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21 agosto 2015 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
Il giudice si arrende: “Il clandestino ci crede un Paese senza regole”
Un marocchino, da oltre dieci anni in Italia, compie 21 reati, ma dietro le sbarre resta solo 9 giorni grazie ad attenuanti, indulti e altro. Non gli rinnovano il permesso di soggiorno e decretano la sua espulsione da tre diverse prefetture di Belluno, Bologna e Udine. Il 17 maggio 2013 è il Tribunale di Gemona del Friuli, che ordina di sbatterlo fuori dall'Italia per la quarta volta. E il 23 luglio finalmente lo rimandano in Marocco. Ma il clandestino sarebbe tornato in Italia per venir di nuovo pizzicato a Tirano, in provincia di Sondrio, dove si becca una condanna di un anno per false generalità. Non è chiaro se sia stata scontata, ma le ultime tracce in rete lo segnalerebbero a San Marino con il seguente motto on line «vivo e lascio vivere».
L'incredibile storia di normale immigrazione è ben descritta dalla sentenza del giudice di pace di Gemona, Vincenzo Zappalà. Il marocchino che a lungo l'ha fatta franca si chiama Achraf Hadif e ha 28 anni. Nel 2012 viene fermato dalla Polizia ferroviaria in Friuli-Venezia Giulia e denunciato in quanto clandestino, nonostante tre decreti di espulsione dal prefetto di Belluno e Bologna nel 2007 e di Udine nel 2011. La Questura di Torino nel 2010 aveva respinto la richiesta di permesso di soggiorno.
Al processo a Gemona è contumace ed il giudice di pace scrive nella sentenza: «In tutti questi atti è stato ripetutamente ordinato all'imputato di lasciare il territorio nazionale e di non rientrare prima che siano decorsi 10 anni. Tali ordini sono stati sistematicamente ignorati e nessuna autorità è stata in grado di farli eseguire coattivamente!».
Zappalà scopre che il clandestino è tutt'altro che un'anima candida. «Il certificato penale di Hadif Achraf riporta ben 21 reati, commessi dal 13.11.2002 al 26.02.2008 in Torino, Genova, Tortona, Biella, Imperia» si legge nella sentenza. I reati vanno dall'appropriazione indebita, al furto, rapina, lesioni, resistenza a pubblico ufficiale e così via. In tutto, il marocchino nato a Casablanca, si è beccato 5 anni e 23 giorni di reclusione, ma «fra attenuanti generiche (ripetutamente concesse, malgrado le recidive), sospensione dell'esecuzione, indulto, cumulo delle pene, eccetera ha scontato soltanto 9 giorni di pena detentiva: dal 30.04.2011 al 09.05.2011!!».
Il magistrato di pace non ci vede più: «Evidentemente, il soggetto è stato indotto a pensare che il sistema giuridico-penale italiano è impotente e quindi nessun freno è stato posto alle sue scorrerie e nessun deterrente hanno rappresentato le molteplici condanne inflittegli!!!».
Il difensore chiede l'assoluzione sostenendo che potrebbe già essersi allontanato dal territorio nazionale. «Che sia tuttora in Italia (e si guarda bene dal presentarsi in questo processo, per far supporre che se ne sia allontanato) è fuor di dubbio!!!!» scrive il giudice. Applicare il favor rei è «una presa in giro per tutti i funzionari che hanno inutilmente rintracciato e segnalato il soggetto, con spreco di denaro pubblico. Denaro che poi non è disponibile per l'allontanamento, come implicitamente ammette il Questore di Udine il 31.01.2012 (“non è immediatamente disponibile vettore aereo o altro mezzo di trasporto”)». La condanna del 17 maggio 2013 è l'ennesima «espulsione dal territorio nazionale per anni 10». Poi mesi dopo, in luglio viene finalmente eseguita da Torino.
Lo scorso anno, però, Hadif Achraf, sarebbe tornato in Italia ed un marocchino corrispondente alle sue generalità viene fermato a Tirano, in provincia di Sondrio. Si spaccia per il fratello residente a Torino. Secondo un giornale locale viene condannato ad un anno, ma non è chiaro se la pena sia stata scontata. Su Google plus un Hadif Achraf, che viveva a Torino, come il clandestino che l'ha fatta quasi sempre franca, sostiene di trovarsi dal 24 marzo nella Repubblica di San Marino.
[continua]

video
11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

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26 settembre 2012 | Uno Mattina | reportage
I lati oscuri (e assurdi) delle adozioni
Con mia moglie, prima di affrontare l’odissea dell’adozione, ci chiedevamo come mai gran parte delle coppie che sentono questa spinta d’amore andavano a cercare bambini all’estero e non in Italia. Dopo quattro anni di esperienza sulla nostra pelle siamo arrivati ad una prima, parziale e triste risposta. La burocratica e farraginosa gestione delle adozioni nazionali, grazie a leggi e cavilli da azzeccagarbugli, non aiutano le coppie che vogliono accogliere un bimbo abbandonato in casa propria, ma le ostacolano.

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03 febbraio 2012 | UnoMattina | reportage
Il naufragio di nave Concordia e l'allarme del tracciato satellitare


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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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