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Intervista esclusiva
06 marzo 2016 - Il Fatto - Libia - Il Giornale
“Pagati sei milioni all’uomo sbagliato e la Farnesina tace
Francesco Caroleo Grimaldi è il legale della famiglia di Salvatore Failla, uno degli ostaggi italiani uccisi in Libia.I vivi rientrano in patria, i morti?«Non sappiamo nulla. Sembra che vogliano fare un'autopsia a Tripoli, ma la famiglia si sente abbandonata. Neppure una telefonata. Un comportamento sconcertante. Il premier, il ministro degli Esteri, nessuno si è fatto sentire. Chi ora esulta per la liberazione degli altri due non ha sentito il bisogno di chiamare la vedova Failla».Ha visto le foto dei fuoristrada colpiti e dei corpi di Failla e Piano, in possesso del Giornale. Cosa pensa sia accaduto?«L'impressione è terribile, ma dal volto di entrambi si capisce che non sono stati uccisi dal famoso colpo alla nuca in un'esecuzione. Non è chiaro, però, da dove e da che distanza sono partiti i proiettili che li hanno uccisi. E soprattutto quale arma. Per questo è importante l'autopsia in Italia con un nostro perito».Il giorno dopo la morte di Failla e Piano gli altri due vengono liberati...«Un mese fa sembrava che si fosse arrivati ad una svolta. Secondo fonti non ufficiali una parte del riscatto sarebbe già stato pagata. Ma come mai due ostaggi sono stati liberati a distanza di 24 ore dalla morte degli altri rapiti? L'impressione è che il governo sapesse che sarebbero tornati a casa».Alla famiglia è stata data qualche spiegazione concreta dalla Farnesina?«Nessuna spiegazione. Si sapeva che le trattative stavano andando avanti. I familiari era in contatto con l'unità di crisi. Dopo il tragico epilogo, li hanno informati in maniera evasiva e non si sono più fatti sentire».Dovevano venire liberati tutti e quattro?«Probabilmente, ma qualcosa è andato a storto e qualcuno ha delle colpe».Pensa che sia stato pagato un riscatto?«Da fonti ufficiose ho sentito dire che fossero già stati pagati 6 milioni di euro, ma alla persona sbagliata».Poi gli americani hanno bombardato Sabrata.«Il raid del 19 febbraio ha cambiato gli equilibri. Gli italiani sanno che ci sono dei connazionali in ostaggio, mi è sembrato quantomeno incauto. Roma, che dovrebbe coordinare l'intervento in Libia, ha avvisato gli alleati?».L'autista avrebbe tradito i tecnici. Ci sono state leggerezze sulla sicurezza da parte della società Bonatti?«Viaggiavano senza scorta. Quelli dell'Eni ce l'hanno. Il ministero degli Esteri aveva allertato tutte le aziende italiane in Libia sollecitandole a garantire la protezione dei trasferimenti ed invitando a muoversi con la massima cautela. Tutto è stato fatto con una superficialità totale, come se dovessero percorrere il tragitto Firenze-Milano, non in Libia».Qual è stata la reazione dei familiari al tragico epilogo?«C'è tanta rabbia ed inquietudine espresse anche dalla famiglia Piano. Il fatto che non sappiamo quando torneranno i corpi alimenta la rabbia».Quali saranno i prossimi passi legali?«Vogliamo la verità fino in fondo. Le responsabilità, da quelle della ditta sulla sicurezza fino a livelli più alti nella gestione del rapimento e le fasi finali, devono essere assolutamente individuate ed accertate».FBil
[continua]

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18 marzo 2011 | TGCOM | reportage
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19 marzo 2011 | Studio Aperto | reportage
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I giornalisti italiani rapiti a Tripoli


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10 marzo 2011 | Panorama | intervento
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08 marzo 2011 | Panorama | intervento
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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento
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Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

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