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Articolo
11 gennaio 2017 - Attualità - Mondo - Il Giornale |
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Dal Pakistan alla Corea del Nord Oppressi 215 milioni di fedeli |
O ltre 215 milioni di cristiani perseguitati nel mondo è un numero spaventoso. In pratica un cristiano su tre è sotto tiro per la sua fede in ben 50 paesi con al primo posto la Corea del Nord e le new entry nel 2016 di Sri Lanka e Mauritania. La lista nera della persecuzione, resa nota oggi, è stata preparata con un attento lavoro di ricerca da Porte aperte, associazione evangelica che si batte per difendere i cristiani. Il calcolo del numero abnorme di cristiani nel mirino per il loro credo è presto fatto: «La popolazione totale di questi 50 paesi si aggira attorno ai 4,83 miliardi, di cui 650 milioni circa sono cristiani. Tra questi 650 milioni, il 30% (215 milioni) soffre una persecuzione che va da alta a estrema». La «paranoia dittatoriale» alimenta la feroce repressione anti cristiana nella Corea del Nord, in cima alla classifica per il quindicesimo anno di fila. «Non abbandoneremo la chiesa nordcoreana» ridotta al silenzio da arresti, lavori forzati e torture, dicono da Porte aperte. Padre Simon opera sulla frontiera con la Cina per mettere in salvo i cristiani che riescono a scappare e contrabbandare aiuti e Bibbie per chi rimane nell\'ultimo lager stalinista al mondo. «Il governo di Kim Jong-Un ha inviato centinaia di infiltrati al confine fra Cina e Corea del Nord per rapire ed eventualmente uccidere i missionari coinvolti in ministeri in favore di questo paese», denuncia Simon. Dopo l\'ultimo feudo stalinista, Somalia, Afghanistan, Pakistan, Sudan, Siria, Iraq, Yemen ed Eritrea sono i paesi nella «top ten» della repressione. «L\'oppressione islamica costituisce ancora la fonte principale di persecuzione anti cristiana» in 35 paesi su 50 denuncia il rapporto. Non solo Islam: Il Vietnam, che ha aperto al turismo capitalistico, è in realtà al diciassettesimo posto della lista nera mondiale. Lo prova sulla sua pelle il pastore vietnamita Nguyen Cong Chinh incarcerato dal 2011 per la difesa della libertà religiosa e punito lo scorso anno con l\'isolamento. Non solo: nel cibo gli hanno mescolato pezzi di vetro e chiodi. In Asia sta aumentando la minaccia del «nazionalismo religioso» con l\'India in testa, ma la condizione dei cristiani peggiora anche in Laos, Bhutan e Bangladesh. Il 20 novembre è stato ucciso Jeyram Khoskla, colpevole di essere un convertito indù e di far proseliti in nome di Cristo. Ben 16 paesi nella lista nera della persecuzione sono africani. Nel continente nero continua a crescere una spirale «di odio anticristiano» a causa della radicalizzazione islamica, ma pure per l\'antagonismo etnico. In totale lo scorso anno sono stati uccisi 1207 cristiani, per motivi legati alla fede ed attaccate 1.329 chiese. Per fortuna un numero in diminuzione rispetto agli anni precedenti grazie allo stop imposto all\'espansione dello Stato islamico in Siria ed Iraq e all\'avanzata dell\'esercito nigeriano, che «ha limitato le devastanti azioni di sterminio contro i villaggi cristiani» perpetrate da Boko Haram, costola africana del Califfato. «Porte aperte» è stata fondata dall\'olandese Andrew van der Bijl, che da giovane missionario evangelico negli anni \'50 portava di nascosto le Bibbie ai cristiani oltre la Cortina di ferro. La sua avventura è stata raccontata in un best seller, «Il contrabbandiere di Dio». Cristian Nani, il direttore di Porte aperte Italia spiega il senso della denuncia annuale sulle persecuzioni: «Nell\'epoca delle immagini fa più eco un assassinio ripreso con un cellulare, che un milione di persone trattate come animali. Vite vessate e oppresse a causa di una scelta di fede». www.gliocchidellaguerra.it |
[continua] |
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18 ottobre 2019 | Sna | reportage
100 anni degli agenti di assicurazione
Il palco del Centenario Sna ha accolto anche Fausto Biloslavo, oggi certamente il più famoso e tenace reporter di guerra. Attraverso fotografie e filmati tratti dai suoi reportage nelle zone dei conflitti, Biloslavo ha raccontato la sua vicenda professionale, vissuta fra pericoli e situazioni al limite del disumano, testimonianfo anche l’orrore patito dalle popolazioni colpite dalla guerra. Affrontando il tema del coraggio, ha parlato del suo, che nonostante la quotidiana esposizione della sua vita a rischi estremi gli permette di non rinunciare a testimoniare la guerra e le sue tragiche e crudeli conseguenze. Ma il coraggio è anche di chi la guerra la subisce, diventando strumento per l’affermazione violenta delle ragioni di parte, ma non vuole rinunciare alla vita, alla speranza. E lottare per sopravvivere richiede grande coraggio.
