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12 giugno 2016 - Attualità - Libia - Il Giornale
La Libia ora è più sicura: Sirte (quasi) liberata e Isis in fuga nel deserto
Le bandiere nere stanno perdendo il controllo di Sirte, la roccaforte del Califfo in Libia. Le milizie di Misurata e Tripoli hanno conquistato il porto e avanzano verso il centro. Le truppe di terra sono appoggiate da caccia bombardieri ed elicotteri. «La scorsa settimana sono arrivato alla periferia di Sirte per evacuare con la mia barca dei feriti della brigata Tripoli. Ho visto diversi jihadisti ammazzati soprattutto neri africani probabilmente della Nigeria e tunisini» racconta Giulio Lolli a il Giornale. Avventuriero italiano rincorso da guai giudiziari in patria ha partecipato alla rivolta contro il colonnello Gheddafi. «Adesso salvo vite umane evacuando i feriti e combatto l'Isis» ci tiene a sottolineare.
Fayet el Serraj, presidente del nascente governo di unità nazionale voluto dall'Onu e sponsorizzato dall'Italia, ha annunciato la «vittoria a Sirte». In realtà il nocciolo duro dello Stato islamico è ancora asserragliato nel centro città e controllerebbe un'area di 20 chilometri quadrati. I cecchini e le trappole esplosive rallentano la fulminea avanzata degli ultimi giorni, ma almeno 250 jihadisti sarebbero stati uccisi. Gli emiri sembra che siano fuggiti nel deserto verso sud. «Ho scattato la foto al corpo di un kamikaze tunisino ucciso prima di farsi saltare in aria» racconta Lolli. L'offensiva su Sirte è iniziata il 4 maggio e nell'ultimo mese le bandiere nere hanno lanciato almeno dieci attacchi suicidi con i «mostri», i veicoli corazzati imbottiti con una tonnellata di esplosivo. Non sono serviti a fermare l'offensiva, che prima ha conquistato a fatica l'aeroporto della città costiera, dove è nato Gheddafi. E poi è penetrata lungo le arterie principali verso il centro. La svolta è avvenuta nelle ultime 72 ore con gli aspri combattimenti per il controllo del porto. Quello che resta della Marina libica è schierata davanti alla roccaforte dell'Isis, che si sta sbriciolando. Gli scontri si stanno concentrando attorno alla gigantesca sala congressi di Gheddafi scelta come posto di comando dall'Isis. Molti miliziani jihadisti si sarebbero tagliati il barbone d'ordinanza per fuggire mescolandosi ai profughi civili.
L'operazione si chiama Al Bunyan Al Marsoos (Solida struttura) ed il suo portavoce, Ahmed Al Rwayaty, sostiene che «Sirte sarà liberata non in settimane, ma nel giro di giorni». Le milizie di Tripoli e di Misurata si sono alleate per l'attacco da Ovest. Da Est sta avanzando la cosiddetta Guardia petrolifera, una milizia semi indipendente, che controlla i pozzi del bacino di Sirte. Le bandiere nere sono state cacciate dalle strategiche cittadine di Nawfiliyah e Bin Jawad, lungo l'antica Balbia, la strada costiera costruita dagli italiani durante il periodo coloniale. «Dicono che caccia americani abbiano bombardato le postazioni jihadiste e che ci siano corpi speciali Usa ed europei in azione, ma sul terreno non si fanno vedere» spiega Lolli.
Il comando delle operazioni utilizza i social media per propagandare l'avanzata postando mappe e direttrici d'attacco. I miliziani del Califfo replicano mostrando filmati, che in alcuni casi smentiscono i vittoriosi annunci avversari. Il terzo incomodo è il generale Khalifa Haftar, che non ha riconosciuto il governo di unità nazionale appoggiato dall'Onu. Dalla Cirenaica sperava di avanzare su Sirte dopo aver conquistato quasi tutta Bengasi, la «capitale» della Libia orientale. Le milizie di Tripoli e Misurata, che stanno espugnando Sirte, considerano il generale un nuovo Gheddafi e nemico giurato. «Nelle prossime ore partirò via mare o per terra con il colonnello Mohammed Betti, comandante della brigata Tripoli - annuncia Lolli - Liberare Sirte significa evitare che i kamikaze si facciano saltare in aria, un domani, in Europa».

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Che fine ha fatto Gheddafi?
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