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24 marzo 2019 - Attualità - Siria - Il Giornale
“Abbiamo sconfitto il Califfato Regaliamo la vittoria al mondo”
Fausto Biloslavo
«Il cosiddetto Califfato è sconfitto al 100%. Come Stato e territorio non esiste più. Regaliamo questa vittoria al mondo» hanno annunciato ieri i comandanti curdi dopo due mesi e mezzo di furiosa offensiva per spazzare via l\'ultima sacca dello Stato islamico a Baghuz, nella Siria orientale.
Poche ore prima gli irriducibili di Abu Bakr al Baghdadi hanno girato un impressionante video della fine di una battaglia senza speranza. Una bandiera nera sventola innalzata da un tagliagole ragazzino, che si lancia nell\'ultimo assalto suicida. Qualche decina di irriducibili della guerra santa sono stritolati in un fazzoletto di terra e sparano all\'impazzata vendendo cara la pelle con folle coraggio. Non hanno più ripari: in campo aperto con alle spalle il fiume Eufrate vengono martellati da un fuoco micidiale dei combattenti curdi. I caccia americani sganciano una serie di bombe e un\'enorme nuvola di fumo nero si alza verso il cielo. In primo piano un comandante dei tagliagole urla davanti alla telecamera il suo pazzo testamento spirituale. Poi lancia quello che resta dei suoi uomini nell\'assalto kamikaze. È la fine dello Stato islamico in Siria.
Da ieri sul tetto della palazzina comando del grande villaggio di Baghuz, ultima roccaforte jihadista, sventola un\'enorme bandiera gialla delle Forze democratiche siriane. «Un passaggio cruciale» nella lotta contro il terrorismo ha dichiarato il vice inviato speciale degli Stati Uniti della Coalizione internazionale contro lo Stato islamico, William Roebuck, celebrando la vittoria accanto ai comandanti curdi.
Una vittoria costata cara: secondo i dati - tutti da verificare - dell\'Osservatorio siriano con base a Londra, 630 civili sarebbero stati uccisi a Baghuz compresi 209 bambini e 157 donne. Gli irriducibili dell\'Isis li usavano come scudi umani. Almeno 730 combattenti curdi sono caduti, compreso il volontario italiano Lorenzo Orsetti. I combattenti jihadisti rimasti sul terreno sarebbero almeno 1.600 e altri 5mila si sono arresi da gennaio. Le tendopoli come Al Hol scoppiano con 67mila sfollati, soprattutto mogli e figli dell\'Isis.
Mazloum Kobane, comandante delle Forze democratiche siriane, ha ricordato che la guerra contro il Califfato è costata la vita a 11mila dei suoi uomini e donne e altri 21mila sono rimasti feriti. Nel gennaio 2015, nel Nord Est della Siria, una strenua resistenza a Kobane, la Stalingrado curda, ha segnato la prima sconfitta dello Stato islamico. Grazie all\'appoggio aereo, di artiglieria dei corpi speciali alleati e le fornitura di armi Usa, le Forze democratiche siriane hanno strappato chilometro dopo chilometro il territorio occupato dalle bandiere nere. Nel 2017, dopo quattro mesi di assedio, Raqqa, la storica capitale dell\'Isis è stata liberata dando il via all\'inizio della fine, che ha visto il suo epilogo a Baghuz. Dopo la vittoria il comandante delle Forze democratiche ha invitato «il governo centrale di Damasco a scegliere la via del dialogo» garantendo una vasta autonomia ai curdi.
In realtà la minaccia non è del tutto estirpata. «Abbiamo messo fine al Califfato dal punto di vista militare e come stato. L\'Isis, però, ha ancora cellule dormienti e la loro ideologia persiste nell\'area dove hanno governato per anni» spiega Abdel Kareem Umer, il capo delle relazioni internazionali delle Forze democratiche siriane. Almeno 10mila jihadisti sono in semi clandestinità e continuano a colpire con attacchi terroristici mordi e fuggi. Il portavoce dello Stato islamico, Abu Hassan al-Muhajir, nonostante l\'imminente disfatta a Baghuz, aveva rilasciato un messaggio audio proclamando che «il Califfato non è finito» ma sta solo cambiando pelle.

video
19 marzo 2019 | Rai 1 Storie italiane | reportage
Ricordo di Lorenzo volontario con i curdi ucciso dall'Isis


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23 gennaio 2014 | Televisione Svizzera Italiana | reportage
I cristiani combattono
I cristiani in Siria vivono fra due fuochi e iniziano a difendersi, armi in pugno. 

