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05 agosto 2015 - Interni - Italia - Il Giornale
Le mani degli estremisti sulle moschee di Milano
I Fratelli musulmani, che incarnano l'Islam politico ed in armi in Siria e Libia o fuorilegge in Egitto stravincono dietro le quinte delle moschee che sorgeranno a Milano. Su tre luoghi di culto i due concessi, per ora provvisoriamente, ai musulmani saranno finanziati e costruiti da gruppi che fanno parte del Caim, il Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano, Monza e Brianza. Per l'ex Palasharp l'ha spuntata l'Associazione islamica di via Padova 366, ma nel progetto sono coinvolti anche i turchi della Milli Gorus, i Fratelli musulmani di Ankara con mezzo milione di seguaci in Europa. Come conferma il consigliere comunale Matteo Forte. Diversi esponenti del Milli Gorus in Germania sono stati indagati per finanziamento al terrorismo, poi prosciolti, ma considerati dalle autorità tedesche fucina di radicali. I minareti di via Esterle sorgeranno grazie all'Associazione culturale e sociale del Bangladesh. Uno dei leader è Abu Hanif Patwery, che difende i capi della Jamaat e Islami (movimento islamico fuorilegge) condannati a Dacca per crimini contro l'umanità.
«Il fatto che per entrambi i siti siano coinvolte associazioni quanto meno ideologicamente vicine ai Fratelli musulmani è preoccupante considerata la posizione dell'organizzazione islamista a livello internazionale» spiega Giovanni Giacalone analista del fenomeno jihadista. Il terzo sito è andato agli islamici di Segrate, che però hanno ottenuto un punteggio minore e dovranno lasciarlo agli evangelici. Milano ha previsto solo due luoghi di culto ufficiali per i musulmani. L'aspetto paradossale è che dalla partita delle moschee sono rimasti esclusi i «moderati» e più disponibili al dialogo inter religioso come la Casa della cultura islamica. I vincitori, dietro le quinte, sono i Fratelli musulmani legati al Caim, nonostante le smentite ufficiali. La Fratellanza combatte in Siria armi in pugno contro il regime di Assad, in Libia ispira il governo di Tripoli non riconosciuto dalla comunità internazionale e in Egitto è fuorilegge.
I turchi del Milli Gorus sarebbero nella cordata della moschea dell'ex Palasharp. L'investimento si aggirerebbe sui 10 milioni di euro. I soldi arriveranno da enti pubblici, fondazioni private, anche dall'estero a cominciare dalla Turchia, il Qatar, che continua a finanziare i gruppi oltranzisti in Siria ed in Kuwait. La costola tedesca del Milli Gorus, la più forte in Europa, era finita sotto inchiesta per truffa, riciclaggio di denaro e finanziamento di gruppi terroristici. Nel 2010 le accuse sono cadute, ma un anno dopo l'Ufficio per la protezione della costituzione individuava 37.470 radicali. La maggioranza faceva parte del turco Milli Gorus, che in Italia dovrebbe contribuire a far sorgere la principale moschea di Milano.
I bengalesi manifestano a Milano a favore dei «fratelli» giustiziati o in carcere a Dacca. Patwery, uno dei loro leader ha difeso in Rete Delwar Hossain Sayeedi, vicepresidente del Jamaat e Islami condannato all'ergastolo per crimini contro l'umanità durante la secessione dal Pakistan del 1971. E definito «eroe» Abdul Quader Molla, altro leader islamico, giustiziato per gli stessi crimini. Il gruppo islamico del Bangladesh, vincitore della gara per la seconda moschea, ha un contenzioso aperto con il Comune per un sottoscala adibito a luogo di preghiera, che potrebbe escluderlo. Il Caim è dominante nella partita delle moschee. Nonostante le smentite i collegamenti con i Fratelli musulmani sono evidenti. I Giovani musulmani d'Italia, che aderiscono al Caim, fanno parte di due ombrelli islamici internazionali che rappresentano la Fratellanza in Europa. Il responsabile della raccolta fondi e comunicazione è Yassine Baradai ex direttore dell'organizzazione non governativa Islamic relief Italia. La costola di una rete internazionale che ha avuto come dirigenti personaggi di spicco della Fratellanza come Ibrahim El-Zayyat, Essam el-Haddad e Ahmed al-Rawi. Omar Jibril e Ahmed Abdel Aziz, nell'organigramma del Caim, hanno aderito al Comitato nazionale libertà e democrazia per l'Egitto. Associazione milanese molto attiva contro i militari al potere al Cairo e a favore del presidente deposto Mohammed Morsi dei Fratelli musulmani. I suoi seguaci in Egitto stanno organizzando la lotta armata.
[continua]

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26 agosto 2023 | Tgcom24 | reportage
Emergenza migranti
Idee chiare sulla crisi dagli sbarchi alla rotta balcanica.

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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni. Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra. Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti. Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti. Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata». Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.

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29 dicembre 2010 | | reportage
Gli occhi della guerra a Trieste
Dopo aver portato la mostra su 25 anni di reportage di guerra in tutta Italia, finalmente il 29 dicembre è stata inaugurata a Trieste, presso la sala espositiva della Parrocchia di Santa Maria Maggiore, via del Collegio 6. Gli occhi della guerra sono dedicati ad Almerigo Grilz e a tutti i giornalisti caduti sul fronte dell'informazione. La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 10 al 20 gennaio. L'evento è stato organizzato dal Circolo universitario Hobbit con la sponsorizzazione della Regione.

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radio

25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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