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05 marzo 2016 - Prima - Libia - Il Giornale
L'Italia paga ancora Così i jihadisti liberano i nostri due ostaggi
L'Italia paga e i due ostaggi italiani sopravvissuti, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, rispuntano come d'incanto il giorno dopo la morte degli altri colleghi della ditta Bonatti sequestrati lo scorso luglio in Libia. E non è escluso che pure Fausto Piano e Salvatore Failla dovessero venire liberati, ma qualcosa è andato storto e sono stati falciati dai miliziani di Tripoli, che hanno dichiarato guerra allo Stato islamico.Ieri mattina alle 9, gli ostaggi superstiti appaiono in un ufficio delle forze di sicurezza libiche a Sabrata. Barbe lunghe, volto scavato, ma sono sorridenti. In un video di 20 secondi postato in rete dichiarano: «Sono Gino Pollicardo con il mio collega Filippo Calcagno. Siamo in un posto sicuro, un ufficio di polizia in Libia. Stiamo bene e speriamo di tornare urgentemente in Italia perché abbiamo bisogno di ritrovare le nostre famiglie». Poi si attaccano al telefono e chiamano i familiari con i cellulari dei liberatori. «Non ho nessun dettaglio e non sappiamo come sia avvenuta la liberazione. Ma finalmente abbiamo parlato con lui dopo otto mesi di angoscia» dichiara Gianluca il figlio di Calcagno. Ema, la moglie cilena di Pollicardo, sottolinea: «Sono 228 giorni che viviamo in questa angoscia. Stamattina (ieri per chi legge, nda) non mi aspettavo la telefonata di mio marito. Mi ha detto di stare calma, che sta bene. Siamo molto vicini alle altre due famiglie (degli ostaggi italiani uccisi, nda) e provati».Le versioni sulla liberazione divergono radicalmente. Secondo il generale Hussein al Zawadi, leader della municipalità di Sabrata, i due ostaggi italiani sono stati strappati ai rapitori con un blitz. La brigata «Febbraio al Ajilat-2», che martedì o mercoledì ha intercettato i carcerieri di Piano e Failla uccidendo anche i rapiti, ha parlato di «cruento blitz in un covo di Daesh (lo Stato islamico, ndr) grazie ad Allah». Al momento non ci sono né foto, né video della battaglia. Secondo il capo del Consiglio militare di Sabrata, Altaher Algrabli, i carcerieri sarebbero stati inseguiti e due donne kamikaze si sono fatte esplodere.Il sindaco di Sabrata, Hosin al Dauadi, fornisce una versione diametralmente opposta sostenendo che «non c'è stata alcuna battaglia. I rapitori erano fuggiti. Il tutto è stato coordinato con l'unità operativa di Misurata su richiesta delle autorità italiane». Secondo il primo cittadino «i due italiani non mangiavano da una settimana» e sarebbero stati abbandonati dai carcerieri in una cantina di una famiglia marocchina a Tallil, vicino a Sabrata, circa tre chilometri dal luogo dove sono stati uccisi gli altri due ostaggi. Il sindaco ha addirittura sostenuto che i due italiani «sono stati trovati lunedì» prima dell'operazione che ha provocato la morte dei loro compagni. Se fosse vero vuol dire che ci si attendeva la liberazione anche degli altri due, prima di annunciare il rilascio.Per liberare gli ostaggi o si paga o si spara. Il conflitto a fuoco nel deserto è costato la vita a Piano e Failla. L'Italia ha pagato per i due ostaggi superstiti. «Già un mese fa il rilascio era in dirittura d'arrivo», spiega una fonte del Giornale informata sul caso. A Tripoli è trapelata la notizia che per i 4 ostaggi fosse stato richiesto un riscatto di 12 milioni di euro e la prima parte, 6 milioni era già stata versata. «Queste cifre sono esagerate, ma la trattativa era praticamente chiusa. Mancavano solo i dettagli sulle procedure di rilascio», spiega la nostra fonte. Nel pacchetto dovevano esserci anche i due ostaggi uccisi, ma qualcosa è andato storto. «Sono stati intercettati senza sapere che a bordo c'erano gli ostaggi, non volevano più consegnarli o è intervenuto una banda dello stesso clan che puntava ad alzare il prezzo. Non ci sono ancora certezze», spiega la fonte del Giornale.Pollicardo e Calcagno sono stati più fortunati. Il riscatto era stato almeno in parte già pagato non dallo Stato italiano. La società Bonatti è responsabile per i suoi tecnici in Libia, a maggior ragione quelli sequestrati. «Il sistema utilizzato si basa sull'hawala, un sistema informale di trasferimento fondi» spiega la fonte a conoscenza del caso. Di fatto si è studiato un meccanismo di pagamento praticamente «legale». Il clan di Sabrata è potente e con addentellati in mezzo mondo. Per la liberazione dei rapiti è stato acquistato un bene, un valore, all'estero. Anziché pagare il prezzo di mercato gli italiani hanno accettato una cifra più alta. La differenza finisce attraverso l'hawala, sistema utilizzato nei Paesi islamici come la Libia travolti dai jihadisti, a Sabrata: e gli ostaggi vengono liberati. Una procedura già avviata, ma messa in difficoltà dai combattimenti scoppiati in città fra miliziani e Stato islamico. Alla fine si riesce a salvare solo due ostaggi.
[continua]

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