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Reportage
11 febbraio 2019 - Prima - Siria - Il Giornale
Bombe, droni, macerie, in Siria la battaglia finale per annientare l’Isis
«C olpisci, colpisci, colpisci» urla il combattente curdo con il dito sul grilletto di una mitragliatrice sdraiato sul tetto di una casa trasformata in postazione di prima linea. Il rombo del caccia americano in picchiata gela il sangue. Un attimo dopo il fragore terrificante dell\\\'esplosione di una bomba da 250 chili ti rimbomba nelle orecchie. Una possente colonna di fumo nero si alza velocemente verso il cielo fra le case basse e le palme dell\\\'ultima roccaforte dello Stato islamico nella Siria orientale.
La spallata finale delle Forze democratiche siriane a Baghuz Tahtany è scattata sabato alle 6 del pomeriggio con un pesante fuoco di copertura dell\\\'artiglieria americana e francese della colazione anti Isis. Gli irriducibili seguaci del Califfo sono asserragliati in una cittadina in campo aperto, che non copre un\\\'area superiore ai sei chilometri quadrati, come un quartiere di Roma. Un anno e mezzo dopo la caduta di Raqqa, la storica «capitale» dell\\\'Isis in Siria, anche l\\\'ultimo fazzoletto di terra in mano agli integralisti sta capitolano di fronte all\\\'avanzata dei curdi.
Dalla collina che domina la ridotta delle bandiere nere i combattenti sparano con una mitragliatrice di grosso calibro montata sul retro di un fuoristrada. A meno di un chilometro il martellante appoggio aereo anche con i droni invisibili e silenziosi sta facendo a pezzi gli ultimi nascondigli dei miliziani jihadisti. Una bomba di 500 chili esplode in mezzo alla cittadina sollevando un enorme fungo di fumo nero.
«I terroristi sono ancora 500 o forse più. Quasi tutti combattenti stranieri europei, ceceni, sauditi, afghani, turchi, che non hanno nulla da perdere. E usano i civili, almeno 2000, come scudi umani» spiega al Giornale, Adel Judi, il comandante della brigata Qamishli. Barbone nero, mimetica da battaglia, pistola alla cintola e ultimo mitra americano guida i suoi uomini sul fronte a duecento metri dalle bandiere nere.
Abdallah, che ha perso tutte e due le gambe sulle mine, è riuscito a scappare dalla sacca raggiungendo il primo posto di controllo curdo. A Baghuz Tahtany aveva un negozietto di generi alimentari frequentato dai volontari internazionali della guerra santa. «Ci sono tanti europei e ho visto anche degli italiani, che sono venuti a combattere dal vostro paese - sostiene il venditore senza fornire prove evidenti - Tutta gente che non si arrenderà».
La cittadina è devastata da settimane di combattimenti. Case sventrate, cumuli di macerie per chilometri ed automobili accartocciate. Il paesaggio è lunare.
In alcuni punti le linee sono così vicine, che si vedono bene le donne velate dalla testa ai piedi dei mujaheddin del Califfo in cerca di qualcosa da mangiare per sopravvivere all\\\'assedio. Ogni tanto sfrecciano sulle motociclette i seguaci dell\\\'Isis, che sono il bersaglio preferito dei droni.
Nella notte fra sabato e domenica il cielo sopra il villaggio di Baghuz Tahtany si illumina di traccianti e vampate rosse degli attacchi aerei e con le armi pesanti. Il baccano è infernale. Le granate di mortaio partono con un tonfo sordo e passano sfregolando nell\\\'aria sopra le nostre teste per centrare le postazioni degli ultimi jihadisti. Il primo giorno d\\\'attacco resistono duramente, ma alla fine devono cominciare a ripiegare. Non sarà facile spazzarli via, ma oramai è iniziato il conto alla rovescia per la fine dell\\\'ultima sacca delle bandiere nere.
Le mogli del Califfato scappano con i bambini in braccio percorrendo lunghi tratti a piedi del corridoio umanitario di 8 chilometri aperto dai curdi. I puntini neri delle donne che indossano il velo integrale, come imposto dal Califfato, si vedono bene sulla pianura davanti al villaggio solcata da piste di terra battuta. Se sbagli percorso salti in aria su una mina. «Per metterci in salvo ci affidiamo a dei trafficanti, che promettono di portarci in Turchia pagando 2000 dollari a persona. Ma in realtà ci consegnano ai curdi» raccontano le mogli dell\\\'Isis buttate in un buco nel terreno per ripararsi dal freddo.
Fatima Bakat, siriana di 23 anni nata ad Aleppo è una delle poche che si scaglia contro lo Stato islamico. Dal velo integrale spuntano solo gli occhi. «Tutti i civili vogliono fuggire, ma hanno paura dei mujaheddin. Ci terrorizzano dicendo che se scappiamo i kufar (gli infedeli nda) ci violenteranno - racconta la ragazza con un bambino in braccio - Se scoprono qualcuno in fuga lo ammazzano sul posto».
Molte sfollate sono vedove. I loro mariti hanno perso la vita combattendo per il Califfo. Um Abdullah non è il vero nome di una capetta di un gruppetto di kazake, che intima all\\\'interprete di «non fumare. È haram (peccato) secondo il Corano». La vita nello Stato islamico «era normale prima delle bombe». Alla siriana che ha osato parlare con noi ordina di non chiamare «i curdi fratelli perché sono infedeli».
Dopo qualche giorno all\\\'addiaccio le mogli dell\\\'Isis vengono trasferite in due campi sorvegliati dove vivono circa duemila spose straniere dei mujaheddin, assieme ai loro bambini, comprese due italiane arrivate in Siria dal Veneto. Gli agenti mascherati della Cia e dell\\\'Fbi, che le identificano una ad una sono interessati soprattutto alle occidentali. Pochi giorni fa sono arrivate due canadesi e una tedesca sposata ad un pezzo grosso dell\\\'intelligence del Califfato.
Gli uomini che fuggono sono pochi e talvolta feriti. Barba salafita, sguardi da tagliagole hanno combattuto fino all\\\'altro giorno per l\\\'Isis, ma ovviamente giurano di non avere mai imbracciato un\\\'arma.
[continua]

