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Reportage
01 febbraio 2016 - Prima - Siria - Corriere del Ticino
Tra i russi che bombardano l’isis
Khmeimim (Siria) - Il caccia bombardiere con la stella rossa sulla coda si muove lentamente verso l’inizio della pista. Una lama d’asfalto conficcata in un paesaggio mediterraneo vicino a Latakia, nella Siria occidentale, roccaforte del regime di Bashar al Assad.
Il pilota russo del Sukoi 34 scalda i motori e poi lancia a manetta il rapace di metallo nella corsa per il decollo con un rombo che ti spacca i timpani. Un’impennata verso il cielo mostra il grappolo di bombe sotto la pancia del caccia, che in un attimo diventa un puntino fra le nuvole. In 35-40 minuti il Sukoi può raggiungere qualsiasi angolo sperduto della Siria per sganciare una valanga di fuoco sui seguaci del Califfo o qualsiasi gruppo ribelle che i russi considerano terrorista.
“Negli ultimi quattro giorni le nostre forze aeree hanno compiuto 157 missioni colpendo 579 obiettivi nelle province di Aleppo, Deir ez-Zor, Homs, Hama, Raqqa e Latakia” dichiara il  20 gennaio il generale Igor Konashenkov con alle spalle la pista di volo. I caccia decollano in coppia con un frastuono assordante e atterrano aprendo il paracadute bianco e arancione, che frena la velocità. La base aerea di Khmeimim è presidiata dai fanti di Marina russi. E sorvegliata dagli elicotteri d’attacco di Mosca, che perlustrano volteggiando a bassa quota il perimetro per evitare qualsiasi sorpresa.
Gli addetti dell’aeronautica sono indaffarati a caricare le bombe da 500 e 1000 chili, che penetrano bunker ed arsenali sotterranei, sotto le ali dei caccia affiancati uno dopo l’altro. I piloti arrivano con la visiera del casco abbassata per evitare di farsi identificare temendo possibili rappresaglie. Non possono parlare con i giornalisti. Prima di infilarsi nell’abitacolo controllano ogni ordigno e razzo. Sembrano quasi accarezzare le bombe e parlarci, come se fossero delle compagne di viaggio.
I video ripresi dagli aerei durante i raid sono impressionanti. Immagini nitide e perfette girate con una Go pro ti fanno vedere la bomba sganciata in volo. Poi delle riprese in bianco e nero mostrano il momento dell’impatto sul bersaglio con un’enorme esplosione, che alza alte colonne di fumo e fiamme. Un carro armato delle bandiere nere cerca inutilmente una via di fuga nel deserto, ma viene centrato in pieno e prende fuoco.
I russi sono accusati dai ribelli di colpire ospedali e di aver provocato 1815 morti fra i civili dall’inizio dell’offensiva aerea a fine settembre. Spesso, però, i filmati per dimostrare le stragi dal cielo sono manipolati con tanto di immagini girate da altre parti o tempo prima. Nella nebbia della disinformazione sui morti civili è impossibile verificare accuse e smentite.
L’unica certezza è che i raid hanno un certo effetto sui gruppi estremisti. “Siamo come dei gladiatori, ai tempi dei romani, che combattono in un’arena con il resto del mondo islamico che fa da spettatore” ha denunciato il 18 gennaio in un video in rete, Murad Margoshvili. Il comandante ceceno è meglio noto con il nome di battaglia Abu Walid al Shishani e comanda una bella fetta dei 3500 estremisti islamici dell’ex Urss, che hanno aderito alla guerra santa.
“L’intervento in Siria ha riportato alla ribalta internazionale la Russia. L’offensiva aerea funziona, ma sarà veramente vittoriosa solo se aprirà la strada ad una soluzione negoziale per il conflitto fra Damasco ed una parte dei ribelli” spiega una fonte diplomatica occidentale in vista degli incontri a Ginevra sul futuro del paese.
I fanti di marina russi, che ci scortano con il volto coperto ed armati fino ai denti hanno l’ordine di non parlare con i giornalisti e pure di non farsi fotografare. Ogni tanto riaffiora il vecchio tic sovietico della segretezza e della proibizione a fare questo o quello. Poi, però, se le granitiche guardie del corpo vedono una loro foto scaricata sul computer e pronta per venire inviata in redazione ti sussurrano “very good”. Mai avrei pensato di trovarmi faccia a faccia con i russi in Siria nella guerra contro il Califfo. Quando il Cremlino comandava ancora sul vasto impero dell’Unione sovietica e invase l’Afghanistan negli anni ottanta il faccia a faccia con i militari di Mosca si era risolto in sette mesi di galera a Kabul, dopo un lungo reportage con i mujaheddin.
Dello schieramento militare russo in Siria fa parte anche la flotta, che presidia il Mediterraneo davanti al porto di Tartus, base d’appoggio di Mosca fin dai tempi dell’URSS. I marinai sul ponte scattano sull’attenti con il saluto militare quando salgono a bordo gli alti ufficiali e lo scodazzo di giornalisti. Il cacciatorpediniere “Vice ammiraglio Kulakov”, 163 metri di lunghezza e 250 marinai, fa parte dello schieramento navale, che serve a scoraggiare potenziali interferenze occidentali nell’impresa russa in Siria.
Gli ufficiali in divisa nera ci scortano sul ponte principale e parlano abbastanza apertamente. Una rivoluzione dai tempi dell’Armata rossa. Sottocoperta rimangono intatte le gloriose foto in bianco e nero dei tempi sovietici, quando la nave è stata varata. I fanti di Marina montano la guardia davanti ai sistemi di lancio dei missili anti nave. Dalla plancia aprono le botole di lancio con impresso sopra lo stellone rosso. Poi muovono i cannoni  a destra e a manca e fanno roteare le batterie anti aeree. Una dimostrazione di forza, che non lascia dubbi. Varik Stanislav Rudolfovich, il comandante, piazzato a prua spiega che “la missione è garantire la sicurezza del porto di Tartus e del traffico marittimo mercantile davanti alle coste in appoggio all’operazione delle nostre forze aeree sul territorio siriano”.
