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Esclusivo
11 marzo 2016 - Attualità - Libia - Il Giornale
C’è un altro jihadista di Sabrata “tunisino d’Italia”
Mentre in Inghilterra spunta una lista - che secondo i servizi segreti pare credibile - di ben 22mila nomi e dati personali di jihadisti dell'Isis consegnata da un «pentito» a Sky News, dalla colonia di jihadisti tunisini a Sabrata, dove sono stati tenuti in ostaggio 4 tecnici italiani, spunta un nuovo pezzo grosso della guerra santa, che ha vissuto a lungo a Milano. Nel capoluogo lombardo viene assolto nel 2012 dall'accusa di terrorismo lasciando perplessi gli addetti ai lavori. Il Viminale lo espelle e dopo aver combattuto in Siria si trasferisce in Libia sotto le bandiere nere dello Stato islamico. Il tunisino Moez Fezzani, nome di battaglia Abu Nassim, sopravvive al raid americano su Sabrata del 19 febbraio, che avrebbe ucciso il suo connazionale, pure lui ex residente in Italia ed espulso dal Viminale, Noureddine Chouchane. Il 5 marzo il ministero dell'Interno di Tunisi lancia un allarme pubblico su Fezzani, che sarebbe pronto ad agire. Due giorni dopo i mujaheddin dello Stato islamico provenienti dalla Libia attaccano la cittadina tunisina di Ben Guerdane, subito oltre confine. Li guida Abu Nassim con l'obiettivo di instaurare una fetta di Califfato, ma viene respinto con 50 morti.«Uno dei membri di Daesh (lo Stato islamico, ndr) catturato a Sabrata durante gli scontri con le milizie locali ha confessato in un video, che la città è il quartier generale dei tunisini, dove si addestrano per espandere il Califfato in patria», spiega Stefano Torelli, analista dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale.A Sabrata vengono tenuti in ostaggio i 4 tecnici italiani dal 19 luglio. I carcerieri parlano un po' di francese, come tutti i tunisini. Il mediatore che il 13 ottobre telefona a Rosalba, la moglie di Salvatore Failla, uno degli ostaggi uccisi, usa l'italiano. «Senti, senti Rosalba», le dice per farle ascoltare la voce registrata del marito. E ancora: «Non c'è. L'hanno portato via». Secondo Francesco Caroleo Grimaldi, avvocato dei Failla, «si tratta di un arabo che parla bene la nostra lingua, qualcuno che è vissuto molto tempo in Italia».Molti libici conoscono l'italiano, ma Chouchane e Fezzani, i due comandanti delle bandiere nere a Sabrata, hanno vissuto per anni a casa nostra. Il primo ad Ancona e Novara e il secondo in via Paravia, a Milano, dove viene inquisito, fin dal 1997, per collegamenti con il terrorismo internazionale. Fezzani sfugge all'arresto andando a combattere in Afghanistan dove gli americani lo catturano nel 2002: si fa sette anni di detenzione fino a quando gli Usa non lo rimandano in Italia. A Milano, nel 2012, viene processato per terrorismo, ma nonostante la richiesta dell'accusa di una condanna a 12 anni, la Corte d'Assise del capoluogo lombardo lo assolve. Il Viminale decreta l'espulsione, lui prima di partire annuncia: «Sentirete parlare di me». In Tunisia diventa un dirigente di Ansar al Sharia fondata da altri jihadisti vissuti in Italia come Sami Ben Khemais Essid e Mehdi Kammoun, che si fanno fotografare con alle spalle la bandiera nera. Nell'autunno 2013 va a combattere in Siria con la brigata Al Battar, che giura fedeltà allo Stato islamico. Un anno dopo si sposta in Libia, prima a Derna e poi a Sabrata per organizzare il campo di addestramento assieme a Chouchane. Dalla base partono i terroristi kamikaze della strage del Bardo a Tunisi e della spiaggia di Sousse (60 turisti uccisi, compresi 4 italiani).La colonia tunisina di Sabrata ha bisogno di soldi per espandere il Califfato, che si possono ottenere sequestrando occidentali. Failla e Fausto Piano vengono uccisi in fuga da Sabrata con 7 rapitori, tutti tunisini. I miliziani locali li falciano, convinti che siano jihadisti delle bandiere nere. Fra i cadaveri, oltre agli ostaggi italiani, c'è quello di una donna ancora da identificare al 100%. Si sospetta che sia Madeeha Azima Mahmoud, moglie di Chouchane, il capo Isis incenerito dagli Usa. I nostri investigatori non escludono «che la coppia possa essersi conosciuta in Italia».
[continua]

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