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Articolo
22 agosto 2015 - Attualità - Siria - Il Giornale |
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| L’Isis devasta i simboli: ruspe al convento e ostaggi |
La furia dello Stato islamico si è abbattuta sull'ennesimo simbolo cristiano in Siria, l'antico monastero di Sant'Elian. E gli americani confermano che il Califfato sta usando armi chimiche in Irak. Ma la Casa Bianca annuncia anche di aver ucciso il numero due dell'Isis Fadhil Ahmad al-Hayali, conosciuto come Haji Mutaz, il 18 agosto durante un attacco militare americano mentre era a bordo di un'auto vicino a Mosul. Vice di Al Baghdadi e conosciuto come Haji Mutaz, era il coordinatore dello spostamento di armi, esplosivi, veicoli e persone fra Iraq e Siria. Per l'Italia il monastero distrutto non è un simbolo qualunque. Oltre a risalire al V secolo era stato ristrutturato, dieci anni fa, con l'aiuto di padre Paolo Dall'Oglio inghiottito dal Califfato nel 2013. Il gesuita forse morto o ancora ostaggio come il suo caro amico e priore di Sant'Elian, Jacques Mourad. Alle devastazioni dei simboli cristiani si aggiungono i rapimenti dei kafir «gli infedeli». Nelle grinfie dello Stato islamico 200 cristiani, compresi due vescovi ortodossi. Gli ultimi a venir presi in ostaggio sono stati 60 fedeli di Cristo prelevati proprio da Qaryatayn, dove sorgeva l'antico monastero. E sul fronte curdo in Irak il Pentagono conferma che lo Stato islamico ha usato armi chimiche, come era già avvenuto più a Sud contro le forze di sicurezza di Baghdad. L'11 agosto i peshmerga hanno denunciato un attacco con l'iprite a Makhmour, 50 chilometri da Erbil, «capitale» del Kurdistan. Un frammento di una granata di mortaio che conteneva il gas è stato analizzato e ieri il generale Kevin Killea, capo di Warfighting Marine Laboratory Corps ha confermato la notizia. Al monastero di Sant'Elian è bastato un bulldozer per cancellare secoli di storia cristiana. Le foto messe in rete dal Califfato mostrano un escavatore che sfonda le mura di cinta. Altre fanno vedere il cumulo di macerie e i tagliagole delle bandiere nere sembrano indicare la distruzione di tombe. L'edificio in pietra a tre navate conservava la tomba di Sant'Elian, figlio di un ufficiale romano ucciso dal padre nel 284 per non aver abiurato la fede cristiana. Reliquie vandalizzate e disperse. Nel complesso c'erano una foresteria, un refettorio e una biblioteca rasi al suolo. Luogo di sosta e ristoro per i viaggiatori, aveva accolto migliaia di profughi cristiani e musulmani della guerra civile. Qaryatayn è stata conquistata dallo Stato islamico il 5 agosto. Un obiettivo importante sulla strada strategica che collega Palmira, ultima conquista del Califfato e le montagne di Qalamon, al confine con il Libano, dove si combatte aspramente. L'area del monastero raso al suolo è ricca di giacimenti di gas. Penetrati nella cittadina, i miliziani di Abu Bakr al Baghdadi hanno portato via 230 civili, presi casa per casa, grazie ad una lista nera. Fra questi 60 cristiani comprese donne e bambini. Padre Mourad era stato sequestrato in maggio perché ripeteva: «Costruiamo per insegnare ai bambini musulmani e cristiani, affinché non muoia la speranza. Vogliamo rimanere un segno di speranza per il resto della parrocchia e per tutti gli altri». Assieme a lui e padre Dall'Oglio sono spariti da due anni per mano di bande jihadiste il vescovo siro-ortodosso di Aleppo Youhanna Ibrahim e quello greco-ortodosso della città martire Boulos al-Yaziji. Il 26 luglio il Papa ha lanciato da San Pietro un appello per la loro liberazione. I civili cristiani in ostaggio del Califfato sarebbero circa 200 grazie ai raid degli ultimi mesi nella provincia di Hasakah, ma si teme che in realtà possano essere anche di più. I miliziani delle bandiere nere hanno spesso usato i cristiani, compresi i bambini, come scudi umani durante gli attacchi. Non a caso gli ostaggi vengono trasferiti in gruppi sulle prime linee di combattimento con i curdi e i cristiani assiri, che hanno imbracciato le armi per difendersi. Lo Stato islamico ha chiesto per liberare tutti gli infedeli 30 milioni di dollari. Ogni tanto viene rilasciato qualcuno, grazie a scambi di prigionieri o pagamento del riscatto che può arrivare fino a 100mila dollari. Il 12 agosto sono tornati in libertà 22 cristiani ed in luglio era stato rilasciato il francescano padre Dhiya Aziz sequestrato da un gruppo di sbandati del fronte al Nusra legato ad Al Qaida. Per gli altri il calvario continua. |
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09 settembre 2013 | Tg5 | reportage
La battaglia di Maalula perla cristiana
Fausto Biloslavo, appena arrivato in Siria si trova al centro degli scontri tra governanti e ribelli. Il video terribile ed il racconto della battaglia
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25 gennaio 2016 | Tg5 | reportage
In Siria con i russi
La guerra dei russi in Siria dura da 4 mesi. I piloti di Mosca hanno già compiuto 5700 missioni bombardando diecimila obiettivi. In queste immagini si vedono le bombe da 500 o 1000 chili sganciate sui bersagli che colpiscono l’obiettivo.
