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06 dicembre 2018 - Attualità - Italia - Il Giornale
Affonda la missione Sophia Salvini: “Ora regole nuove”
Fausto Biloslavo
Pietra tombale sulla missione Sophia, che ha scaricato quasi 45mila migranti nei porti italiani. L\'epitaffio l\'ha annunciato ieri mattina il ministro dell\'Interno Matteo Salvini rinfocolando l\'ennesimo fronte di scontro con l\'Europa. «Riguardo alla revisione del piano operativo di Sophia il cui mandato scade il 31 dicembre, manteniamo ferma l\'indisponibilità dell\'Italia a continuare ad attuare le procedure di sbarco che vedono solo i porti italiani quali punti sicuri di approdo» ha dichiarato ieri il vice premier della Lega durante l\'audizione al Comitato parlamentare Schengen. 
Dal 2015, quando è stata varata la missione navale europea che avrebbe dovuto fermare i trafficanti libici, ben 44.916 migranti recuperati in mare sono stati fatti sbarcare nei nostri porti. Dalla scorsa estate il governo italiano ha lanciato un ultimatum ai partner europei per rivedere le regole d\'ingaggio. La proposta di Roma si basa sulla rotazione dei porti di sbarco dei migranti fra i diversi paesi europei, che nella stragrande maggioranza partecipano alla missione Eunavformed ribattezzata Sophia. Da settembre la trattativa si è arenata con Francia, Ungheria, Belgio e Croazia trincerati sulla linea dura. 
«Al momento non si sono registrati significativi progressi sul negoziato - ha sottolineato Salvini - In assenza di convergenza sulla nostra posizione ritengo che non appaia opportuna la prosecuzione della missione», che scade a fine anno. Più tardi il ministro dell\'Interno ha rincarato la sfida all\'Europa con un tweet: «Ci hanno dati per scontati per troppo tempo, l\'Italia rialza la testa».
I migranti sbarcati dalla missione Sophia sono il 9% del totale degli arrivi negli ultimi tre anni, ma il problema è che Eunavformed era nata per schiacciare i trafficanti di esseri umani. Nonostante i 151 sospetti, soprattutto scafisti, consegnati alle autorità italiane e le 551 imbarcazioni affondate o sequestrate, la flotta europea non è mai riuscita a fermare il business dei migranti. Sophia ha fallito la fase decisiva e finale dell\'operazione nelle acque territoriali libiche e anche a terra per smantellare le reti dei trafficanti di uomini. Le scassate autorità di Tripoli si sono sempre opposte, spalleggiate dall\'Onu e l\'Europa non ha avuto gli attributi per forzare la mano. 
L\'aspetto paradossale è che il comandante della missione sia sempre stato un italiano, l\'ammiraglio Enrico Credendino. A bordo della nave anfibia San Marco continua a coordinare tre unità navali e 6 mezzi aerei. Fino ad oggi l\'Italia ha speso oltre 200 milioni di euro per l\'operazione Sophia fortemente voluta da Federica Mogherini, Alta rappresentante Ue, che non è riuscita a trovare un compromesso sui porti di sbarco. 
Salvini oltre all\'epitaffio per Sophia ha snocciolato i dati della «sua» vittoria sul traffico di esseri umani: negli ultimi sei mesi gli sbarchi dei migranti sono diminuiti dell\'83% rispetto allo stesso periodo dell\'anno precedente. Le navi di Sophia sono in linea con 2290 migranti portati in Italia rispetto agli oltre 11.600 del 2017. Gli arrivi dalla Libia da giugno sono crollati del 92% e di conseguenza è stato presentato il 60% in meno di domande di asilo. E quelle respinte sono salite dal 58% del 2017 al 66%. 
L\'unico bidone riguarda sempre l\'Europa. Salvini ha annunciato che la procedura di ricollocamento negli altri stati Ue dei profughi sbarcati in Italia si è «sostanzialmente conclusa con 12.723 trasferimenti». Poco più di un terzo dei 34.953 previsti.

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10 giugno 2008 | Emittente privata TCA | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /2
Negli anni 80 lo portava in giro per Milano sulla sua 500, scrive Panorama. Adesso, da ministro della Difesa, Ignazio La Russa ha voluto visitare a Bolzano la mostra fotografica Gli occhi della guerra, dedicata alla sua memoria. Almerigo Grilz, triestino, ex dirigente missino, fu il primo giornalista italiano ucciso dopo la Seconda guerra mondiale, mentre filmava uno scontro fra ribelli e governativi in Mozambico nell’87. La mostra, organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti, espone anche i reportage di altri due giornalisti triestini: Gian Micalessin e Fausto Biloslavo.

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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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