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Articolo
14 aprile 2017 - Prima - Afghanistan - Il Giornale |
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| Il pugno di ferro di Trump Sganciata contro l’isis la madre di tutte le bombe |
Fausto Biloslavo Gli americani continuano a mostrate i muscoli e sganciano sulla testa delle bandiere nere in Afghanistan la «madre di tutte le bombe», il più potente ordigno non nucleare dell\\\'arsenale a stelle e strisce. La notizia è stata lanciata dalla Cnn grazie ad un\\\'imbeccata non casuale del Pentagono e confermata dalla Casa Bianca. Ieri verso le 19 ora afghana un mostro a forma di missile, che pesa 10mila chili, lungo 9 metri e con un diametro di oltre un metro ha colpito l\\\'obiettivo nella provincia di Nangarhar. Non una zona qualunque, ma la roccaforte dello Stato islamico in Afghanistan a ridosso del confine con il Pakistan vicino ai vecchi bunker scavati sotto le montagne di Tora Bora, dove si era nascosto Osama bin Laden al crollo dei talebani. Gli Stati Uniti «prendono la lotta contro l\\\'Isis molto sul serio» ha sottolineato il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, confermando il lancio americano della più potente bomba non atomica. La Gbu-43/B, nome militare della super bomba, è stata sganciata ad alta quota da un Mc-130 Combat Talon, un aereo di trasporto per le operazioni speciali, che può imbarcare anche intere unità di truppe d\\\'elite da paracadutare. Undicimila chili di Tnt sono esplosi sui covi delle bandiere nere, ma questo tipo di bomba non è un ordigno per la penetrazione in profondità con l\\\'obiettivo di distruggere bunker sotterranei. La madre di tutte le bombe serve a spazzare via dalla faccia della terra esseri umani e postazioni nel raggio di centinaia di metri. E viene usata in zona montagnose dentro canyon o cave per ottenere un effetto maggiore. A firmare l\\\'autorizzazione per l\\\'uso dell\\\'ordigno è stato il comandante americano della missione Nato in Afghanistan Resolute support, il generale John Nicholson. Sotto di lui ci sono anche gli 800 militari italiani ancora presenti a Herat nell\\\'ovest del Paese. «Il raid è stato organizzato in modo da ridurre al minimo il rischio per le forze afghane e americane e per massimizzare l\\\'eliminazione dei combattenti dell\\\'Is e delle loro strutture» spiega un comunicato del Comando centrale Usa. In realtà il bombardamento sarebbe stato più efficace con i droni o i normali caccia bombardieri che sganciano bombe da 250 o 500 chili colpendo con precisione. Adesso si usano ordigni anche più piccoli per evitare danni collaterali come la morte di civili. Proprio volendo si potevano utilizzare i B 52 con le loro «pillole» da 1000 chilogrammi, che nel 2001 polverizzarono le trincee talebane a nord di Kabul. «Mi sembra un\\\'operazione anomala dettata soprattutto dall\\\'effetto scenografico e mediatico - spiega al Giornale, l\\\'ex capo di Stato maggiore dell\\\'Aeronautica, generale Leonardo Tricarico -. Un\\\'altra esibizione muscolare degli americani come in Siria». Proprio ieri il presidente siriano Bashar al Assad ha definito l\\\'attacco con armi chimiche, attribuito al regime da molti Paesi, «un\\\'invenzione al 100%». E in parallelo Damasco ha accusato la coalizione internazionale guidata dagli Usa di aver bombardato un arsenale chimico dell\\\'Isis, uccidendo centinaia di persone. La notizia è stata subito smentita dall\\\'esercito americano. Se il super bombardamento afghano è la nuova dimostrazione di forza del presidente Usa Donald Trump, non a caso hanno sganciato la GBU-43/B, acronimo Moab (Massive Ordnance Air Blast). Evoluzione della famosa bomba «taglia margherite», la Blu-82, che seminava il terrore nei ranghi dell\\\'esercito iracheno. Durante l\\\'invasione alleata del 2003 la taglia margherite fu usata ampiamente per spazzare via i bunker di Saddam. Allora la madre di tutte le bombe era appena stata creata in 15 esemplari. Un solo ordigno l\\\'avevano spedito in Iraq, ma senza mai impiegarlo. Il primo utilizzo in combattimento non avviene a caso in Afghanistan secondo il generale Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore della Difesa: «Potrebbe essere un messaggio agli iraniani, che confinano con il Paese al crocevia dell\\\'Asia». Anche i russi, per non essere da meno, hanno sviluppato la super bomba non nucleare, che è quattro volte più potente. E ovviamente per distinguersi dagli americani l\\\'hanno battezzata «padre di tutte le bombe». |
