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Reportage
08 febbraio 2019 - Controstorie - Siria - Il Giornale
La Berlino mediorientale In prima linea tra curdi, americani, russi e turchi
Fausto Biloslavo
da Manbij (Siria)
La bandiera di Mosca, bianca, blu e rossa sventola accanto al vessillo del governo siriano a una trentina di chilometri da Manbij, la roccaforte in mano ai curdi, che i turchi vogliono spazzare via. Le truppe di Mosca garantiscono una zona cuscinetto sul fianco ovest della città lungo la strada che porta ad Aleppo. A nord sventola la bandiera a stelle e strisce su una base avanzata dei corpi speciali americani, che a loro volta pattugliano con i curdi il fronte sul fiume Sajor. Dall\'altra parte i soldati turchi e i loro alleati si preparano alla spallata quando i duemila uomini dispiegati dagli Usa nel nord est della Siria si ritireranno come ha annunciato il presidente Donald Trump. 
«Non ci fidiamo né dei russi, né degli americani, ma collaboriamo con entrambi per mantenere la sicurezza e fermare i turchi», spiega in perfetto stile levantino, il comandante Jamal Abu Juma. Ogni mattina i suoi uomini pattugliano l\'area con due blindati della polizia militare russa per mantenere lo status quo a Manbij, epicentro del risiko che si sta giocando in questo angolo strategico del conflitto siriano. «I gruppi jihadisti appoggiati da Ankara si ammazzano fra loro. Ogni giorno c\'è un conflitto a fuoco. Per non parlare dei sequestri per ottenere un riscatto. Non rispettano neppure le donne», si lamenta il paffuto comandante del Consiglio militare locale di Al Bab, alleato delle Forze democratiche siriane guidate dai curdi. «Fra le violenze jihadiste e le minacce di attacco turco la gente è terrorizzata», spiega Abu Juma. Per ora i russi a ovest, americani e francesi a nord sembrano arginare le mire del «sultano» Erdogan, ma la minaccia contro i curdi bollati come «terroristi» è reale.
«Sessantamila soldati turchi sono pronti ad attaccarci», sostiene un generale delle Forze democratiche siriane, che preferisce non fare il proprio nome. Sul voltafaccia americano nei confronti dei curdi utilizzati come carne da cannone per eliminare lo Stato islamico non sembra molto preoccupato. «Stiamo negoziando con Damasco, attraverso i russi, il futuro del paese - rivela il generale - Non vogliamo l\'indipendenza, ma una forte autonomia nel Rojava, uno stato federale (il 25% del territorio controllato dai curdi nel Nord Est della Siria nda)».
La scaletta del negoziato prevede di mantenere «l\'unità territoriale siriana» e di includere le Forze democratiche (Sdf) a guida curda nell\'esercito regolare. I curdi avranno dei seggi garantiti nel parlamento di Damasco. E nelle scuole si insegnerà la loro lingua.
Il risiko siriano si concentra su Manbij, una cittadina tranquilla, che con il suo entroterra ha una popolazione di mezzo milione di persone. I kamikaze jihadisti stanno cercando di infiltrarsi per seminare il panico, come è accaduto lo scorso mese quando un terrorista ha fatto fuori quattro americani in una via molto trafficata. «Abbiamo segnalazioni di un\'autobomba che starebbe arrivando da nord» ci spiegano, come se fosse assolutamente normale, appena arrivati al quartier generale delle forze curde.
A nord della città, lungo il fiume Sajor, corrono i dieci chilometri di prima linea davanti alle unità turche e del Libero esercito siriano, uno dei primi gruppi ribelli anti Assad. «I soldati turchi è facile individuarli dalla bandiera sull\'uniforme, l\'equipaggiamento e i mezzi più moderni», fa notare il giovane comandante armato di binocolo. Da una delle tante postazioni che spuntano come funghi su un terreno bucolico i miliziani curdi aspettano la guerra che verrà a poche centinaia di metri da un villaggio di case bianche a basse presidiato dai turchi e dai ribelli siriani. 
«Ankara fa parte della Nato. Siete voi che dovete fermarli in quanto alleati. Altrimenti lo faremo noi, anche se ci massacreranno con aerei e droni», osserva Abu Sajor, nome di battaglia del comandante, che deriva dal fiume della prima linea. Una colonna di blindati con la bandiera a stelle e strisce al vento ci sfreccia accanto. L\'ufficiale di 28 anni con lo sguardo triste non ha dubbi: «Gli americani? Se i turchi attaccano confido solo sui miei uomini».
[continua]

video
08 settembre 2013 | Tg5 | reportage
La battaglia di Maalula perla cristiana
Fausto Biloslavo, appena arrivato in Siria si trova al centro degli scontri tra governanti e ribelli. Il video terribile ed il racconto della battaglia

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25 gennaio 2016 | Tg5 | reportage
In Siria con i russi
La guerra dei russi in Siria dura da 4 mesi. I piloti di Mosca hanno già compiuto 5700 missioni bombardando diecimila obiettivi. In queste immagini si vedono le bombe da 500 o 1000 chili sganciate sui bersagli che colpiscono l’obiettivo. Un carro armato della bandiere nere cerca di dileguarsi, ma viene centrato in pieno e prende fuoco. In Siria sono impegnati circa 4mila militari russi. La base aerea a 30 chilometri dalla città siriana di Latakia è sorvolata dagli elicotteri per evitare sorprese. Le bombe vengono agganciate sotto le ali a ritmo continuo. I piloti non parlano con i giornalisti, ma si fanno filmare con la visiera del casco abbassato per evitare rappresaglie dei terroristi. Il generale Igor Konashenkov parla chiaro: “Abbiamo strappato i denti ai terroristi infliggendo pesanti perdite - sostiene - Adesso dobbiamo compiere il prossimo passo: spezzare le reni alla bestia”. Per la guerra in Siria i russi hanno mobilitato una dozzina di navi come il cacciatorpediniere “Vice ammiraglio Kulakov”. Una dimostrazione di forza in appoggio all’offensiva aerea, che serve a scoraggiare potenziali interferenze occidentali. La nave da guerra garantisce la sicurezza del porto di Tartus, base di appoggio fin dai tempi dell’Urss. I soldati russi ci scortano nell’entroterra dilaniato dai combattimenti. Negli ultimi tre anni la cittadina era una roccaforte del Fronte al Nusra, la costola siriana di Al Qaida. Le bombe russe hanno permesso ai governativi, che stavano perdendo, di riguadagnare terreno. Sul fronte siriano i militari di Mosca usano il blindato italiano Lince. Lo stesso dei nostri soldati in missione in Afghanistan.

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12 settembre 2013 | Tg5 | reportage
Maaalula: i tank governativi che martellano i ribelli
Il nostro inviato in Siria, Fausto Biloslavo, torna nel mezzo dei combattimenti fra le cannonate dei carri armati

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radio

23 gennaio 2014 | Radio Città Futura | intervento
Siria
La guerra continua


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02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento
Siria
Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.

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02 luglio 2015 | Radio24 | intervento
Siria
La famiglia jihadista
"Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli”. E’ uno dei messaggi intercettati sulla strage di Charlie Hebdo scritto da Maria Giulia Sergio arruolata in Siria nel Califfato. Da ieri, la prima Lady Jihad italiana, è ricercata per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La procura di Milano ha richiesto dieci mandati di cattura per sgominare una cellula “familiare” dello Stato islamico sotto indagine da ottobre, come ha scritto ieri il Giornale, quando Maria Giulia è arrivata in Siria. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha spiegato, che si tratta della “prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa”.

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