il progetto Tapi, dai nomi delle quattro nazioni coinvolte, è un investimento storico (8 miliardi di dollari) per Kabul: farà transitare sul suo territorio 33 miliardi di metri cubi di gas l’anno, talebani permettendo.
Nonostante il tragitto del gasdotto passi per la provincia di Badghis ed Herat, dove a partire dal 2008 i soldati italiani hanno combattuto duramente e i parà della Folgore abbiano allargato la zona di sicurezza attorno a Bala Murghab aprendo la strada fino al Turkmenistan, per la realizzazione del gasdotto l’Italia non è stata presa in considerazione. Entro quest’anno i Paesi coinvolti dovranno scegliere chi guiderà il Tapi. Le società in corsa per il tratto afghano sono la Total francese, la Pipeline company cinese e la Rt Global russa. Scarso l’interesse di Roma pure per il «tesoro» del sottosuolo.
Secondo studi Usa, le potenzialità energetiche e minerarie valgono 1.000 miliardi di dollari (tre volte tanto per gli afghani). I canadesi hanno ottenuto uno dei primi contratti di trivellazione per il petrolio nel nord. Washington ha investito 418 milioni di dollari per il gas e il greggio a Shebarghan. Gli indiani si sono aggiudicati i diritti dei quasi 2 miliardi di tonnellate di ferro di Hajigak e Pechino ha conquistato la miniera di rame di Aynak, la seconda al mondo. E punta al litio, prezioso per le batterie dei cellulari, nella zona di Herat dove sventola ancora il tricolore. (Fausto Biloslavo)

video
16 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia 1 | reportage
I talebani perdono Jalalabad
I talebani perdono Jalalabad

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27 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 | reportage
La caduta di Kunduz
La caduta di Kunduz

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14 marzo 2007 | L'Infedele - La7 | reportage
Afghanistan, la guerra impossibile
Afghanistan, la guerra impossibile

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[altri video]
radio

14 novembre 2001 | Radio 24 | reportage
Afghanistan
Kabul la prima giornata di libertà
Gioie e dolori delle prime 48 ore di libertà a Kabul raccontati sotto un cielo di stelle dalla terrazza dell'hotel Intercontinental.

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16 giugno 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Afghanistan
Il "tesoro" nascosto
L’Afghanistan è un paese disgraziato, povero e senza risorse, a parte l’oppio? Assolutamente no. Il sottosuolo afghano nasconde un forziere di minerali che vale 1 trilione di dollari. In cifre europee stiamo parlando di 810 miliardi di euro. Oro, gemme, rame, ferro ed il prezioso litio sono presenti in quantità tali da poter trasformare l’Afghanistan in una delle maggiori “potenze” minerarie al mondo. Lo hanno scoperto i geologi assoldati dal Pentagono studiando vecchie carte tracciate dai sovietici, che invasero il paese negli anni ottanta. Una ricchezza naturale capace di risollevare economicamente l’Afganistan e magari farlo uscire dal tunnel delle guerra.

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12 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - Il prigioniero talebano
Afghanistan,un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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21 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ I primi risultati nel distretto di Bala Baluk
L’Afghanistan ha vinto la “battaglia” per il voto”. Anche nelle zone più a rischio, come la provincia di Farah, i talebani non sono riusciti a far saltare in aria le elezioni. Nonostante molti seggi siano rimasti chiusi. I primi conteggi indicano che gli afghani, nella zona calda di Bala Baluk, hanno votato per il presidente in carica Hamid Karzai. La sicurezza garantita dai paracadutisti della Folgore è stata determinante. I baschi amaranto della 6° compagnia Grifi presidiavano a distanza i soli 5 seggi aperti su 30 del turbolento distretto. Dove hanno votato 862 afghani. Ben oltre la metà, 569, per Karzai. Secondo, con 121 voti, il rivale pasthun del presidente in carica Ashraf Ghani Ahmadzai. Seguito dal tajiko Abdullah Abdullah con 105 voti. Frozan Fana, candidata donna, ha ottenuto 2 voti in un’area dove esiste solo il burqa. Si è votato anche a Chakab. Non un paesino qualunque, ma il villaggio dove è nato Said Ayub il governatore ombra degli insorti nella provincia di Farah. Centoventicinque elettori, su 600 registrati, hanno sfidato le minacce talebane andando a votare nella piccola moschea di Chakab. I voti per Karzai sfiorano il 90%. Comunque non è stata una passeggiata. Nelle ultime 36 ore nel settore occidentale dell’Afghanistan, comandato dal generale della Folgore, Rosario Castellano, sono stati registrati 22 attacchi. Compresi tre razzi lanciati contro Tobruk, la base avanzata italiana a Bala Baluk. Il più vicino è esploso a 150 metri da una torretta di sorveglianza. Fausto Biloslavo da base Tobruk, provincia di Farah Per Gr24 il sole 24 ore