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29 luglio 2015 | Sky Tg24 | reportage
Omar il fantasma
“Mullah Omar, il capo dei talebani, è morto nel 2013” rivela il governo di Kabul, ma sulla sua fine aleggia il mistero. Il leader guercio dei tagliagole afghani, dato per morto tante volte, è sempre “resuscitato”. Questa volta, per Omar il fantasma, potrebbe essere diverso. Abdul Hassib Seddiqi, portavoce dell’Nds, l’intelligence di Kabul ha sostenuto in un’intervista al New York Times che l’imprendibile mullah “è morto due anni fa in un ospedale alla periferia di Karachi, città pachistana”. Sicuramente l’Isi, il potente servizio segreto militare di Islamabad, aveva idea di dove fosse. Non è escluso che il capo dei talebani sia stato un sorvegliato speciale, praticamente agli arresti domiciliari, a Qetta, capoluogo della provincia pachistana del Baluchistan al confine con l’Afghanistan. Un ex ministro dei talebani ha dichiarato ieri, in cambio dell’anonimato, che il mullah “è morto due anni e 4 mesi fa di tubercolosi e poi sepolto in Afghanistan” in gran segreto.
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10 ottobre 2010 | Domenica Cinque | reportage
In guerra si muore: 4 penne nere cadute in battaglia
Furiosa battaglia in Afghanistan: i talebani tendono un'imboscata ad un convoglio italiano nella famigerata valle del Gulistan. L'obiettivo è spingere i blindati verso una o più trappole esplosive piazzate dagli insorti. Un «Lince» salta in aria uccidendo sul colpo quattro penne nere e ferendo un quinto alpino. I soccorsi riescono a mettere in salvo l'unico sopravvissuto, sotto il fuoco degli insorti. La trappola esplosiva ha ucciso Gianmarco Manca, Francesco Vannozzi, Sebastiano Ville e Marco Pedone, tutti del 7˚ reggimento alpini della brigata Julia, di stanza a Belluno.
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04 giugno 2010 | Tele4 | reportage
Intervista sul'Afghanistan la mia seconda patria
Un'intervista di Tele 4 in occasione del dibattito “Afghanistan: raccontare la guerra, raccontare la pace”, al Circolo della Stampa di Trieste,con la fotorgafa Monika Bulaj.
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13 novembre 2001 | Radio 24 Vivavoce | reportage |
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Giornalisti al fronte/1
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Il ruolo dei giornalisti
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14 agosto 2008 | Radio24 | reportage |
Afghanistan
Taccuino di guerra - "Sono il sergente Joseph Buonpastore..."
Afghanistan,un'estate in trincea. In prima linea con i marines
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13 novembre 2001 | Radio 24 Vivavoce | reportage |
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Giornalisti al fronte/2
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Il ruolo dei giornalisti
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13 novembre 2001 | Radio 24 Vivavoce | reportage |
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Giornalisti al fronte/3
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Il ruolo dei giornalisti. "Bisogna stare sempre più attenti. E poi se un giornalista perde la vita non può mandare il pezzo"
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27 maggio 2008 | Radio R101 TGcom | intervento |
Afghanistan
I soldati italiani in Afghanistan potranno combattere
Il governo italiano ha annunciato il cambiamento dei caveat, gli ordini nazionali che limitano gli interventi del nostro contingente in Afghanistan. La zona a sud della cosiddetta "cintura" pasthun, il serbatoio etnico dei talebani, è la più calda. I soldati italiani potrebbero essere chiamati ad intervenire in quest'area.
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