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Esclusivo
09 marzo 2016 - Attualità - Libia - Il Giornale
La carriera di Chouchanne: prima Al Qaida, poi da noi
Noureddine Chouchane, il super terrorista tunisino ucciso a Sabrata dai caccia Usa, nel 2003, prima di arrivare in Italia con documenti falsi, stava andando a combattere in Iraq contro l'invasione americana, ma è stato arrestato in Siria. Lo ha rivelato il fratello Bilal in un collegamento radiofonico dopo il raid americano (l'audio è sul sito del Giornale). Non solo: la cellula che ha tenuto in ostaggio i 4 ostaggi italiani negli ultimi otto mesi, secondo una fonte tunisina ben informata, «faceva parte della fazione di Ansar al Sharia, che ha giurato fedeltà allo Stato islamico» guidata da Chouchane. I rapiti sono stati preziosi per l'autofinanziamento con il riscatto, non per tagliarli la gola davanti a una telecamera. La moglie, Madeeha Azima Mahmoud, si sarebbe unita ai carcerieri dei nostri connazionali dopo le bombe Usa del 19 febbraio. Le fonti tunisine sostengono che «al 90% è suo il cadavere fotografato dai miliziani di Sabrata vicino ai due ostaggi italiani uccisi appena fuori città». Se verrà confermato dall'inchiesta non ci saranno più dubbi sul marchio delle bandiere nere sul sequestro, che il governo si affanna a smentire.«Mio fratello si è diplomato a Sousse nel 2001 poi è andato in Italia la prima volta l'anno dopo», raccontava il 22 febbraio Bilal Chouchane a radio Shems di Tunisi, tre giorni dopo l'uccisione di Noureddine sotto le bombe Usa. «Nel 2003 ha deciso di partire per l'Iraq per andare a combattere contro gli americani, ma è stato fermato in Siria e arrestato. In carcere è rimasto un mese e mezzo. Quando lo hanno liberato è andato in Italia, ma era senza documenti», continua Bilal. Il futuro emiro di Sabrata «è rimasto un primo periodo in Italia con documenti falsi» sostiene il fratello. Nel 2007 ha ottenuto un permesso di soggiorno ad Ancona e tre anni dopo gli è stato rinnovato a Novara. «I documenti regolari dall'ambasciata (tunisina) li ha ottenuti solo dopo la primavera araba», spiega il fratello del terrorista defunto. Il Giornale ha scoperto che nel gennaio 2011, quando il regime di Ben Alì stava crollando, Chouchane aveva ritirato il passaporto al consolato tunisino di Genova. Il fratello spiega che in Italia «si comportava bene, scriveva, telefonava, andava alla moschea e si è fatto crescere la barba». Secondo le fonti tunisine del Giornale «durante il periodo italiano era in contatto con Sharia 4 Belgio, il gruppo salafita che nel 2015 è stato designato come organizzazione terroristica». Bilal conferma che il fratello «ha lasciato l'Italia nel 2011 per andare (a combattere) in Siria, ma poco tempo dopo era in Libia. Lo abbiamo capito dal prefisso del numero di telefonino che usava per chiamarci». La fonte attendibile tunisina sostiene che «Chouchane ha avuto contatti in Italia e in Siria con il jihadista italiano Del Nevo». Il ragazzo partito da Genova e morto combattendo nel 2013, che era stato probabilmente reclutato ad Ancona. Tutte città di passaggio per il futuro emiro di Sabrata. Chouchane, prima di arruolarsi nella guerra santa, viveva nel quartiere multietnico Sant'Agabio di Novara. Nel gennaio 2015, dopo il primo attentato a Parigi, il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ha espulso 9 jihadisti compresi 5 tunisini. Fra questi Ben Salah Ben Sadok, che viveva nel quartiere novarese di Chouchane da anni. Nello stesso periodo il Viminale ha emesso un decreto di espulsione per «motivi di sicurezza nazionale» per Chouchane, ma era già a Sabrata ad impiantare un campo di addestramento per 200 tunisini, che volevano tornare in patria per instaurare il Califfato.Non molto lontano c'era l'appartamento prigione degli ostaggi italiani, che ricordano lo spostamento d'aria delle bombe Usa. Poco dopo il raid sono arrivate altre persone, che sembrano scappate dall'attacco. Gli ostaggi sentono le voci e capiscono che si tratta di donne e bambini.Il 2 marzo gli italiani vengono divisi. Failla e Piano sono costretti a salire su un fuoristrada. Nel mini convoglio di due mezzi c'è anche una donna con un bambino. Nel deserto fuori città la brigata «Febbraio al Ajilat-2» di Sabrata li intercetta ammazzandoli tutti (2 italiani e 7 tunisini). Nei raid delle ore precedenti i miliziani hanno sequestrato documenti e appunti dei tunisini di Ansar al Sharia legati allo Stato islamico. Su un foglietto strappato si legge il versetto 101 del Corano con sotto la firma di chi l'ha copiata: «Madeeha Azima Mahmoud», la moglie di Chouchane, l'emiro ucciso dagli Usa. La fonte tunisina del Giornale riconosce «al 90% il cadavere» della donna fra quelli fotografati dai miliziani, che hanno ucciso i poveri Failla e Piano.(ha collaborato Luigi Guelpa)
[continua]

