image
Articolo
31 gennaio 2017 - Prima - Italia - Il Giornale
Caserme, bunker, terreni All’asta i gioielli di guerra
D urante la guerra fredda c\\\'erano i bunker, le piazzole per l\\\'artiglieria, addirittura le mine atomiche pronte ad incenerire le divisioni corazzate del patto di Varsavia se fosse scoppiato il terzo conflitto mondiale sul fronte del Nord Est. Oggi è tutto abbandonato e in vendita a prezzi stracciati a partire da 444 euro, come scrive il Piccolo di Trieste. 
Caserme strategiche per la terza guerra mondiale, linee d\\\'arresto ed ex stazioni dei carabinieri sul confine scomparso con l\\\'ex Jugoslavia sono pezzi di storia finiti all\\\'asta. Sul sito dell\\\'agenzia del Demanio si trova tutto nel dettaglio. Il 2 dicembre scorso è scaduto il termine per la consultazione pubblica sulle «idee e proposte progettuali per la valorizzazione e il riuso della ex caserma E. Toti ed A. Bergamas» a Gradisca d\\\'Isonzo. In rete ci sono ancora generazioni di najoni, che cercano i commilitoni ai tempi della leva conosciuti nella caserma dedicata a Toti, eroe con la stampella della prima guerra mondiale e Maria Bergamas, madre di un caduto che ha scelto il milite ignoto. Negli anni sessanta era la base del II e III gruppo di artiglieria del 33° reggimento che avrebbe dovuto sbarrare la corsa dei carri sovietici verso Milano a cannonate.
In Friuli-Venezia Giulia, come elenca il Piccolo, lo Stato ha messo in vendita decine di terreni, soprattutto per uso agricolo, zeppi di bunker. A Cormons con soli 481,40 euro puoi comprarti un pezzo dell\\\' «ex sbarramento difensivo Borgnano», una delle linee principali d\\\'arresto del Nord Est all\\\'impatto dell\\\'Armata rossa. Dalle parti di Dignano devi sborsare il doppio, 980 euro per «l\\\'ex sbarramento difensivo costituito da terreni con manufatti interrati ad uso bunker, più o meno visibili». Il tutto su 280 metri quadrati non molto lontani da Udine.
In diversi casi le vendite sono andate a vuoto, ma nel 2015 l\\\'associazione del 53° reggimento fanteria d\\\'arresto Umbria ha ottenuto per un affitto annuo di 208 euro la gestione del bunker sul monte Shofnik vicino a San Michele del Carso. Fortificazione con le torrette a fungo, che è stata ristrutturata tornando agli splendori della guerra fredda.
A Pavia di Udine è in vendita una «superficie di 650 mq, sulla quale insistono manufatti militari in cemento interrati» per i soliti 481,40 euro. Per pochi soldi si può acquistare un «ex bunker con una foratura rettangolare, tipo vano per artiglieria bellica» oppure una fortificazione «con torretta».
Il terreno più economico con i resti delle casematte da guerra fredda si trova a Corno di Rosazzo ed è andato all\\\'asta per miseri 444 euro. In vendita a ben 1.400 euro tre particelle a San Giorgio della Richinvelda con il bunker che ricopre probabilmente tutta la parte sotterranea degli 890 metri quadrati.
I gioielli della guerra fredda sono le ex caserme dei carabinieri a Basovizza e Gropada sul Carso triestino, poco distanti dallo storica frontiera titina, che con la Slovenia in Europa non esiste più. Gli edifici sono fatiscenti, ma si possono acquistare rispettivamente per 315mila e 200mila euro. Il 15 febbraio si chiude l\\\'offerta per l\\\'ex commissariato di Opicina, all\\\'imbocco della strada che portava al principale confine jugoslavo di Trieste presidiato dai graniciari di Tito. Il prezzo di tutto rispetto è 1 milione e 420 mila euro, ma il Demanio precisa che la zona è oggi «principalmente a destinazi
[continua]

