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Intervista esclusiva
02 giugno 2017 - Attualità - Mondo - Il Giornale |
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L’uomo di Soros: “I migranti? Un tesoro” |
Fausto Biloslavo e Matteo Carnieletto Barcellona Nel centro di Barcellona, Open society, la discussa fondazione filantropica del miliardario americano George Soros, ha sede in un antico orfanotrofio delle suore che non esiste più. L\'ebreo ungherese sopravvissuto al nazismo e al comunismo sovietico è diventato uno degli uomini più ricchi al mondo e spende quasi un miliardo di dollari l\'anno, in nome di libertà e diritti umani, per interferire negli affari interni di paesi stranieri che non gli vanno a genio, come la Russia di Putin, e per favorire, secondo i suoi detrattori, l\'invasione dei migranti. Jordi Vaquer, il giovane direttore catalano di Open society foundation, è l\'uomo di Soros in Europa. In un\'intervista esclusiva al Giornale alza il velo sulla controversa filantropia del miliardario Usa. Molti accusano «Open Society» e Soros di interferire negli affari interni degli Stati con il grimaldello dei diritti umani e delle libertà... «Siamo una fondazione globale, che opera in tutto il mondo. Abbiamo iniziato dall\'Europa dell\'Est dove in tanti che sono impegnati in politica hanno avuto rapporti con noi compreso Viktor Orban (il premier ungherese aspramente critico con Soros, nda), che ha vinto una borsa di studio di Open society. Parlare (male) di Soros funziona molto bene per diversi gruppi, come gli antisemiti e gli ultra nazionalisti». Quanti soldi avete a disposizione? «Il bilancio ogni anno è di circa 900 milioni di dollari. Tutti i nostri soldi vengono da Soros e dalla sua famiglia». E come li spendete? «Nel 2017 il Paese dove abbiamo investito di più sono gli Stati Uniti con circa 100 milioni di dollari. L\'Africa è la prima regione dopo gli Usa, con 70 milioni e poi l\'Europa con 55 circa. In Italia non spendiamo più di 2 milioni all\'anno». Soros viene dipinto come una forza oscura... «Chi vuole dipingerlo così? Io conosco solo l\'aspetto filantropico e non penso ci siano zone oscure. Ovviamente ha delle idee, che non piacciono a tutti. La sua è una visione del mondo molto liberale, dove contano i diritti ed il potere è limitato». Soros, Open Society e le sue società finanziano le Ong che salvano i migranti in mare? «Noi non finanziamo le organizzazioni che fanno salvataggio in mare. Ci occupiamo dei diritti dei migranti una volta che sono arrivati (in Europa) oppure nei Paesi di transito. Comunque le Ong (nel Mediterraneo, nda) compiono un lavoro ammirevole». Però una Ong, l\'Avaaz, sostenuta da Soros, ha donato mezzo milione di euro a Moas, che opera da Malta per recuperare i migranti in partenza dalla Libia e farli sbarcare in Italia... «Il fatto che un\'organizzazione abbia ricevuto soldi da Open Society non significa che la nostra fondazione l\'appoggi in tutte le sue attività». Molti pensano che favorite una specie di invasione aiutando i migranti... «Noi diciamo che l\'opposto della morte delle persone in mare sono frontiere dove le persone non muoiono. Non significa aprire le frontiere, ma un passaggio più sicuro». Volete far arrivare i migranti con i traghetti? «Una volta stabilito quante persone accogliere, un passaggio sicuro significa visto umanitario». Vale anche per i migranti economici? «Tutti i Paesi che fanno parte della convenzione di Ginevra hanno l\'obbligo di aiutare chi fugge dalla guerra e dalla repressione. Nessun accordo obbliga ad accogliere i migranti economici. Questa è una scelta che viene fatta dalla società e dalla politica». Soros sostiene che i migranti economici sono una ricchezza. Bisogna accogliere tutti? «Soros pensa che ci sia la possibilità di arricchire i Paesi europei con i talenti e le capacità dei migranti». Con chi collaborate in Italia? «Abbiamo lavorato molto con la comunità Rom, gruppi di avvocati, l\'Asgi, Antigone e altre realtà che aiutano i migranti, ma spendiamo comunque poco: il 10% di quello che investiamo in Giordania». Il presidente russo Putin per voi è l\'uomo nero? «Putin fa parte di un movimento globale di leader che hanno scelto una via nazionalista per governare. Ci sono molti leader come lui in Africa e nelle ex repubbliche sovietiche». Siete sotto tiro anche in diversi Paesi dell\' Europa orientale. Come mai? «La vittoria di Trump negli Stati Uniti ha determinato una crescita degli attacchi soprattutto nei Paesi balcanici fra i leader politici che hanno legami con Mosca. Trump ha aperto la porta a chi è contrario alla democrazia liberale». Cosa pensate del nuovo presidente americano? «Soros ha versato molti soldi per le campagne di Kerry e Clinton, che però hanno perso. Ma la sua fondazione ha criticato sia Bush che Obama. Le nostre posizioni sull\'immigrazione sono chiare e su questo ci siamo attivati contro il nuovo presidente americano. Non perché è Trump, ma perché le sue azioni vanno contro l\'idea di società aperta». www.gliocchidellaguerra.it |
[continua] |
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18 ottobre 2019 | Sna | reportage
100 anni degli agenti di assicurazione
Il palco del Centenario Sna ha accolto anche Fausto Biloslavo, oggi certamente il più famoso e tenace reporter di guerra. Attraverso fotografie e filmati tratti dai suoi reportage nelle zone dei conflitti, Biloslavo ha raccontato la sua vicenda professionale, vissuta fra pericoli e situazioni al limite del disumano, testimonianfo anche l’orrore patito dalle popolazioni colpite dalla guerra. Affrontando il tema del coraggio, ha parlato del suo, che nonostante la quotidiana esposizione della sua vita a rischi estremi gli permette di non rinunciare a testimoniare la guerra e le sue tragiche e crudeli conseguenze. Ma il coraggio è anche di chi la guerra la subisce, diventando strumento per l’affermazione violenta delle ragioni di parte, ma non vuole rinunciare alla vita, alla speranza. E lottare per sopravvivere richiede grande coraggio.
