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15 febbraio 2017 - Attualità - Italia - Il Giornale
E le associazioni delle vittime salgono al Colle
Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, incontra oggi al Quirinale i rappresentanti degli esuli istriani, fiumani e dalmati, per la prima volta invitati sul Colle nel suo mandato. La delegazione con i rappresentanti delle associazioni sarà guidata da Antonio Ballarin, presidente della Federazione che riunisce 5 dei 6 gruppi rappresentativi degli italiani che subirono le foibe e l\'esodo. Il presidente dell\'Unione degli istriani radicata a Trieste ha deciso di non partecipare mandando una lettera al capo dello Stato.
Massimiliano Lacota spiega a il Giornale che «l\'amara delusione molto viva per la mancata presenza del presidente alla foiba di Basovizza il 10 febbraio, giorno del Ricordo del nostro dramma, non mi consente di presenziare all\'incontro al Quirinale». Il rappresentante degli istriani fa presente che molti esuli si chiedono come è possibile che sia stata sottovalutata l\'importanza storica del settantesimo anniversario del trattato di pace, che ha consegnato Istria, Fiume e la Dalmazia alla Jugoslavia di Tito. «L\'ultimo capo dello Stato si è inginocchiato davanti alla foiba di Basovizza, monumento nazionale, 23 anni fa - osserva Lacota - Per questo ho rinnovato l\'invito al presidente Mattarella di venire a Trieste fra maggio e giugno anniversario della sanguinosa occupazione titina del capoluogo giuliano».
Mattarella, assente per il secondo 10 febbraio di fila per impegni all\'estero, oggi alle 12 incontrerà Renzo Codarin, presidente dell\'Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd). Codarin ribadisce che «chiederemo al presidente la sua presenza in patria ogni 10 febbraio sulla foiba di Basovizza oppure su altri luoghi delle memoria dell\'esodo per dare forza al giorno del Ricordo». Gli esuli elencheranno al capo dello Stato i problemi ancora aperti. «Alcune questioni riguardano direttamente il Colle, come la mancata consegna della medaglia d\'oro al valor militare a Zara già assegnata dall\'allora presidente Ciampi», spiega Ballarin a nome degli esuli. La città dalmata è stata «martire» due volte: prima distrutta da 54 bombardamenti degli alleati su richiesta di Tito e poi «ripulita» dalla popolazione italiana. Il Quirinale non ha mai consegnato la medaglia per le proteste delle autorità croate. «Pensiamo il problema si possa risolvere diplomaticamente - sostiene Ballarin - appuntando il riconoscimento al gonfalone dei Zara portato via degli esuli» senza nessun carattere revanscista.
A Mattarella verrà chiesto anche un intervento presso il governo per sbloccare i fondi della legge 72 del 2001 sui progetti culturali dedicati all\'esodo e alle foibe. «Si tratta di sopravvivenza economica immediata. Le associazioni hanno anticipato 1 milione e 400 mila euro, che ci sono, ma congelati da intoppi burocratici». I problemi sono di rendicontazione, ma la stessa Anvgd ha dovuto vendere la sede storica a Roma ed i rappresentanti delle associazioni si sono esposti personalmente con le banche.
Gli esuli chiedono l\'immediata riattivazione del tavolo con il governo che si è riunito due anni fa per discutere dei problemi che si trascinano da sempre come gli indennizzi per i beni abbandonati in Istria e Dalmazia. O problemi nuovi come la tassa sugli immobili all\'estero che gli esuli devono pagare allo Stato italiano se riacquistano i loro beni perduti nell\'ex Jugoslavia. Una gabella, che suona come una beffa.
[continua]

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23 aprile 2012 | Premio Lago | reportage
Il premio Giorgio Lago: Arte, impresa, giornalismo, volontariato del Nord Est
Motivazione della Giuria: Giornalista di razza. Sempre sulla notizia, esposto in prima persona nei vari teatri di guerra del mondo. Penna sottile, attenta, con un grande amore per la verità raccontata a narrare le diverse vicende dell’uomo.

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14 marzo 2015 | Tgr Friuli-Venezia Giulia | reportage
Buongiorno regione
THE WAR AS I SAW IT - L'evento organizzato dal Club Atlantico giovanile del Friuli-Venezia Giulia e da Sconfinare si svolgerà nell’arco dell’intera giornata del 10 marzo 2015 e si articolerà in due fasi distinte: MATTINA (3 ore circa) ore 9.30 Conferenza sul tema del giornalismo di guerra Il panel affronterà il tema del giornalismo di guerra, raccontato e analizzato da chi l’ha vissuto in prima persona. Per questo motivo sono stati invitati come relatori professionisti del settore con ampia esperienza in conflitti e situazioni di crisi, come Gianandrea Gaiani (Direttore responsabile di Analisi Difesa, collaboratore di diverse testate nazionali), Fausto Biloslavo (inviato per Il Giornale in numerosi conflitti, in particolare in Medio Oriente), Elisabetta Burba (firma di Panorama), Gabriella Simoni (inviata Mediaset in numerosi teatri di conflitto, specialmente in Medio Oriente), Giampaolo Cadalanu (giornalista affermato, si occupa di politica estera per La Repubblica). Le relazioni saranno moderate dal professor Georg Meyr, coordinatore del corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste. POMERIGGIO (3 ore circa) ore 14.30 Due workshop sul tema del giornalismo di guerra: 1. “Il reporter sul campo vs l’analista da casa: strumenti utili e accorgimenti pratici” - G. Gaiani, G. Cadalanu, E. Burba, F. Biloslavo 2. “Il freelance, l'inviato e l'addetto stampa in aree di crisi: tre figure a confronto” G. Simoni, G. Cuscunà, cap. B. Liotti

