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Scenari Mondo
20 aprile 2016 - Esteri - Mondo - Panorama |
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Il lato ambiguo della solidarietà |
Attivisti «no border» italiani che in nome della solidarietà estrema sono a fianco dei migranti «nelle loro pratiche di resistenza e violazione dei confini attraverso le frontiere interne ed esterne dell’Europa». Organizzazioni non governative e «umanitarie», che trasportano armi per i ribelli in Siria o servono da copertura per finanziare, reclutare e addestrare terroristi. Il mondo delle Ong e dell’associazionismo buonista nasconde un lato ambiguo, infiltrato e manipolato. Panorama alza il velo sui recenti casi più eclatanti.
Il 15 marzo ad Algeciras la polizia spagnola ha sequestrato cinque tonnellate di uniformi destinate all’Isis, classificate come «aiuti umanitari». Il 10 marzo, nel campo greco di Idomeni, attivisti europei hanno distribuito ai migranti volantini in arabo e inglese che annunciavano un’inesistente apertura del confine macedone. Inevitabili gli scontri con la polizia, che hanno causato centinaia di feriti. Una scintilla simile era stata accesa il 14 marzo con la distribuzione di mappe su un possibile varco. Il risultato è stato il respingimento dei migranti e il fermo di una cinquantina di attivisti da parte della polizia macedone, mentre il 12 aprile i poliziotti ellenici hanno fermato altri 13 attivisti europei e due greci. Dal 2015 il movimento «No ai confini», influenzato dalla sinistra antagonista, si è mobilitato da Ventimiglia a Calais, dove sono finiti in manette vari italiani, fino alla barriera eretta dagli ungheresi allo scopo di far entrare in Europa a ogni costo profughi e clandestini.
Dall’Italia la mobilitazione anti-confini ha coinvolto attivisti e studenti, che aderiscono alla staffetta solidale «oltre la fortezza» Europa. Il campo di Idomeni è bollato come «prigione a cielo aperto» e l’obiettivo dichiarato è «mettersi in cammino a fianco dei migranti e supportarli nelle pratiche di resistenza e violazione dei confini attraverso le frontiere interne ed esterne dell’Europa».
Ufficialmente i soldi sono raccolti in rete con il crowdfunding, ma la campagna è rilanciata sul sito Melting Pot Europa, sponsorizzato dall’Istituto nazionale assistenza ai cittadini. L’Inac è un patronato «da oltre 40 anni impegnato nel sociale», promosso dalla Confederazione italiana agricoltori, che fornisce assistenza gratuita agli immigrati per il rilascio dei permessi di soggiorno e i ricongiungimenti familiari.
Dalla scorsa estate volontari pro migranti italiani di mezza Europa forniscono assistenza sul terreno non solo umanitaria, ma anche mappe con indicazioni precise su rotte, passaggi e sotterfugi per raggiungere l’illusorio Eldorado occidentale. Via Twitter, con gli hashtag #Crossingnomore o #marchofhope, e Whatsapp hanno indirizzato migliaia di migranti verso punti di frontiera per tentare di sfondarli. La rete «senza confini», infiltrata dagli anarchici, «è uno strumento per i gruppi e le organizzazioni di base a favore dei migranti e dei richiedenti asilo» si legge su Internet, «al fine di lottare al loro fianco per la libertà di movimento».
La solidarietà estrema è nulla in confronto al ruolo ambiguo, se non colluso, di tante Ong (vere o presunte) con formazioni ribelli o gruppi del terrore. Il 25 novembre la Fondazione per gli aiuti umanitari di Istanbul (Ihh), colosso non governativo turco, ha pubblicato in rete le drammatiche immagini del bombardamento di una colonna di 20 camion civili nel Nord Est della Siria. L’Ong ha denunciato che il carico era umanitario, anche se ha preso le distanze dalla missione diretta alla città di Azaz. Fonti di intelligence e il governo siriano hanno spiegato che il finto convoglio di aiuti trasportava armi per i ribelli siriani. Nessuno ha rivendicato il raid, ma si sospetta che l’attacco sia stato lanciato dai caccia russi operanti in Siria. L’Ihh è sulla lista nera dello stato di Israele, bollata come organizzazione terroristica. Membri dell’Ong, come Yakup Aktulum, hanno portato carichi umanitari in Siria e si sono arruolati nel gruppo armato estremista Ahrar al Sham. Nelle retate contro Al Qaeda in Turchia, con decine di arresti, sono state perquisite le sedi dell’Ihh, finite nelle inchieste antiterrorismo. La Fondazione, che opera in 100 paesi, respinge le accuse.