Sebbene possa sembrare un parallelo azzardato, lo stesso Biloslavo, spiega che il coraggio è sostenuto dalla passione, elemento necessario in ogni attività, in quella del reporter di guerra come in quella dell’agente di assicurazione.
Il coraggio serve per cominciare da zero, ma anche per rialzarsi quando si è colpiti dalle difficoltà o per adattarsi ai cambiamenti, è il messaggio di Biloslavo alla platea del Centenario.
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12 ottobre 2017 | Tele Capodistria | reportage
Gli occhi della guerra
"Gli occhi della guerra" sarà questo il tema della prossima puntata di Shaker, in onda venerdì 13 ottobre alle ore 20.
Nostro ospite FAUSTO BILOSLAVO, giornalista di guerra che, in oltre 35 anni, ha vissuto e raccontato in prima persona la situazione su tutti i fronti più caldi: Libano, Afghanistan, Iran, Iraq, ex Jugoslavia... e ultimamente Ucraina, Libia, Siria...
Cosa vuol dire fare il reporter di guerra? Com'è cambiato questo "mestiere"? Perchè è ancora così importante? Come mai tanti giovani vogliono farlo? Quali consigli dargli?
Tante le domande cui cercheremo di dare risposta.
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16 giugno 2016 | Tgcom24 | reportage
Gli occhi della guerra, l’arte imperitura del reportage
Presentazione Gli occhi della guerra e del documentario "Profughi dimenticati" dal nord dell'iraq
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22 ottobre 2009 | Radio24 | intervento |
Mondo
Libertà di stampa
In Italia la libertà di stampa è
sempre più in pericolo per colpa del
solito Cavalierenero,mentregli Stati
Uniti fanno unbalzo in avanti graziealnuovomessiademocraticoBarack
Obama. Lo stabilisce l’annuale
rapportodiReporterssansfrontières,
i giornalisticonil nasino all’insùche
considerano l’Italia alla stregua di
Bielorussia e Zimbabwe. Politicamentecorretti,
hannoelevatogliStati
Uniti dal 40˚ posto al 20˚, solo perché
non c’è più George W. Bush. E
declassato l’Italia al 49˚. Obama ha
incassato un Nobel per la pace preventivoeconquistatol’aureola
della
libertà di stampa.Nonche negli Usa
mancasse, ma è curioso che il 15
maggio proprio i Reporter senza
frontiere (Rsf) lanciavano strali contro
il nuovo inquilino della Casa
Bianca. «L’organizzazione è delusa
dalladecisionedelpresidente(Obama)
diporreilvetosullapubblicazione
delle 44 fotografie che ritraggono
l’esercitoamericanomentreabusae
torturai prigionieriafghanieiracheni
», si legge inuncomunicato di Rsf.
Jean-Francois Julliard, segretario
generalediRsf,ammettechenelbalzoinavantidegliUsahacontato
«l’effetto
Obama». Peccato che la Casa
Biancastiasparandocannonateverbalicontrola
tvFoxNewsreadicriticare
il presidente. «Non è più un organo
di informazione», «li tratteremocome
un partito d’opposizione»
hanno tuonato i portavoce. La Fox è
da tempo esclusa dalle interviste ad
Obama, limitata nell’accesso alle
fonti governative e ai suoi giornalisti
vengononegate ledomandedurantegliincontriconlastampaallaCasa
Bianca. L’editore dell’agguerrita tv è
RupertMurdoch.Rsfnonsimobilita
moltoper lasuaFoxnegli Usa,main
Italialodifende,considerandolominacciato
da Silvio Berlusconi.
Sui 175 Paesi nella classifica sulla
libertà di stampa siamo scivolati dal
35˚postodel 2007,quandoc’eraRomanoProdi,
al44˚delloscorsoanno
e al 49˚ odierno.Unabocciatura che
nonsi capisce benecomesalti fuori.