Un carro armato della bandiere nere cerca di dileguarsi, ma viene centrato in pieno e prende fuoco.
In Siria sono impegnati circa 4mila militari russi. La base aerea a 30 chilometri dalla città siriana di Latakia è sorvolata dagli elicotteri per evitare sorprese.
Le bombe vengono agganciate sotto le ali a ritmo continuo. I piloti non parlano con i giornalisti, ma si fanno filmare con la visiera del casco abbassato per evitare rappresaglie dei terroristi. Il generale Igor Konashenkov parla chiaro: “Abbiamo strappato i denti ai terroristi infliggendo pesanti perdite - sostiene - Adesso dobbiamo compiere il prossimo passo: spezzare le reni alla bestia”.
Per la guerra in Siria i russi hanno mobilitato una dozzina di navi come il cacciatorpediniere “Vice ammiraglio Kulakov”. Una dimostrazione di forza in appoggio all’offensiva aerea, che serve a scoraggiare potenziali interferenze occidentali. La nave da guerra garantisce la sicurezza del porto di Tartus, base di appoggio fin dai tempi dell’Urss.
I soldati russi ci scortano nell’entroterra dilaniato dai combattimenti. Negli ultimi tre anni la cittadina era una roccaforte del Fronte al Nusra, la costola siriana di Al Qaida. Le bombe russe hanno permesso ai governativi, che stavano perdendo, di riguadagnare terreno.
Sul fronte siriano i militari di Mosca usano il blindato italiano Lince. Lo stesso dei nostri soldati in missione in Afghanistan.
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23 gennaio 2014 | Televisione Svizzera Italiana | reportage
I cristiani combattono
I cristiani in Siria vivono fra due fuochi e iniziano a difendersi, armi in pugno.
Queste sono le giovani reclute del Sutoro, una milizia cristiana nel nord del paese travolto dalla guerra civile. Le immagini sono state girate dagli stessi miliziani.
I cristiani siriaci combattono al fianco dei curdi contro gli estremisti islamici di Al Qaida.
Il nome Sutoro deriva da un’antica preghiera in aramaico, la lingua di Gesù Cristo.
Dall’Europa non partono per la Siria solo volontari della guerra santa islamica.
Ma pure giovani cristiani per proteggere le loro comunità minacciate di estinzione.
Come raccontano i rappresentanti della diaspora cristiana nel vecchio continente.
Da Locarno è partito per la Siria Johann Cosar, un ex sergente dell’esercito elvetico.
Ufficialmente per documentare le sofferenze dei cristiani, ma in realtà ha dato una mano ad addestrare la milizia del Sutoro.
Dei volontari cristiani in Siria, giunti dall'Europa, parla il rappresentante del Centro culturale mesopotamico di Locarno
Sait il padre di Johan Cosar, il giovane di Locarno partito per la Siria, è un cittadino svizzero ed esponente di spicco del Partito che ha fondato la milizia cristiana.
I servizi segreti di Damasco lo hanno arrestato lo scorso agosto.
La famiglia non parla con la stampa ma a Berna il Dipartimento federale degli Esteri è informato del caso.
Il governo siriano sostiene che Sait Cosar sia morto per infarto.
Duecentomila cristiani sono già fuggiti dalla guerra civile.
I loro rappresentanti, assieme ai curdi, avevano chiesto all’Onu di partecipare a Ginevra 2, senza ottenere risposta.
Nel futuro della Siria, per i cristiani, è in gioco la sopravvivenza.
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02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento |
Siria
Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.
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02 luglio 2015 | Radio24 | intervento |
Siria
La famiglia jihadista
"Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli”. E’ uno dei messaggi intercettati sulla strage di Charlie Hebdo scritto da Maria Giulia Sergio arruolata in Siria nel Califfato. Da ieri, la prima Lady Jihad italiana, è ricercata per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La procura di Milano ha richiesto dieci mandati di cattura per sgominare una cellula “familiare” dello Stato islamico sotto indagine da ottobre, come ha scritto ieri il Giornale, quando Maria Giulia è arrivata in Siria. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha spiegato, che si tratta della “prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa”.
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