Queste sono le giovani reclute del Sutoro, una milizia cristiana nel nord del paese travolto dalla guerra civile. Le immagini sono state girate dagli stessi miliziani.

I cristiani siriaci combattono al fianco dei curdi contro gli estremisti islamici di Al Qaida.

Il nome Sutoro deriva da un’antica preghiera in aramaico, la lingua di Gesù Cristo.

Dall’Europa non partono per la Siria solo volontari della guerra santa islamica.

Ma pure giovani cristiani per proteggere le loro comunità minacciate di estinzione. 
Come raccontano i rappresentanti della diaspora cristiana nel vecchio continente.

Da Locarno è partito per la Siria Johann Cosar, un ex sergente dell’esercito elvetico. 
Ufficialmente per documentare le sofferenze dei cristiani, ma in realtà ha dato una mano ad addestrare la milizia del Sutoro.
Dei volontari cristiani in Siria, giunti dall'Europa, parla il rappresentante del Centro culturale mesopotamico di Locarno

Sait il padre di Johan Cosar, il giovane di Locarno partito per la Siria, è un cittadino svizzero ed esponente di spicco del Partito che ha fondato la milizia cristiana. 

I servizi segreti di Damasco lo hanno arrestato lo scorso agosto.

La famiglia non parla con la stampa ma a Berna il Dipartimento federale degli Esteri è informato del caso.

Il governo siriano sostiene che Sait Cosar sia morto per infarto. 

Duecentomila cristiani sono già fuggiti dalla guerra civile. 
I loro rappresentanti, assieme ai curdi, avevano chiesto all’Onu di partecipare a Ginevra 2, senza ottenere risposta.
Nel futuro della Siria, per i cristiani, è in gioco la sopravvivenza.

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25 gennaio 2016 | Tg5 | reportage
In Siria con i russi
La guerra dei russi in Siria dura da 4 mesi. I piloti di Mosca hanno già compiuto 5700 missioni bombardando diecimila obiettivi. In queste immagini si vedono le bombe da 500 o 1000 chili sganciate sui bersagli che colpiscono l’obiettivo. Un carro armato della bandiere nere cerca di dileguarsi, ma viene centrato in pieno e prende fuoco. In Siria sono impegnati circa 4mila militari russi. La base aerea a 30 chilometri dalla città siriana di Latakia è sorvolata dagli elicotteri per evitare sorprese. Le bombe vengono agganciate sotto le ali a ritmo continuo. I piloti non parlano con i giornalisti, ma si fanno filmare con la visiera del casco abbassato per evitare rappresaglie dei terroristi. Il generale Igor Konashenkov parla chiaro: “Abbiamo strappato i denti ai terroristi infliggendo pesanti perdite - sostiene - Adesso dobbiamo compiere il prossimo passo: spezzare le reni alla bestia”. Per la guerra in Siria i russi hanno mobilitato una dozzina di navi come il cacciatorpediniere “Vice ammiraglio Kulakov”. Una dimostrazione di forza in appoggio all’offensiva aerea, che serve a scoraggiare potenziali interferenze occidentali. La nave da guerra garantisce la sicurezza del porto di Tartus, base di appoggio fin dai tempi dell’Urss. I soldati russi ci scortano nell’entroterra dilaniato dai combattimenti. Negli ultimi tre anni la cittadina era una roccaforte del Fronte al Nusra, la costola siriana di Al Qaida. Le bombe russe hanno permesso ai governativi, che stavano perdendo, di riguadagnare terreno. Sul fronte siriano i militari di Mosca usano il blindato italiano Lince. Lo stesso dei nostri soldati in missione in Afghanistan.

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[altri video]
radio

23 gennaio 2014 | Radio Città Futura | intervento
Siria
La guerra continua


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02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento
Siria
Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.

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02 luglio 2015 | Radio24 | intervento
Siria
La famiglia jihadista
"Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli”. E’ uno dei messaggi intercettati sulla strage di Charlie Hebdo scritto da Maria Giulia Sergio arruolata in Siria nel Califfato. Da ieri, la prima Lady Jihad italiana, è ricercata per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La procura di Milano ha richiesto dieci mandati di cattura per sgominare una cellula “familiare” dello Stato islamico sotto indagine da ottobre, come ha scritto ieri il Giornale, quando Maria Giulia è arrivata in Siria. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha spiegato, che si tratta della “prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa”.

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