In Kosovo, Paese europeo grande la metà della Lombardia, sono state registrate dopo la guerra d’indipendenza del ‘99 circa 7 mila Ong. Oltre 200 sono ancora attive, ma non sempre il loro scopo è caritatevole. A novembre il governo di Pristina ne ha chiuse, in gran parte finanziate da turchi o sauditi per i collegamenti con il terrorismo internazionale. L’Akea, «Associazione per la cultura, l’educazione e la scuola», in realtà reclutava giovani mujaheddin per l’Isis.
Dal 17 al 19 febbraio si è riunita a Parigi l’assemblea plenaria della Task force finanziaria (Fatf), un’organizzazione indipendente intergovernativa che combatte riciclaggio di denaro e finanziamento del terrore. In un rapporto ha descritto 102 casi di «abusi delle Organizzazioni no profit» collegati al terrorismo in tutti i continenti. Gran parte dei nomi delle Ong e delle nazioni coinvolte sono omissis, ma non mancano casi clamorosi. C’è l’organizzazione che in 160 Paesi raccoglieva fondi per cause sociali e umanitarie, ma poi li usava «per finanziare il terrorismo e sostenere le famiglie dei cosiddetti martiri», gli attentatori suicidi. Un’altra Ong riceveva donazioni su un conto bancario, destinate a «progetti umanitari in un’area di conflitto». Gli inquirenti hanno scoperto che i fondi finivano in campi d’addestramento per terroristi. Il caso numero 67, descritto nel rapporto, riguarda un’associazione caritatevole che usava minima parte dei fondi raccolti. Il resto serviva all’acquisto di «missili terra aria, fucili d’assalto, droni, visori notturni, sistemi Gps e di comunicazione satellitare» per i terroristi.
Irfan Naseer e Irfan Khalid, due terroristi pachistani, sono stati arrestati in Inghilterra nel 2011. Assieme a un complice avevano raccolto 23 mila dollari, presentandosi come volontari di «Aiuto musulmano», fra le più importanti organizzazioni caritatevoli islamiche britanniche. I soldi servivano per finanziare un attentato in grande stile. Nel 2015 il governo canadese ha inserito nella lista nera del terrore il Fondo internazionale di soccorso per gli afflitti e i bisognosi (Irfan), che operava nel paese come Ong umanitaria dal ‘99. Un altro episodio clamoroso mostra come militanti jihadisti abbiano fondato una Ong ad hoc, per ottenere fondi governativi a favore dei giovani, che servivano a finanziare il terrore. Un’altra è riuscita addirittura a nascondere un terrorista ricercato. E l’esplosione accidentale di una bomba ha portato alla scoperta del finto ufficio di una Ong, che in realtà serviva per assemblare ordigni. Non sempre le organizzazioni colluse con il terrorismo chiudono i battenti. Washington da anni denuncia all’Onu il ruolo ambiguo dell’organizzazione umanitaria islamica Iara, usata in Sudan come paravento fin dai tempi di Osama Bin Laden. Ma Khartoum continua a difenderla, chiedendo al Palazzo di vetro di registrarla come Ong. |
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18 ottobre 2019 | Sna | reportage
100 anni degli agenti di assicurazione
Il palco del Centenario Sna ha accolto anche Fausto Biloslavo, oggi certamente il più famoso e tenace reporter di guerra. Attraverso fotografie e filmati tratti dai suoi reportage nelle zone dei conflitti, Biloslavo ha raccontato la sua vicenda professionale, vissuta fra pericoli e situazioni al limite del disumano, testimonianfo anche l’orrore patito dalle popolazioni colpite dalla guerra. Affrontando il tema del coraggio, ha parlato del suo, che nonostante la quotidiana esposizione della sua vita a rischi estremi gli permette di non rinunciare a testimoniare la guerra e le sue tragiche e crudeli conseguenze. Ma il coraggio è anche di chi la guerra la subisce, diventando strumento per l’affermazione violenta delle ragioni di parte, ma non vuole rinunciare alla vita, alla speranza. E lottare per sopravvivere richiede grande coraggio.