Sebbene possa sembrare un parallelo azzardato, lo stesso Biloslavo, spiega che il coraggio è sostenuto dalla passione, elemento necessario in ogni attività, in quella del reporter di guerra come in quella dell’agente di assicurazione.
Il coraggio serve per cominciare da zero, ma anche per rialzarsi quando si è colpiti dalle difficoltà o per adattarsi ai cambiamenti, è il messaggio di Biloslavo alla platea del Centenario.
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12 ottobre 2017 | Tele Capodistria | reportage
Gli occhi della guerra
"Gli occhi della guerra" sarà questo il tema della prossima puntata di Shaker, in onda venerdì 13 ottobre alle ore 20.
Nostro ospite FAUSTO BILOSLAVO, giornalista di guerra che, in oltre 35 anni, ha vissuto e raccontato in prima persona la situazione su tutti i fronti più caldi: Libano, Afghanistan, Iran, Iraq, ex Jugoslavia... e ultimamente Ucraina, Libia, Siria...
Cosa vuol dire fare il reporter di guerra? Com'è cambiato questo "mestiere"? Perchè è ancora così importante? Come mai tanti giovani vogliono farlo? Quali consigli dargli?
Tante le domande cui cercheremo di dare risposta.
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16 giugno 2016 | Tgcom24 | reportage
Gli occhi della guerra, l’arte imperitura del reportage
Presentazione Gli occhi della guerra e del documentario "Profughi dimenticati" dal nord dell'iraq
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22 ottobre 2009 | Radio24 | intervento |
Mondo
Libertà di stampa
In Italia la libertà di stampa è
sempre più in pericolo per colpa del
solito Cavalierenero,mentregli Stati
Uniti fanno unbalzo in avanti graziealnuovomessiademocraticoBarack
Obama. Lo stabilisce l’annuale
rapportodiReporterssansfrontières,
i giornalisticonil nasino all’insùche
considerano l’Italia alla stregua di
Bielorussia e Zimbabwe. Politicamentecorretti,
hannoelevatogliStati
Uniti dal 40˚ posto al 20˚, solo perché
non c’è più George W. Bush. E
declassato l’Italia al 49˚. Obama ha
incassato un Nobel per la pace preventivoeconquistatol’aureola
della
libertà di stampa.Nonche negli Usa
mancasse, ma è curioso che il 15
maggio proprio i Reporter senza
frontiere (Rsf) lanciavano strali contro
il nuovo inquilino della Casa
Bianca. «L’organizzazione è delusa
dalladecisionedelpresidente(Obama)
diporreilvetosullapubblicazione
delle 44 fotografie che ritraggono
l’esercitoamericanomentreabusae
torturai prigionieriafghanieiracheni
», si legge inuncomunicato di Rsf.
Jean-Francois Julliard, segretario
generalediRsf,ammettechenelbalzoinavantidegliUsahacontato
«l’effetto
Obama». Peccato che la Casa
Biancastiasparandocannonateverbalicontrola
tvFoxNewsreadicriticare
il presidente. «Non è più un organo
di informazione», «li tratteremocome
un partito d’opposizione»
hanno tuonato i portavoce. La Fox è
da tempo esclusa dalle interviste ad
Obama, limitata nell’accesso alle
fonti governative e ai suoi giornalisti
vengononegate ledomandedurantegliincontriconlastampaallaCasa
Bianca. L’editore dell’agguerrita tv è
RupertMurdoch.Rsfnonsimobilita
moltoper lasuaFoxnegli Usa,main
Italialodifende,considerandolominacciato
da Silvio Berlusconi.
Sui 175 Paesi nella classifica sulla
libertà di stampa siamo scivolati dal
35˚postodel 2007,quandoc’eraRomanoProdi,
al44˚delloscorsoanno
e al 49˚ odierno.Unabocciatura che
nonsi capisce benecomesalti fuori.
Nella classifica l’Italia si è beccata
12,4 voti negativi. I voti si basano su
un questionario, che è stato consegnato
a diverse decine di giornalisti,
professoriuniversitari,attivistideidirittiumanieavvocatidelnostroPaese.