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30 aprile 2020 | Tg5 | reportage
L'anticamera dell'inferno
Fausto Biloslavo TRIESTE - “Per noi in prima linea c’è il timore che il ritorno alla vita normale auspicata da tutti possa portare a un aumento di contagi e dei ricoveri di persone in condizioni critiche” ammette Gianfranco, veterano degli infermieri bardato come un marziano per proteggersi dal virus. Dopo anni in pronto soccorso e terapia intensiva lavorava come ricercatore universitario, ma si è offerto volontario per combattere la pandemia. Lunedì si riapre, ma non dimentichiamo che registriamo ancora oltre 250 morti al giorno e quasi duemila nuovi positivi. I guariti aumentano e il contagio diminuisce, però 17.569 pazienti erano ricoverati con sintomi fino al primo maggio e 1578 in rianimazione. Per entrare nel reparto di pneumologia semi intensiva respiratoria dell’ospedale di Cattinara a Trieste bisogna seguire una minuziosa procedura di vestizione. Mascherina di massima protezione, tuta bianca, copri scarpe, doppi guanti e visiera per evitare il contagio. Andrea Valenti, responsabile infermieristico, è la guida nel reparto dove si continua a combattere, giorno e notte, per strappare i contagiati alla morte. Un grande open space con i pazienti più gravi collegati a scafandri o maschere che li aiutano a respirare e un nugolo di tute bianche che si spostano da un letto all’altro per monitorare o somministrare le terapie e dare conforto. Un contagiato con i capelli grigi tagliati a spazzola sembra quasi addormentato sotto il casco da marziano che pompa ossigeno. Davanti alla finestra sigillata un altro paziente che non riesce a parlare gesticola per indicare agli infermieri dove sente una fitta di dolore. Un signore cosciente, ma sfinito, con i tubi dell’ossigeno nel naso è collegato, come gli altri, a un monitor che segnala di continuo i parametri vitali. “Mi ha colpito un paziente che descriveva la sensazione terribile, più brutta del dolore, di non riuscire a respirare. Diceva che “è come se mi venisse incontro la morte”” racconta Marco Confalonieri direttore della struttura complessa di pneumologia e terapia intensiva respiratoria al dodicesimo piano della torre medica di Cattinara. La ventilazione non invasiva lascia cosciente il paziente che a Confalonieri ha raccontato come “bisogna diventare amico con la macchina, mettersi d’accordo con il ventilatore per uscire dal tunnel” e tornare alla vita. Una “resuscitata” è Vasilica, 67 anni, operatrice di origine romena di una casa di risposo di Trieste dove ha contratto il virus. “Ho passato un inferno collegata a questi tubi, sotto il casco, ma la voglia di vivere e di rivedere i miei nipoti, compreso l’ultimo che sta per nascere, ti fa sopportare tutto” spiega la donna occhialuta con una coperta sulle spalle, mascherina e tubo per l’ossigeno. La sopravvissuta ancora ansima quando parla del personale: “Sono angeli. Senza questi infermieri, medici, operatori sanitari sarei morta. Lottano ogni momento al nostro fianco”. Il rumore di fondo del reparto è il ronzio continuo delle macchine per l’ossigeno. L’ambiente è a pressione negativa per aspirare il virus e diminuire il pericolo, ma la ventilazione ai pazienti aumenta la dispersione di particelle infette. In 6 fra infermieri ed un medico sono stati contagiati. “Mi ha colpito la telefonata di Alessandra che piangendo ripeteva “non è colpa mia, non è colpa mia” - racconta Confalonieri con il volto coperto da occhialoni e maschera di protezione - Non aveva nessuna colpa, neppure sapeva come si è contagiata, ma si struggeva per dover lasciare soli i colleghi a fronteggiare il virus”. Nicol Vusio, operatrice sanitaria triestina di 29 anni, ha spiegato a suo figlio che “la mamma è in “guerra” per combattere un nemico invisibile e bisogna vincere”. Da dietro la visiera ammette: “Me l’aspettavo fin dalla prime notizie dalla Cina. Secondo me avremmo dovuto reagire molto prima”. Nicol racconta come bagna le labbra dei pazienti “che con gli occhi ti ringraziano”. I contagiati più gravi non riescono a parlare, ma gli operatori trovano il modo di comunicare. “Uno sguardo, la rotazione del capo, il movimento di una mano ti fa capire se il paziente vuole essere sollevato oppure girato su un fianco o se respira male” spiega Gianfranco, infermiere da 30 anni. Il direttore sottolinea che “il covid “cuoce” tutti gli organi, non solo il polmone e li fa collassare”, ma il reparto applica un protocollo basato sul cortisone che ha salvato una novantina di contagiati. Annamaria è una delle sopravvissute, ancora debole. Finalmente mangia da sola un piattino di pasta in bianco e con un mezzo sorriso annuncia la vittoria: “Il 7 maggio compio 79 anni”.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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