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13 marzo 2019 - Esteri - Algeria - Panorama
Algeria Perchè la rivolta del Paese può moltiplicare i migranti

“L’Algeria rischia uno scenario siriano” mette in guardia il primo ministro Ahmed Ouyahia, dopo le proteste di massa delle ultime settimane. “Da anni il fuoco covava sotto le ceneri. Se si scatenasse una guerra civile molti lascerebbero il paese e l’unica via di fuga è il mare. La rotta verso la Sardegna non si è mai interrotta” sottolinea l’ex ammiraglio Fabio Caffio. 

La candidatura al quinto mandato del capo dello Stato, Abdelaziz Bouteflika, 82 anni, costretto su una sedia a rotelle da un ictus ha fatto esplodere le manifestazioni di piazza. L’Algeria è un gigante dai piedi d’argilla. Metà della popolazione ha meno di 30 anni e la disoccupazione giovanile si avvicina al 30%. Tutta manovalanza, che chiede un reale cambiamento, non ha nulla da perdere e non mollerà la protesta. Sul sito della nostra ambasciata si legge che “l’Algeria costituisce un partner d’interesse strategico per l’Italia”. Se il paese scoppiasse ci troveremo di fronte ad una Libia all’ennesima potenza. Profughi in fuga sui barconi, terrorismo, interessi economici a rischio e destabilizzazione di tutta l’area. “Se l’Algeria esplodesse il Mediterraneo centrale sarà fuori controllo. Per l’Italia sarebbe lo scenario peggiore” spiega Marco Bertolini, ex generale dei paracadutisti e comandante dei corpi speciali.

Tutti hanno il fiato sospeso in vista di una possibile discesa in campo delle forze armate, che gestiscono il potere reale fin dai tempi dell’indipendenza. L’esercito algerino è il meglio attrezzato del continente dopo il Sudafrica. I militari hanno a disposizione il 6% del Pil, che equivale al 54% della spesa per la Difesa dei paesi del Nord Africa. 

Il comandante effettivo e garante di Bouteflika è il capo di Stato maggiore e viceministro della Difesa, Ahmed Gaid Salah, che si è formato nelle accademie sovietiche. L’ultimo ufficiale di rango superiore ad avere partecipato alla mattanza degli anni novanta, quando le forze jihadiste, che avevano vinto le elezioni cancellate dall’esercito, hanno imbracciato le armi. La guerra civile provocò oltre 150mila morti. Non a caso il generale Salah sta ripetendo il monito: ”C’è chi vuole riportare il paese agli anni della violenza”.

Il 25 febbraio il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha incontrato ad Algeri il capo di stato maggiore, che ha ribadito: “Siamo pronti a sviluppare una maggiore cooperazione tra i nostri eserciti per aumentare la sicurezza nel bacino sud del Mediterraneo, specie per quanto riguarda la lotta al terrorismo”. Difficile se la situazione precipitasse, anche se dal 2005 abbiamo firmato un accordo che “consiste nello sviluppare la cooperazione militare e tecnica tra Italia e Algeria, in uno spirito di reciproca amicizia”. Lo scorso settembre Leonardo ha annunciato la nascita di uno stabilimento in Algeria, che produrrà elicotteri AgustaWestland. Per ora la protesta contro Bouteflika rimane relativamente pacifica, ma “l’Algeria è collegata al Maghreb sul fianco sud, dove non sono debellate le cellule legate all’Isis e di Al Qaida, che puntano ad infilarsi nell’instabilità” osserva Bertolini. L’Algeria è fondamentale anche per la stabilità della Libia e degli altri paesi dell’area. “Una massiccia opera di prevenzione e lotta all’infiltrazione di terroristi è stata posta in essere da assetti algerini lungo le fasce confinarie con Tunisia, Libia e Mali, in uno sforzo che è risultato efficace” si legge nell’ultimo rapporto dei servizi segreti per il Parlamento.

Federico Borsari, ricercatore dell’Ispi, centro studi di geopolitica, sta monitorando la situazione. “E’ come se ci fosse una primavera araba molti anni dopo. Nel 2011 l’avevano evitata temendo il ritorno al bagno di sangue del passato - spiega l’esperto  - L’escalation è possibile, ma tutto dipenderà dalle mosse dell’esercito e del regime. L’Italia e la comunità internazionale sono stati colti di sorpresa dalla velocità e magnitudo della protesta”.

Il nostro paese ha importanti interessi energetici ed economici in Algeria. Sul territorio sono presenti circa 180 imprese italiane, nel paese vive un migliaio di connazionali e ad Algeri abbiamo una nostra scuola. Il grande business riguarda il gas, che importiamo per il 37%, quasi come dalla Russia. “L’Eni ha siglato recenti accordi per nuove esplorazioni off shore - spiega  Borsari - Il problema è che la nostra capacità di incidere anche a livello europeo, per evitare il peggio, è scarsa se non nulla”.

Il gasdotto Transmed di 2200 chilometri, che arriva in Italia porta il nome non ufficiale di Enrico Mattei. In Algeria operano pure altre grandi aziende italiane come l’Ansaldo, Saipem, Enel, Astaldi, Todini, Trevi e Bonatti.

Lo spettro della guerra civile non danneggerebbe solo i nostri interessi energetici ed economici. “Se salta il tappo algerino rischiamo di venire travolti da un’ondata di gente in fuga sui barconi - evidenzia una fonte di Panorama in prima linea sull’immigrazione - Nello scacchiere abbiamo una nave italiana ed un elicottero del Lussemburgo dello schieramento Frontex, che in caso di emergenza potrebbe venire potenziato”.

Il governo algerino ha sempre usato il pugno di ferro deportando alle frontiere, spesso in mezzo al deserto, i migranti sub sahariani. Se il paese sprofondasse nella violenza ed anarchia rischiamo una nuova Libia, ma saranno soprattuto gli algerini a partire con numeri che potrebbero tornare ai picchi delle primavere arabe. La meta preferita degli algerini è la Francia, ma per arrivarci spesso transitano dall’ Italia. Al momento gli arrivi sono minimi, ma la situazione potrebbe cambiare velocemente. La rotta clandestina già tracciata, soprattutto con gli sbarchi fantasma di piccoli e veloci natanti, arriva in Sardegna. Nel 2018 sono 1213 gli algerini giunti in Italia via mare. Dall’inizio dell’anno, il crollo del 95% degli sbarchi, comporta numeri molto bassi, ma gli algerini sono il 15%, la terza nazionalità dopo tunisini e bengalesi.

“L’impegno di Algeri nel contrasto ai flussi migratori illegali verso l’Europa si è accompagnato ad una decisa azione di contenimento della spinta migratoria dal Sud - si legge nel rapporto annuale dei servizi segreti reso noto a fine febbraio - Tutto questo in un Paese la cui tenuta resta nodale per gli equilibri della regione e che si appresta a vivere un delicato passaggio elettorale”. Il voto presidenziale del 18 aprile può fare esplodere la violenza e l’intelligence certifica che attraverso i barconi sono arrivati in Europa anche dei terroristi, seppure in numero limitato. “Trasferimenti effettuati con analoghe modalità - scrivono gli 007 - e quindi da considerarsi “a rischio”, hanno continuato a riguardare anche la tratta Algeria-Sardegna”.  

Fausto Biloslavo



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