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10 gennaio 2019 - Il fatto - Italia - Il Giornale
Sbarchi è allarme rosso “Un esercito di kamikaze”
Il rischio è che arrivi «un esercito di kamikaze in Italia». La deposizione shock di un mezzo pentito ha alzato il velo sull\'intreccio fra l\'immigrazione clandestina dalla Tunisia e il terrorismo. E fatto scattare l\'operazione Abiad del Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri, che ha interessato ieri le province di Palermo, Trapani, Caltanissetta e Brescia. La Procura distrettuale antimafia del capoluogo siciliano ha emesso 15 mandati di cattura per smantellare una rete composta da tunisini, due italiani e un marocchino, che rappresentava «un\'attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale». Sette sono ancora latitanti compreso uno dei capi, Khaled Ounich, che inneggia alla guerra santa e al Califfato facendo proselitismo e propaganda via social network.
Non solo associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell\'immigrazione clandestina, ma anche istigazione al terrorismo. La rete garantiva viaggi veloci e sicuri nel tratto di mare fra la Tunisia e la Sicilia ai clandestini che erano disposti a pagare 5.000 dinari tunisini, circa 1.500 euro. A bordo, però, sarebbero saliti anche dei ricercati per reati comuni o ancora peggio dei terroristi. Per loro la tariffa veniva raddoppiata a 3.000 euro. Uno degli arrestati, Monji Ltaief ha tranquillamente raccontato in un bar di Marsala «che a bordo di un gommone» sfuggito alla guardia costiera tunisina e diretto in Italia «c\'erano anche tre barbuti» come vengono definiti i militanti jihadisti. 
«Sedici volte sono andato in Tunisia, sedici volte vado in Tunisia e torno», diceva al telefono un\'indagato senza sapere di essere intercettato. Assieme ai clandestini venivano imbarcate anche sigarette di contrabbando. Il tragitto fino alla Sicilia durava appena tre ore e mezzo. Si tratta dei cosiddetti «sbarchi fantasma», grazie a natanti attrezzati e con motori potenti. Nel 2018 sono stati intercettati dopo l\'arrivo in Sicilia, Calabria o Sardegna 3587 persone, ma chissà quante hanno fatto perdere le tracce. Quasi la metà, 1780, erano tunisini e 552 algerini.
L\'indagine è partita dalle dichiarazione di un mezzo pentito, Arb Ben Said, che nel 2016 ha parlato del pericolo dell\'arrivo di «un esercito di kamikaze» nel nostro paese. Agli inquirenti ha raccontato i suoi timori che «attraverso il sistema di collegamenti via mare dell\'organizzazione che ho conosciuto in Sicilia alcuni terroristi possano giungere in Italia con il loro aiuto». I carabinieri hanno scoperto che Ounich, uno dei capi della rete, è un jihadista in contatto via Facebook con altri militanti pro Stato islamico o Al Qaida. Sul social pubblica frasi come «ogni stato ha il suo turismo e il mio turismo è la guerra santa in nome di Allah». Lo sfondo è il mondo con una donna velata dalla testa ai piedi che indossa probabilmente una cintura esplosiva ed un mujahed in mimetica armato di kalashnikov. Non mancano video e immagini di guerra dalla Libia alla Siria e sgozzamenti dei prigionieri. Per Ounich, ancora latitante, «c\'è solo una morte e per questo dev\'essere in nome di Allah». Oppure ricorda a tutti che «il paradiso è sotto l\'ombra delle spade».
La rete procurava anche documenti falsi ed i capi investivano i proventi del traffico occultandoli «in proprietà immobiliari» o depositandoli «in banche tunisine su conti fittiziamente intestati» scrive l\'accusa. Ltaief, uno degli arrestati, ha ammesso durante un\'intercettazione di avere «suscitato l\'attenzione del Battaglione Anti-Terrorismo Tunisino il quale starebbe svolgendo delle investigazioni volte ad accertare la finalità di sospette operazioni finanziarie».
[continua]

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16 marzo 2012 | Terra! | reportage
Feriti d'Italia
Fausto Biloslavo racconta le storie di alcuni soldati italiani feriti nel corso delle guerre in Afghanistan e Iraq. Realizzato per il programma "Terra" (Canale 5).

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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni. Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra. Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti. Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti. Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata». Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.

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29 dicembre 2011 | SkyTG24 | reportage
Almerigo ricordato 25 anni dopo
Con un bel gesto, che sana tante pelose dimenticanze, il presidente del nostro Ordine,Enzo Iacopino, ricorda davanti al premier Mario Monti, Almerigo Grilz primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 19 maggio 1987 in Mozambico.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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