Nonostante le richieste del Giornale
la lista dei «giurati» è segreta.
Peroraanchele12,4bacchettatesulla
libertà di stampa non sono state
ufficializzate. Sfogliando il facsimile
delquestionarioèovviocheinItaliai
giornalistinonvengonoammazzati,
torturatiosbattutiincarcerebuttandovia
la chiave.Comeaccadein Eritrea,
inTurkmenistaneinIran,gliultimi
tre Paesi della classifica di Rsf.
Nonèmaicapitatocheleforzearmateoilgoverno
abbianochiusoconla
forza giornali o televisioni, come si
chiede nel questionario.
SecondoRsf«lepressionidelCavaliere
sui media, le crescenti ingerenze
», ma pure «le violenze di mafia
controi giornalisticherivelano le attività
di quest’ultima eundisegno di
legge che ridurrebbe drasticamente
lapossibilitàperimediadipubblicareleintercettazionitelefoniche,
spiegano
perché l’Italia perda posizioni
per il secondo anno consecutivo».
Julliard, capoccia dell’organizzazione,
avevagiàannunciatoildeclassamento
in occasione della manifestazione
sulla libertà di stampa del 3
ottobre scorso a Roma. Al fianco di
SabinaGuzzanti,lacomicaantiCav,
minacciò:«Troppepressionisuimedia,
SilvioBerlusconirischiadi finire
nella lista dei predatori della libertà
di stampa» come la mafia. «L’Italia
nonguadagneràcertoposizioni»,avvertì.
Il preveggente francese ha però
sbagliato qualche calcolo. Il nostro
Paeseèstato retrocessoancheper le
querele miliardarie di Berlusconi a
Repubblica e altri giornali. ScorrendolaclassificadiRsfsiscoprechesiamo
stati battuti pure dal Sud Africa,
piazzato al 33˚ posto. Peccato che il
discutibile presidente sudafricano,
JacobZuma,abbia querelato perun
milione di dollari il vignettista JonathanShapiro.
Nonsolo:unprogrammasulla
satira è stato censuratodue
volte in tv,maZuma,si sa, èpiù simpatico
del Cav.
www.faustobiloslavo.eu
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20 ottobre 2009 | Radio Uno | intervento |
Mondo
Rassegna stampa - Ultime da Babele
Cmmento ai giornali fra il mito del posto fisso ed i problemi del Medio Oriente.
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06 luglio 2015 | Radio Capodistria | intervento |
Mondo
Non solo Califfato
Una panoramica della situazione internazionale e il ricordo di Franco Paticchio, grande Direttore ed Editore dimenticato
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08 dicembre 2010 | Nuova Spazio Radio | intervento |
Mondo
La fronda di Wikileaks
Oltre alle manette Julian Assange, fondatore di Wikileaks, deve preoccuparsi delle diserzioni della sua ciurma di pirati informatici e sostenitori. Negli ultimi mesi Assange ha perso per strada il suo braccio destro, il tedesco Daniel Domscheit-Berg ed Herbert Snorrason, il giovane hacker che teneva in piedi il sito nel “rifugio” islandese. Domscheit-Berg, ex hacker, è stato il principale portavoce di Assange per tre anni, con il nome falso di Daniel Schmitt. Ispiratore del Chaos computer club, una comunità di pirati informatici, ha cominciato ad entrare in rotta di collisione con il capo per le rivelazioni dei rapporti militari sulla guerra in Afghanistan. Non solo: Wikilekas sta operando in maniera così segreta da assomigliare sempre più alle intelligence che intende mascherare.
In Islanda la perdita più grave è quella della parlamentare Birgitta Jonsdottir, un’entusiasta della prima ora di Wikileaks. La deputata. che andrebbe d’accordo con Beppe Grillo, si batte per far passare una legge che trasformerebbe l’isola nel miglior rifugio per gente come Assange. Anche molte associazioni noprofit hanno preso le distanze, quando ha pubblicato i documenti della guerra in Afghanistan. Il discusso guru informatico non ha voluto emendare i nomi dei collaboratori della Nato, che adesso rischiano la vita. Prima fra tutti, a mollare l’australiano, è stata l’organizzazione di giornalisti, che pende a sinistra, Reporter senza frontiere.
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14 gennaio 2019 | Peter Pan Radio Rai FVG | intervento |
Mondo
I bambini e la guerra
In 35 anni di reportage i drammi dei bambini, le vittime innocenti dei conflitti
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