video
07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

play
30 aprile 2020 | Tg5 | reportage
L'anticamera dell'inferno
Fausto Biloslavo TRIESTE - “Per noi in prima linea c’è il timore che il ritorno alla vita normale auspicata da tutti possa portare a un aumento di contagi e dei ricoveri di persone in condizioni critiche” ammette Gianfranco, veterano degli infermieri bardato come un marziano per proteggersi dal virus. Dopo anni in pronto soccorso e terapia intensiva lavorava come ricercatore universitario, ma si è offerto volontario per combattere la pandemia. Lunedì si riapre, ma non dimentichiamo che registriamo ancora oltre 250 morti al giorno e quasi duemila nuovi positivi. I guariti aumentano e il contagio diminuisce, però 17.569 pazienti erano ricoverati con sintomi fino al primo maggio e 1578 in rianimazione. Per entrare nel reparto di pneumologia semi intensiva respiratoria dell’ospedale di Cattinara a Trieste bisogna seguire una minuziosa procedura di vestizione. Mascherina di massima protezione, tuta bianca, copri scarpe, doppi guanti e visiera per evitare il contagio. Andrea Valenti, responsabile infermieristico, è la guida nel reparto dove si continua a combattere, giorno e notte, per strappare i contagiati alla morte. Un grande open space con i pazienti più gravi collegati a scafandri o maschere che li aiutano a respirare e un nugolo di tute bianche che si spostano da un letto all’altro per monitorare o somministrare le terapie e dare conforto. Un contagiato con i capelli grigi tagliati a spazzola sembra quasi addormentato sotto il casco da marziano che pompa ossigeno. Davanti alla finestra sigillata un altro paziente che non riesce a parlare gesticola per indicare agli infermieri dove sente una fitta di dolore. Un signore cosciente, ma sfinito, con i tubi dell’ossigeno nel naso è collegato, come gli altri, a un monitor che segnala di continuo i parametri vitali. “Mi ha colpito un paziente che descriveva la sensazione terribile, più brutta del dolore, di non riuscire a respirare. Diceva che “è come se mi venisse incontro la morte”” racconta Marco Confalonieri direttore della struttura complessa di pneumologia e terapia intensiva respiratoria al dodicesimo piano della torre medica di Cattinara. La ventilazione non invasiva lascia cosciente il paziente che a Confalonieri ha raccontato come “bisogna diventare amico con la macchina, mettersi d’accordo con il ventilatore per uscire dal tunnel” e tornare alla vita. Una “resuscitata” è Vasilica, 67 anni, operatrice di origine romena di una casa di risposo di Trieste dove ha contratto il virus. “Ho passato un inferno collegata a questi tubi, sotto il casco, ma la voglia di vivere e di rivedere i miei nipoti, compreso l’ultimo che sta per nascere, ti fa sopportare tutto” spiega la donna occhialuta con una coperta sulle spalle, mascherina e tubo per l’ossigeno. La sopravvissuta ancora ansima quando parla del personale: “Sono angeli. Senza questi infermieri, medici, operatori sanitari sarei morta. Lottano ogni momento al nostro fianco”. Il rumore di fondo del reparto è il ronzio continuo delle macchine per l’ossigeno. L’ambiente è a pressione negativa per aspirare il virus e diminuire il pericolo, ma la ventilazione ai pazienti aumenta la dispersione di particelle infette. In 6 fra infermieri ed un medico sono stati contagiati. “Mi ha colpito la telefonata di Alessandra che piangendo ripeteva “non è colpa mia, non è colpa mia” - racconta Confalonieri con il volto coperto da occhialoni e maschera di protezione - Non aveva nessuna colpa, neppure sapeva come si è contagiata, ma si struggeva per dover lasciare soli i colleghi a fronteggiare il virus”. Nicol Vusio, operatrice sanitaria triestina di 29 anni, ha spiegato a suo figlio che “la mamma è in “guerra” per combattere un nemico invisibile e bisogna vincere”. Da dietro la visiera ammette: “Me l’aspettavo fin dalla prime notizie dalla Cina. Secondo me avremmo dovuto reagire molto prima”. Nicol racconta come bagna le labbra dei pazienti “che con gli occhi ti ringraziano”. I contagiati più gravi non riescono a parlare, ma gli operatori trovano il modo di comunicare. “Uno sguardo, la rotazione del capo, il movimento di una mano ti fa capire se il paziente vuole essere sollevato oppure girato su un fianco o se respira male” spiega Gianfranco, infermiere da 30 anni. Il direttore sottolinea che “il covid “cuoce” tutti gli organi, non solo il polmone e li fa collassare”, ma il reparto applica un protocollo basato sul cortisone che ha salvato una novantina di contagiati. Annamaria è una delle sopravvissute, ancora debole. Finalmente mangia da sola un piattino di pasta in bianco e con un mezzo sorriso annuncia la vittoria: “Il 7 maggio compio 79 anni”.

play
16 marzo 2012 | Terra! | reportage
Feriti d'Italia
Fausto Biloslavo racconta le storie di alcuni soldati italiani feriti nel corso delle guerre in Afghanistan e Iraq. Realizzato per il programma "Terra" (Canale 5).

play
[altri video]
radio

20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

play

[altri collegamenti radio]




fotografie







[altre foto]