Il giorno dopo i russi ci fanno una sorpresa. “Davai, davai (muoversi, muoversi)” intimano al truppone di giornalisti dopo un lento viaggio verso l’entroterra. L’ordine è indossare giubbotto antiproiettile, elmetto e salire su un camion corazzato. Dai piccoli oblò con i vetri antiproiettile si intravedono i segni di una furiosa e recente battaglia con case sventrate e carri armati nascosti. Quando si apre il portellone del blindato siamo a Salma, una cittadina che per tre anni era stata occupata dal Fronte al Nusra, la costola siriana di Al Qaida. I Falchi del deserto del colonnello Mohammed Jaber, un ex milionario del posto, l’hanno riconquistata il 10 gennaio grazie all’appoggio aereo di Mosca. Una boccata d’ossigeno per il regime di Damasco, che prima dell’arrivo dei russi rischiava il tracollo. La cittadina è spettrale e neppure il minareto della moschea, ridotto ad un groviera dai proiettili, è stato risparmiato. Dopo Salma i governativi hanno ripreso anche il villaggio di Al Hiwar l’ultimo centro in mano ai ribelli jihadisti nella roccaforte di Assad a ridosso di Latakia. Vittorie costate care. “La battaglia è stata terribile - racconta un sopravvissuto - E ancora oggi la situazione è drammatica. Mancano viveri e acqua”.
Fausto Biloslavo INTERVISTA AL GENERALE Khmeimim (Siria) - I caccia russi rombano alle spalle del generale Igor Konashenkov rullando verso il decollo per l’ennesima missione di guerra. L’alto ufficiale russo, occhiali e mimetica verde, è il portavoce del ministero della Difesa, l’unico autorizzato a parlare nella base russa di Khmeimim in Siria. Classe 1966 è nato a Chisinau, capitale della Moldova, quando era una provincia occidentale dell’Urss. Si è fatto le ossa in Tajikistan, dopo il crollo dell’impero sovietico, davanti all’esodo dei profughi afghani del nord in fuga dall’oscurantismo talebano. Con l’Armata russa è stato impiegato nel Caucaso e nel conflitto con la Georgia, ma la sua vera “guerra” è quella dell’informazione. Mosca ha aperto le porte ai media nell’operazione in Siria ed il generale Konashenkov con le sue 14 medaglie è in prima linea.
Generale qual è lo scopo del vostro intervento in Siria?
“Negli ultimi quattro mesi abbiamo compiuto 5700 missioni. Il nostro obiettivo è distruggere le infrastrutture del terrore, innanzi tutto dell’Isis e del fronte al Nusra (legato ad Al Qaida nda). E appoggiamo dal cielo l’esercito siriano contro i terroristi”.
Avete tentato di neutralizzare il Califfo, Abu Bakr al Baghdadi?
“In questa operazione non conta tanto il singolo uomo, ma ben di più l’annientamento dell’organizzazione che lo circonda”.
Combattete in Siria anche per l’Occidente?
“Penso che abbia ragione. Le nostre operazioni militari sono un grande servizio per la distruzione del terrorismo e delle sue fonti di finanziamento in questa regione. Tutto ciò va a vantaggio del popolo siriano, ma pure della Russia ed in generale di tutto il mondo civilizzato. Il terrorismo non ha frontiere e non possiamo illuderci di trasformare delle bestie in bravi ragazzi. Non esiste un terrorista buono o moderato. Contro questo male assoluto tutta l’umanità deve unirsi per annientarlo”.
Nonostante i bombardamenti alleati e l’offensiva aerea russa il Califfo, però, sembra resistere….
“Abbiamo già strappato i denti ai terroristi infliggendo pesantissime perdite. Ed il mondo lo ha visto, anche se non vuole ammetterlo. Adesso dobbiamo compiere il prossimo passo: spezzare le reni alla bestia”.
Siete accusati di colpire ospedali e provocare un alto numero di vittime civili con le vostre bombe. Come individuate i bersagli?
“Ancora prima che iniziassero le operazioni aeree ci accusavano di aver ucciso dei civili. Abbiamo dimostrato che diversi filmati, fatti girare ad arte in rete, di distruzioni che avremmo provocato sono dei falsi montati con immagini girate ben prima dei nostri attacchi o da altre parti. Per selezionare con cura gli obiettivi le informazioni, oltre dall’intelligence satellitare, ci arrivano attraverso diversi canali. Un aiuto molto prezioso proviene dagli alleati del Centro congiunto di Baghdad dove lavorano iracheni, siriani, iraniani ed i nostri uomini. Nella base di Khmeimim, dove ci troviamo, c’è un gruppo speciale delle forze armate siriane che condivide i dati raccolti dai reparti impegnati sul terreno. Dati che in ogni caso verifichiamo. Nell’ultimo mese abbiamo ricevuto informazioni molto preziose anche dalle forze patriottiche dell’opposizione (ribelli che combattono sia contro il governo di Bashar al Assad che l’Isis nda). Il loro obiettivo primario è l’annientamento dei gruppi del terrore stranieri presenti sul territorio siriano. Sul terreno non abbiamo “buchi” potendo contare su tre fonti diverse”.
Qual è la situazione nella zona di Deir Ez Zour, in gran parte in mano delle bandiere nere?
“Un caccia russo Sukoi 34 ha da poco colpito una roccaforte nemica nelle vicinanze del villaggio di Bgelia, dove l’Isis ha  recentemente terrorizzato la popolazione con un’esecuzione di massa costata la vita a 300 persone. Negli ultimi giorni ci sono stati diversi tentativi di infiltrazione nella città di Deir Ez Zour degli affiliati all’Isis (che la controllerebbero al 60% nda). Le truppe siriane hanno respinto gli attacchi grazie all’appoggio delle forze aeree russe. L’assedio di Deir Ez Zour va avanti da 4 anni. Per questa ragione i nostri comandi hanno ordinato, a partire da gennaio, un ponte aereo per paracadutare generi di prima necessità e medicinali da distribuire alla popolazione stremata”.
Puntate anche a eliminare le fonti di finanziamento dei gruppi ribelli estremisti?
“Sì, a cominciare dal contrabbando del petrolio. Grazie alla ricognizione aerea vengono individuate le colonne di cisterne dirette verso il confine turco. Prima lanciamo dei volantini per avvisare gli autisti di andarsene in fretta. E poi bombardiamo la colonna, come i 24 camion cisterna carichi di greggio nella provincia di Aleppo distrutto in queste ore (la scorsa settimana nda)”.
A Ginevra governativi ed opposizione armata dovrebbero iniziare il negoziato per trovare una via di uscita a cinque anni di sanguinosa guerra. Come si arriva alla pace in Siria?
“L’unica strada è combattere il terrorismo, tutti uniti, fino alla vittoria”.
Fausto Biloslavo