Nella classifica l’Italia si è beccata
12,4 voti negativi. I voti si basano su
un questionario, che è stato consegnato
a diverse decine di giornalisti,
professoriuniversitari,attivistideidirittiumanieavvocatidelnostroPaese.
Nonostante le richieste del Giornale
la lista dei «giurati» è segreta.
Peroraanchele12,4bacchettatesulla
libertà di stampa non sono state
ufficializzate. Sfogliando il facsimile
delquestionarioèovviocheinItaliai
giornalistinonvengonoammazzati,
torturatiosbattutiincarcerebuttandovia
la chiave.Comeaccadein Eritrea,
inTurkmenistaneinIran,gliultimi
tre Paesi della classifica di Rsf.
Nonèmaicapitatocheleforzearmateoilgoverno
abbianochiusoconla
forza giornali o televisioni, come si
chiede nel questionario.
SecondoRsf«lepressionidelCavaliere
sui media, le crescenti ingerenze
», ma pure «le violenze di mafia
controi giornalisticherivelano le attività
di quest’ultima eundisegno di
legge che ridurrebbe drasticamente
lapossibilitàperimediadipubblicareleintercettazionitelefoniche,
spiegano
perché l’Italia perda posizioni
per il secondo anno consecutivo».
Julliard, capoccia dell’organizzazione,
avevagiàannunciatoildeclassamento
in occasione della manifestazione
sulla libertà di stampa del 3
ottobre scorso a Roma. Al fianco di
SabinaGuzzanti,lacomicaantiCav,
minacciò:«Troppepressionisuimedia,
SilvioBerlusconirischiadi finire
nella lista dei predatori della libertà
di stampa» come la mafia. «L’Italia
nonguadagneràcertoposizioni»,avvertì.
Il preveggente francese ha però
sbagliato qualche calcolo. Il nostro
Paeseèstato retrocessoancheper le
querele miliardarie di Berlusconi a
Repubblica e altri giornali. ScorrendolaclassificadiRsfsiscoprechesiamo
stati battuti pure dal Sud Africa,
piazzato al 33˚ posto. Peccato che il
discutibile presidente sudafricano,
JacobZuma,abbia querelato perun
milione di dollari il vignettista JonathanShapiro.
Nonsolo:unprogrammasulla
satira è stato censuratodue
volte in tv,maZuma,si sa, èpiù simpatico
del Cav.
www.faustobiloslavo.eu
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14 gennaio 2019 | Peter Pan Radio Rai FVG | intervento |
Mondo
I bambini e la guerra
In 35 anni di reportage i drammi dei bambini, le vittime innocenti dei conflitti
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20 ottobre 2009 | Radio Uno | intervento |
Mondo
Rassegna stampa - Ultime da Babele
Cmmento ai giornali fra il mito del posto fisso ed i problemi del Medio Oriente.
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25 agosto 2010 | Radio 24 | intervento |
Mondo
Professione: Reporter di guerra
"NESSUN LUOGO E' LONTANO" è il nuovo programma di approfondimento di esteri di Radio 24. Giampaolo Musumeci parla della professione reporter. Come si racconta la guerra? Esiste un modo giusto? Come si fa il giornalista di guerra e come è cambiato il mestiere? Le testimonianze di chi lo ha fatto per anni e chi lo fa tuttora.
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08 dicembre 2010 | Nuova Spazio Radio | intervento |
Mondo
La fronda di Wikileaks
Oltre alle manette Julian Assange, fondatore di Wikileaks, deve preoccuparsi delle diserzioni della sua ciurma di pirati informatici e sostenitori. Negli ultimi mesi Assange ha perso per strada il suo braccio destro, il tedesco Daniel Domscheit-Berg ed Herbert Snorrason, il giovane hacker che teneva in piedi il sito nel “rifugio” islandese. Domscheit-Berg, ex hacker, è stato il principale portavoce di Assange per tre anni, con il nome falso di Daniel Schmitt. Ispiratore del Chaos computer club, una comunità di pirati informatici, ha cominciato ad entrare in rotta di collisione con il capo per le rivelazioni dei rapporti militari sulla guerra in Afghanistan. Non solo: Wikilekas sta operando in maniera così segreta da assomigliare sempre più alle intelligence che intende mascherare.
In Islanda la perdita più grave è quella della parlamentare Birgitta Jonsdottir, un’entusiasta della prima ora di Wikileaks. La deputata. che andrebbe d’accordo con Beppe Grillo, si batte per far passare una legge che trasformerebbe l’isola nel miglior rifugio per gente come Assange. Anche molte associazioni noprofit hanno preso le distanze, quando ha pubblicato i documenti della guerra in Afghanistan. Il discusso guru informatico non ha voluto emendare i nomi dei collaboratori della Nato, che adesso rischiano la vita. Prima fra tutti, a mollare l’australiano, è stata l’organizzazione di giornalisti, che pende a sinistra, Reporter senza frontiere.
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