video
08 settembre 2013 | Tg5 | reportage
La battaglia di Maalula perla cristiana
Fausto Biloslavo, appena arrivato in Siria si trova al centro degli scontri tra governanti e ribelli. Il video terribile ed il racconto della battaglia

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23 gennaio 2014 | Televisione Svizzera Italiana | reportage
I cristiani combattono
I cristiani in Siria vivono fra due fuochi e iniziano a difendersi, armi in pugno. 

Queste sono le giovani reclute del Sutoro, una milizia cristiana nel nord del paese travolto dalla guerra civile. Le immagini sono state girate dagli stessi miliziani.

I cristiani siriaci combattono al fianco dei curdi contro gli estremisti islamici di Al Qaida.

Il nome Sutoro deriva da un’antica preghiera in aramaico, la lingua di Gesù Cristo.

Dall’Europa non partono per la Siria solo volontari della guerra santa islamica.

Ma pure giovani cristiani per proteggere le loro comunità minacciate di estinzione. 
Come raccontano i rappresentanti della diaspora cristiana nel vecchio continente.

Da Locarno è partito per la Siria Johann Cosar, un ex sergente dell’esercito elvetico. 
Ufficialmente per documentare le sofferenze dei cristiani, ma in realtà ha dato una mano ad addestrare la milizia del Sutoro.
Dei volontari cristiani in Siria, giunti dall'Europa, parla il rappresentante del Centro culturale mesopotamico di Locarno

Sait il padre di Johan Cosar, il giovane di Locarno partito per la Siria, è un cittadino svizzero ed esponente di spicco del Partito che ha fondato la milizia cristiana. 

I servizi segreti di Damasco lo hanno arrestato lo scorso agosto.

La famiglia non parla con la stampa ma a Berna il Dipartimento federale degli Esteri è informato del caso.

Il governo siriano sostiene che Sait Cosar sia morto per infarto. 

Duecentomila cristiani sono già fuggiti dalla guerra civile. 
I loro rappresentanti, assieme ai curdi, avevano chiesto all’Onu di partecipare a Ginevra 2, senza ottenere risposta.
Nel futuro della Siria, per i cristiani, è in gioco la sopravvivenza.

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25 gennaio 2016 | Tg5 | reportage
In Siria con i russi
La guerra dei russi in Siria dura da 4 mesi. I piloti di Mosca hanno già compiuto 5700 missioni bombardando diecimila obiettivi. In queste immagini si vedono le bombe da 500 o 1000 chili sganciate sui bersagli che colpiscono l’obiettivo. Un carro armato della bandiere nere cerca di dileguarsi, ma viene centrato in pieno e prende fuoco. In Siria sono impegnati circa 4mila militari russi. La base aerea a 30 chilometri dalla città siriana di Latakia è sorvolata dagli elicotteri per evitare sorprese. Le bombe vengono agganciate sotto le ali a ritmo continuo. I piloti non parlano con i giornalisti, ma si fanno filmare con la visiera del casco abbassato per evitare rappresaglie dei terroristi. Il generale Igor Konashenkov parla chiaro: “Abbiamo strappato i denti ai terroristi infliggendo pesanti perdite - sostiene - Adesso dobbiamo compiere il prossimo passo: spezzare le reni alla bestia”. Per la guerra in Siria i russi hanno mobilitato una dozzina di navi come il cacciatorpediniere “Vice ammiraglio Kulakov”. Una dimostrazione di forza in appoggio all’offensiva aerea, che serve a scoraggiare potenziali interferenze occidentali. La nave da guerra garantisce la sicurezza del porto di Tartus, base di appoggio fin dai tempi dell’Urss. I soldati russi ci scortano nell’entroterra dilaniato dai combattimenti. Negli ultimi tre anni la cittadina era una roccaforte del Fronte al Nusra, la costola siriana di Al Qaida. Le bombe russe hanno permesso ai governativi, che stavano perdendo, di riguadagnare terreno. Sul fronte siriano i militari di Mosca usano il blindato italiano Lince. Lo stesso dei nostri soldati in missione in Afghanistan.

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[altri video]
radio

23 gennaio 2014 | Radio Città Futura | intervento
Siria
La guerra continua


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02 luglio 2015 | Radio24 | intervento
Siria
La famiglia jihadista
"Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli”. E’ uno dei messaggi intercettati sulla strage di Charlie Hebdo scritto da Maria Giulia Sergio arruolata in Siria nel Califfato. Da ieri, la prima Lady Jihad italiana, è ricercata per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La procura di Milano ha richiesto dieci mandati di cattura per sgominare una cellula “familiare” dello Stato islamico sotto indagine da ottobre, come ha scritto ieri il Giornale, quando Maria Giulia è arrivata in Siria. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha spiegato, che si tratta della “prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa”.

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02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento
Siria
Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.

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[altri collegamenti radio]