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22 gennaio 2019 - Apertura - Libia - Il giornale.it
Tutte le “balle” delle Ong sul gommone con i migranti
Fausto Biloslavo La situazione è terribile e “il gommone imbarca acqua”, ma non era vero, come dimostra una foto in possesso de il Giornale. “Non collaboriamo con i trafficanti” anche se a bordo c’è uno scafista che aveva il satellitare per chiamare le Ong. Le autorità di Malta,  Italia e Libia sono state subito informate del natante in difficoltà, ma a Roma la comunicazione arriva oltre due ore dopo. “Tripoli non risponde” anche se in realtà non solo assume la responsabilità dell’operazione, ma dirotterà un mercantile per soccorrere i migranti. Queste sono alcune “balle” raccontate dalle Ong nella giornata di domenica sulla vicenda del gommone con 100 migranti a bordo, che sembrava dovesse affondare da un momento all’altro. L’informazione “umanitaria” via social è stata manipolata e drammatizzata ad arte per provocare l’indignazione contro l’Italia, Malta e l’Europa che se ne fregano dei migranti in mare. Per non parlare della Libia che non li soccorre e quando lo fa li deporta illegalmente facendoli tornare nei “lager”. L’ultimo allarme è delle 16.20 di ieri. Alcuni sopravissuti del mancato naufragio dei 100 sul gommone hanno richiamato Alarm phone, il centralino dei migranti: “Si sono resi conto che stanno tornando in Libia e dicono che preferirebbero uccidersi piuttosto che sbarcare”. La situazione di stallo e l’amplificazione delle minacce di suicidio convincerà, la prossima volta, qualsiasi mercantile ad evitare di soccorrere i migranti rischiando di rimanere bloccati con un aggravio non indifferente di costi.  Alle 12.20 di domenica, sempre Alarm phone, twittava che “il natante imbarca acqua” annunciando pure che un bambino stava morendo. Poi c’è stata un’escalation di notizie drammatiche sui migranti congelati, che starebbero per morie e per affondare. Nella foto scattata verso le 17 da un velivolo probabilmente spagnolo della missione europea Sophia, che il Giornale.it pubblica, si vede chiaramente il gommone stracarico, che non imbarca acqua e naviga seppure lentamente. A bordo non deve fare caldo, ma qualcuno è pure scalzo con i piedi in acqua. I migranti non sarebbero arrivati neppure nelle acque di soccorso maltesi, ma non stavano affondando. A poppa si nota un africano con un giubbotto rosso, che manovra il gommone. Il “migrante”, in realtà, è il sospetto scafista, che probabilmente aveva il satellitare Thuraya utilizzato per avvisare le Ong. “Non collaboriamo con i trafficanti” ribadisce Maurice Stierl, dalla Germania, a nome di Alarm phone. “Dal gommone non abbiamo parlato sempre con lo stesso uomo, ma pure con una donna  e altre persone” spiega il ricercatore dell’università di Warwick.  Il centralino dei migranti risponde, guarda caso, ad un numero con il prefisso francese. Stierl sostiene che il numero viene “distribuito  a tutti attraverso campagne on line ed i nostri contatti in Africa”. La Guardia costiera italiana, in passato, ha individuato più volte chiamate di soccorso da satellitari o cellulari libici arrivate anche da terra dai trafficanti, che si spacciavano per familiari dei migranti imbarcati sui gommoni. Domenica l’Ong sosteneva di “essere stata allertata alle 10” del gommone con i 100 a bordo e poi di avere ricevuto “la prima posizione alle 11”. Alarm phone ha specificato di avere informato subito l’Italia, Malta e la Libia. Però la Guardia costiera italiana ha rivelato che è stata avvisata oltre due ore dopo “verso le 13.15 senza denunciare particolari drammaticità a bordo” del gommone. Forse l’Ong tedesca con la nave Sea watch 3, che da quattro giorni si trova al largo della Libia, sperava di recuperare i  migranti, ma era troppo lontana. Per tutta la giornata di domenica le Organizzazioni non governative coinvolte hanno sparato a zero contro i libici che “non rispondono al telefono” o rimandano indietro le mail accusando Tripoli di lasciare affogare i migranti. In realtà la Guardia costiera libica ha assunto il coordinamento del soccorso verso le 15, ma era già impegnata in due salvataggi e non aveva mezzi a disposizione. A questo punto ha allertato i mercantili della zona e dirottato la Lady Sham con bandiera della Sierra Leone che metterà in salvo tutti i migranti durante la notte riportandoli a Misurata.  Quando è chiaro che i libici sono intervenuti le Ong cambiano musica. Le accuse di mancato intervento si trasformano in una denuncia “di violazione della legge internazionale” per avere riportato “nell’inferno libico le persone da 24 ore in mare”. Ancora ieri alle 18.15 Alarm phone informava di “avere parlato” con diversi migranti a bordo del mercantile di fronte a Misurata “che pensavano di venire sbarcati in Italia. Il respingimento in Libia è stato uno schock”.   Un altro aspetto poco chiaro delle operazioni delle Ong negli ultimi giorni riguarda il loro velivolo di ricognizione, Moonbird dei “Piloti umanitari svizzeri”. Lo scorso luglio le autorità maltesi lo avevano bloccato, ma in ottobre i tedeschi di Sea watch annunciavano che avrebbe ripreso i voli da una nuova base, che non volevano indicare per evitare altri divieti. Il Giornale ha scoperto con una app per tracciare le rotte dei velivoli, che Moonbird continua a fare base nell’aeroporto internazionale di Malta. Le destinazioni non sono note e la tracciatura della rotta ad un certo punto si interrompe. Secondo un pilota militare italiano di lunga esperienza “spengono il transponder per non fare vedere dove vanno alla ricerca dei barconi”. Il 18 gennaio quando si è verificata la tragedia del gommone affondato con un centinaio di persone Alarm phone aveva ricevuto la telefonata da un altro natante attivando Moonbird. Il velivolo ha individuato il nuovo gommone. Poi Sea watch 3 ha recuperato 47 migranti, che sono sempre a bordo al largo della Libia. Moonbird era a Malta il 17 gennaio ed è rientrato alla base il 19. Probabilmente il 18 si è fermato in Tunisia o chissà dove. Il problema è che i 47 migranti “salvati” scateneranno il nuovo braccio di ferro su dove sbarcarli con Malta, l’Italia e l’Europa.  
[continua]

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