video
05 aprile 2011 | Studio Aperto | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme

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25 aprile 2012 | Uno Mattina | reportage
Italia-Libia, un anno dopo non solo petrolio
Un anno dopo l’inizio dei bombardamenti della Nato in Libia l’Italia torna a Tripoli con due navi militari. La missione della nostra Marina rinsalda i rapporti fra i due paesi dopo la rivolta che ha fatto crollare il regime del colonnello Gheddafi. Rida Eljasi durante la rivolta era un intreprete dei giornalisti italiani con l’avallo del regime. Fra le macerie di Bab al Azizya, l’ex roccaforte di Gheddafi a Tripoli, racconta, come in realtà, facesse la spia per i ribelli. E queste sono le immagini dei bombardamenti del bunker di Gheddafi che Rida ci forniva. Nella nuova Libia non c’è solo il petrolio. A quaranta minuti di macchina da Tripoli le bombe della Nato hanno evitato lo stabilimento di elicotteri italo-libico messo in piedi dall’Agusta Westland. E adesso i libici vogliono tornare velocemente a lavorare sugli elicotteri come spiega il giovane ingegnere Abdul Rahman. Abbiamo conosciuto Samira Sahli, che lavora per la banca Unicredit, in questa manifestazione di protesta in piazza Algeria a Tripoli repressa da Gheddafi a raffiche di mitra. Un anno dopo la ritroviamo nella stessa piazza. I controllori di volo italiani dell’Enav sono sbarcati a Bengasi e Tripoli per aiutare i loro colleghi libici a riaprire lo spazio aereo. Con la guerra l’Italia ha perso oltre 30 milioni di euro di diritti per mancati sorvoli perchè gli aerei passeggeri dovevano aggirare la Libia. Nonostante le elezioni previste il 23 giugno, Tripoli e gran parte della Libia sono in mano alle milizie. Ai posti di blocco spariscono, ancora oggi, gli ex sostenitori di Gheddafi, anche se non sono ricercati. Pseudo bande di “rivoluzionari” usano la scusa dell’arresto per poi liberarli in cambio di un riscatto.

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16 marzo 2011 | TG4 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme

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radio

12 maggio 2011 | Nuova spazio radio | intervento
Libia
Che fine ha fatto Gheddafi?
Il colonnello Gheddafi è morto, ferito oppure in perfetta forma, nonostante le bombe, e salterà fuori con la sua ennesima e prolissa apparizione televisiva? Il dubbio è d’obbligo, dopo i pesanti bombardamenti di Tripoli. Ieri è ricomparaso brevemente in un video girato durante un incontro, all'insaputa dei giornalisti, nell'hotel di Tripoli che ospita la stampa internazionale.

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26 agosto 2011 | Radio Città Futura | intervento
Libia
I giornalisti italiani rapiti a Tripoli


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22 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
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18 marzo 2011 | Radio Capodistria | intervento
Libia
IL vaso di pandora
IL vaso di pandora

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26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento
Libia
Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?

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