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Intervista
30 giugno 2017 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
“Adesso portiamoli tutti in Tunisia”
Paolo Quercia, direttore del centro studi Cenass, ha appena terminato una ricerca su «Migrazioni e sicurezza» per l\'unità di analisi del Ministero degli Affari esteri, che verrà presentata in settembre. Un lavoro pure sul campo, in Sudan, che spiega nei dettagli come e perché i flussi migratori sono diventati un problema di sicurezza.
Chiudere i porti alle navi delle Ong risolve il problema?
«È una minaccia comprensibile, ma non basta. Se le navi delle Ong entrano nelle acque italiane e poi vengono lasciate fuori dai porti rischiamo un disastro umanitario nelle nostre acque ed i porti verranno riaperti. Bisogna impedire l\'accesso alle acque territoriali alle Ong che non rispettano alcune condizioni minime di collaborazione con l\'Italia. E lasciare attraccare solo le navi battenti bandiera europea, a patto che i paesi di bandiera contribuiscano alla redistribuzione dei migranti. Altrimenti vietiamo gli ormeggi pure a loro. Il diritto del mare lo consente: trasportare persone in violazione delle leggi sull\'immigrazione è un reato, che rende un atto ostile l\'attraversamento delle acque territoriali».
È realistico che le navi al posto dei porti italiani attracchino in Francia, Spagna, nei paesi Ue minori come Malta, Slovenia e Croazia o in Tunisia?
«I paesi Ue non lo permetteranno mai, almeno di fronte a numeri così alti di migranti perché sanno che se lo facessero il flusso aumenterebbe ancor più. Ricordiamo poi che molte hanno bandiere di comodo. Diverso è il caso della Tunisia. Con i dovuti incentivi la Ue potrebbe convincere Tunisi a creare gli hot spot (per il controllo di chi ha diritto di venire in Europa come profugo nda) sul suo territorio grazie ad un accordo simile a quello con la Turchia. Il flusso andrebbe a scemare perché i migranti verrebbero sbarcati in Africa e non in Europa. La prospettiva sarebbe quella di restare in un campo delle Nazioni Unite, come ce ne sono a decine in Sudan, dove i migranti però non si fermano. Dalla Tunisia potrebbero ripartire verso l\'Europa solo i veri perseguitati e rifugiati».
Il ricollocamento in Europa dei migrati giunti da noi è un fallimento. Cosa si può fare?
«Convincere l\'Europa a distribuire i migranti nei vari paesi è una causa persa. Piuttosto l\'Europa deve provare a ridurre le partenze lavorando con i paesi di transito dell\'Africa sub sahariana, almeno fino a quando non sarà possibile farlo con la Libia come in passato».
In realtà i paesi di transito fanno ben poco
«Certo, ma sono nazioni che hanno milioni di problemi. Bisogna aiutarli a controllare le loro frontiere con una missione di polizia Ue. Se non si possono controllare i confini libici allora presidiamo quelli dei paesi limitrofi: Niger, Chad e Sudan».
Come si possono colpire con efficacia i trafficanti?
«Grazie al modello utilizzato con i pirati somali. Ovvero colpendo i trasferimenti finanziari dei trafficanti, il riciclaggio dei loro proventi, che spesso avviene in Europa ed impedendo i pagamenti dalla diaspora ai trafficanti per pagare i viaggi dei migranti. È necessario costituire una lista nera dell\'Onu o Ue con i nomi dei trafficanti e di chi collabora finanziariamente con questi criminali bloccando i loro beni».
[continua]

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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

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26 agosto 2023 | Tgcom24 | reportage
Emergenza migranti
Idee chiare sulla crisi dagli sbarchi alla rotta balcanica.

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26 settembre 2012 | Uno Mattina | reportage
I lati oscuri (e assurdi) delle adozioni
Con mia moglie, prima di affrontare l’odissea dell’adozione, ci chiedevamo come mai gran parte delle coppie che sentono questa spinta d’amore andavano a cercare bambini all’estero e non in Italia. Dopo quattro anni di esperienza sulla nostra pelle siamo arrivati ad una prima, parziale e triste risposta. La burocratica e farraginosa gestione delle adozioni nazionali, grazie a leggi e cavilli da azzeccagarbugli, non aiutano le coppie che vogliono accogliere un bimbo abbandonato in casa propria, ma le ostacolano.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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