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20 ottobre 2009 | SBS Radio Italian Language Programme | intervento
Afghanistan
Gli italiani pagano i talebani?
Mazzette ai talebani, pagati dai servizi segreti italiani in Afghanistan, che sarebbero costate la vita a dieci soldati francesi fatti a pezzi in un’imboscata lo scorso anno. Un’accusa infamante lanciata ieri dalle colonne del blasonato Times di Londra, con un articolo che fa acqua da tutte le parti. “Spazzatura” l’ha bollato il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che ha dato mandato di querelare il quotidiano britannico. Secondo il Times la nostra intelligence avrebbe pagato “decine di migliaia di dollari i comandanti talebani e signori della guerra locali per mantenere tranquilla” l’area di Surobi, 70 chilometri a Sud Est di Kabul. Dal dicembre 2007 al luglio 2009, poco meno di duecento soldati italiani, tenevano base Tora un avamposto nell’Afghanistan orientale. L’obiettivo dei pagamenti era di evitare gli attacchi agli italiani e vittime “che avrebbero provocato difficoltà politiche in patria”. Invece ci sono stati ben otto combattimenti con un morto e cinque feriti fra le nostre forze e quelle afghane. Il 13 febbraio, nella famigerata valle di Uzbin, roccaforte talebana, è stato ucciso il maresciallo Giovanni Pezzulo. Il Times sbaglia anche la data della sua morte scrivendo che era caduto nel 2007. Per il valore dimostrato quel giorno il milanese Davide Lunetta, sergente del 4° Reggimento alpini paracadutisti, è stato premiato dalla Nato come sottufficiale dell’anno. Il 3 novembre verrà decorato al Quirinale. In un’altra battaglia i ranger di Bolzano hanno salvato dalle grinfie talebane la preziosa tecnologia di un aereo senza pilota Usa precipitato. Il 3 febbraio era finito in un’imboscata, durante un’ispezione nell’area di Surobi, il generale degli alpini Alberto Primicerj. Alla faccia della zona tranquilla, descritta dal Times, grazie alle mazzette pagate dai nostri servizi. Non solo: la task force Surobi ha sequestrato in un centinaio di arsenali nascosti e quintali di droga. In una nota palazzo Chigi sottolinea che "il governo non ha mai autorizzato nè consentito alcuna forma di pagamento di somme di danaro in favore di membri dell'insorgenza di matrice talebana in Afghanistan, nè ha cognizione di simili iniziative attuate dal precedente governo". Sul Times è relegato in una riga, verso la fine, un aspetto non di poco conto. Il centro destra ha vinto le elezioni nell’aprile del 2008 ed il governo si è insediato l’8 maggio. Fino a quel giorno governava Romano Prodi e gli ordini per l’Afghanistan arrivavano dal ministro della Difesa Arturo Parisi. Secondo il Times l’intelligence italiana “avrebbe nascosto” ai francesi, che nell’agosto 2008 ci hanno dato il cambio, il pagamento dei talebani. L’accusa più infamante è che per questa omissione siano finiti in un’ imboscata dieci militari d’Oltralpe massacrati il 18 agosto nella famigerata valle di Uzbin. Ieri l’ammiraglio Christophe Prazuck, portavoce dello stato maggiore francese, ha bollato come “infondato” l’articolo del Times. Anche la Nato ha smentito. In realtà gli alleati conoscevano benissimo la situazione a Surobi. Agli inizi di agosto del 2008, in occasione del passaggio di consegne, gli ufficiali d’Oltralpe sono stati informati dai nostri di “prestare particolare attenzione alla valle di Uzbin” la zona più pericolosa di Surobi. Il Times sostiene che gli uomini dell’intelligence americana “rimasero allibiti quando scoprirono, attraverso intercettazioni telefoniche, che gli italiani avevano “comprato” i militanti anche nella provincia di Herat". A tal punto che il loro rappresentante a Roma, nel giugno 2008, avrebbe protestato con il governo Berlusconi. Palazzo Chigi “esclude che l’ambasciatore degli Stati Uniti (allora Ronald Spogli) abbia inoltrato un formale reclamo in relazione a ipotetici pagamenti" ai talebani. Invece gli americani lodavano il lavoro degli italiani a cominciare dal generale americano Dan McNeill, comandante della Nato a Kabul. Il Times non sa che esiste un documento classificato della Nato dove il caso Surobi viene indicato come modello di successo da replicare. E la firma è proprio di un ufficiale britannico. Il compito delle barbe finte italiane a Surobi era di “facilitare” la sicurezza del contingente. Per farlo dovevano ottenere informazioni, che vengono pagate perché in Afghanistan non basta una pacca sulla spalla. Tutti i servizi alleati lo fanno. Da questo ce ne vuole di inventiva per sostenere che davamo mazzette ai talebani e che farlo di nascosto ha provocato la morte dei poveri soldati francesi. Non solo: al posto dei dollari la task force Surobi ha utilizzato un altro sistema. Portavano un ingegnere per costruire un pozzo, i viveri a dorso di mulo nei villaggi isolati dalla neve, oppure costruivano un piccolo pronto soccorso o una scuola. In cambio arrivavano le informazioni sugli arsenali nascosti o le trappole esplosive.

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