Sebbene possa sembrare un parallelo azzardato, lo stesso Biloslavo, spiega che il coraggio è sostenuto dalla passione, elemento necessario in ogni attività, in quella del reporter di guerra come in quella dell’agente di assicurazione.
Il coraggio serve per cominciare da zero, ma anche per rialzarsi quando si è colpiti dalle difficoltà o per adattarsi ai cambiamenti, è il messaggio di Biloslavo alla platea del Centenario.
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16 giugno 2016 | Tgcom24 | reportage
Gli occhi della guerra, l’arte imperitura del reportage
Presentazione Gli occhi della guerra e del documentario "Profughi dimenticati" dal nord dell'iraq
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12 ottobre 2017 | Tele Capodistria | reportage
Gli occhi della guerra
"Gli occhi della guerra" sarà questo il tema della prossima puntata di Shaker, in onda venerdì 13 ottobre alle ore 20.
Nostro ospite FAUSTO BILOSLAVO, giornalista di guerra che, in oltre 35 anni, ha vissuto e raccontato in prima persona la situazione su tutti i fronti più caldi: Libano, Afghanistan, Iran, Iraq, ex Jugoslavia... e ultimamente Ucraina, Libia, Siria...
Cosa vuol dire fare il reporter di guerra? Com'è cambiato questo "mestiere"? Perchè è ancora così importante? Come mai tanti giovani vogliono farlo? Quali consigli dargli?
Tante le domande cui cercheremo di dare risposta.
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14 gennaio 2019 | Peter Pan Radio Rai FVG | intervento |
Mondo
I bambini e la guerra
In 35 anni di reportage i drammi dei bambini, le vittime innocenti dei conflitti
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06 luglio 2015 | Radio Capodistria | intervento |
Mondo
Non solo Califfato
Una panoramica della situazione internazionale e il ricordo di Franco Paticchio, grande Direttore ed Editore dimenticato
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20 ottobre 2009 | Radio Uno | intervento |
Mondo
Rassegna stampa - Ultime da Babele
Cmmento ai giornali fra il mito del posto fisso ed i problemi del Medio Oriente.
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25 agosto 2010 | Radio 24 | intervento |
Mondo
Professione: Reporter di guerra
"NESSUN LUOGO E' LONTANO" è il nuovo programma di approfondimento di esteri di Radio 24. Giampaolo Musumeci parla della professione reporter. Come si racconta la guerra? Esiste un modo giusto? Come si fa il giornalista di guerra e come è cambiato il mestiere? Le testimonianze di chi lo ha fatto per anni e chi lo fa tuttora.
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22 ottobre 2009 | Radio24 | intervento |
Mondo
Libertà di stampa
In Italia la libertà di stampa è
sempre più in pericolo per colpa del
solito Cavalierenero,mentregli Stati
Uniti fanno unbalzo in avanti graziealnuovomessiademocraticoBarack
Obama. Lo stabilisce l’annuale
rapportodiReporterssansfrontières,
i giornalisticonil nasino all’insùche
considerano l’Italia alla stregua di
Bielorussia e Zimbabwe. Politicamentecorretti,
hannoelevatogliStati
Uniti dal 40˚ posto al 20˚, solo perché
non c’è più George W. Bush. E
declassato l’Italia al 49˚. Obama ha
incassato un Nobel per la pace preventivoeconquistatol’aureola
della
libertà di stampa.Nonche negli Usa
mancasse, ma è curioso che il 15
maggio proprio i Reporter senza
frontiere (Rsf) lanciavano strali contro
il nuovo inquilino della Casa
Bianca. «L’organizzazione è delusa
dalladecisionedelpresidente(Obama)
diporreilvetosullapubblicazione
delle 44 fotografie che ritraggono
l’esercitoamericanomentreabusae
torturai prigionieriafghanieiracheni
», si legge inuncomunicato di Rsf.