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09 settembre 2013 | Tg5 | reportage
La battaglia di Maalula perla cristiana
Fausto Biloslavo, appena arrivato in Siria si trova al centro degli scontri tra governanti e ribelli. Il video terribile ed il racconto della battaglia

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12 settembre 2013 | Tg5 | reportage
Maaalula: i tank governativi che martellano i ribelli
Il nostro inviato in Siria, Fausto Biloslavo, torna nel mezzo dei combattimenti fra le cannonate dei carri armati

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10 settembre 2013 | Tg5 | reportage
L'inferno di Jobar alle porte di Damasco
Alle porte della capitale siriana il nostro inviato racconta il sobborgo ridotto a un cumulo di macerie, nella zona dove sono state usate le armi chimiche.

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radio

02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento
Siria
Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.

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23 gennaio 2014 | Radio Città Futura | intervento
Siria
La guerra continua


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02 luglio 2015 | Radio24 | intervento
Siria
La famiglia jihadista
"Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli”. E’ uno dei messaggi intercettati sulla strage di Charlie Hebdo scritto da Maria Giulia Sergio arruolata in Siria nel Califfato. Da ieri, la prima Lady Jihad italiana, è ricercata per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La procura di Milano ha richiesto dieci mandati di cattura per sgominare una cellula “familiare” dello Stato islamico sotto indagine da ottobre, come ha scritto ieri il Giornale, quando Maria Giulia è arrivata in Siria. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha spiegato, che si tratta della “prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa”.

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