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Fatti
16 marzo 2016 - Esteri - Libia - Panorama
E nelle cancellerie spunta un piano B

Nel caos libico, con il governo di unità nazionale tanto voluto dall’Onu  e dall’Italia che non vede la luce o rischia di nascere già morto, spunta un piano B. Nelle cancellerie occidentali si affaccia l’ardita idea di dividere la Libia in tre «protettorati», ognuno con un tutor europeo che fiancheggi le autorità locali. La Tripolitania spetterebbe all’Italia, la Cirenaica agli inglesi e il Fezzan alla Francia. Peccato che in questa divisione dal vago sapore coloniale il grosso delle risorse energetiche del Paese finirebbero sotto l’influenza di Londra. Anche Parigi, nel Sud ovest del paese,  non rimarrebbe a mani vuote. Dal punto di vista energetico agli italiani rimarrebbe uno scatolone di sabbia semivuoto, rispetto soprattutto a quanto andrebbe agli inglesi. Non a caso Claudio Descalzi, amministratore delegato dell’Eni, vede come fumo negli occhi il piano B. «La Libia  è un Paese unito e unito deve rimanere» ha dichiarato il super manager.  «L’unità è importante anzitutto per i libici, ma anche per la stabilità  della regione. Uno smembramento sarebbe devastante». Anche perché  ci farebbe perdere una bella fetta del «tesoro» energetico.   

La Libia è il primo paese dell’Africa per riserve energetiche, con 42 miliardi di barili di petrolio e 1,3 trilioni di metri cubi di gas. Le mappe riservate dei giacimenti mostrano a colpo d’occhio che la piattaforma della Cirenaica, il bacino della Sirte e quello di Kufra rappresentano i due terzi del tesoro, che si trovano in gran parte nell’ipotetica zona inglese. Solo una piccola fetta ricadrebbe nella nostra aerea d’influenza in Tripolitania, oltre  al bacino di Ghadames. All’Italia resterebbe pure Mellitah, l’impianto strategico vicino al confine tunisino, da dove parte il gasdotto Greenstream che arriva a Gela (10 per cento del fabbisogno del nostro Paese). Sotto l’influenza francese finirebbero i giacimenti al confine con l’Algeria e più  a Sud il bacino di Murzuk. L’ambasciatore libico a Roma, Ahmed Safar,  dice no al piano B: «Sarebbe come separare di nuovo la Germania con  un muro». Al contrario, il generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore della Difesa, pensa che sarebbe «utile proporre ai libici una tripartizione del Paese per spronarli a muoversi e a trovare un’intesa». 


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Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
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