Jean-Francois Julliard, segretario
generalediRsf,ammettechenelbalzoinavantidegliUsahacontato
«l’effetto
Obama». Peccato che la Casa
Biancastiasparandocannonateverbalicontrola
tvFoxNewsreadicriticare
il presidente. «Non è più un organo
di informazione», «li tratteremocome
un partito d’opposizione»
hanno tuonato i portavoce. La Fox è
da tempo esclusa dalle interviste ad
Obama, limitata nell’accesso alle
fonti governative e ai suoi giornalisti
vengononegate ledomandedurantegliincontriconlastampaallaCasa
Bianca. L’editore dell’agguerrita tv è
RupertMurdoch.Rsfnonsimobilita
moltoper lasuaFoxnegli Usa,main
Italialodifende,considerandolominacciato
da Silvio Berlusconi.
Sui 175 Paesi nella classifica sulla
libertà di stampa siamo scivolati dal
35˚postodel 2007,quandoc’eraRomanoProdi,
al44˚delloscorsoanno
e al 49˚ odierno.Unabocciatura che
nonsi capisce benecomesalti fuori.
Nella classifica l’Italia si è beccata
12,4 voti negativi. I voti si basano su
un questionario, che è stato consegnato
a diverse decine di giornalisti,
professoriuniversitari,attivistideidirittiumanieavvocatidelnostroPaese.
Nonostante le richieste del Giornale
la lista dei «giurati» è segreta.
Peroraanchele12,4bacchettatesulla
libertà di stampa non sono state
ufficializzate. Sfogliando il facsimile
delquestionarioèovviocheinItaliai
giornalistinonvengonoammazzati,
torturatiosbattutiincarcerebuttandovia
la chiave.Comeaccadein Eritrea,
inTurkmenistaneinIran,gliultimi
tre Paesi della classifica di Rsf.
Nonèmaicapitatocheleforzearmateoilgoverno
abbianochiusoconla
forza giornali o televisioni, come si
chiede nel questionario.
SecondoRsf«lepressionidelCavaliere
sui media, le crescenti ingerenze
», ma pure «le violenze di mafia
controi giornalisticherivelano le attività
di quest’ultima eundisegno di
legge che ridurrebbe drasticamente
lapossibilitàperimediadipubblicareleintercettazionitelefoniche,
spiegano
perché l’Italia perda posizioni
per il secondo anno consecutivo».
Julliard, capoccia dell’organizzazione,
avevagiàannunciatoildeclassamento
in occasione della manifestazione
sulla libertà di stampa del 3
ottobre scorso a Roma. Al fianco di
SabinaGuzzanti,lacomicaantiCav,
minacciò:«Troppepressionisuimedia,
SilvioBerlusconirischiadi finire
nella lista dei predatori della libertà
di stampa» come la mafia. «L’Italia
nonguadagneràcertoposizioni»,avvertì.
Il preveggente francese ha però
sbagliato qualche calcolo. Il nostro
Paeseèstato retrocessoancheper le
querele miliardarie di Berlusconi a
Repubblica e altri giornali. ScorrendolaclassificadiRsfsiscoprechesiamo
stati battuti pure dal Sud Africa,
piazzato al 33˚ posto. Peccato che il
discutibile presidente sudafricano,
JacobZuma,abbia querelato perun
milione di dollari il vignettista JonathanShapiro.
Nonsolo:unprogrammasulla
satira è stato censuratodue
volte in tv,maZuma,si sa, èpiù simpatico
del Cav.
www.faustobiloslavo.eu
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