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Reportage
20 aprile 2019 - Attualità - Libia - Il Giornale
Nel cuore della guerra in Libia “Haftar respinto con perdite”
Fausto Biloslavo
Tripoli «L\'offensiva del ribelle Haftar è fallita al 100%» garantisce il comandante libico di un travolgente contrattacco, che ha rimandato indietro le forze dell\'uomo forte della Cirenaica quasi fino a Garyan, roccaforte fra le montagne. Ma durante la notte si sentono forti esplosioni. Una fonte attendibile sostiene che il generale stia scatenando un attacco su Tripoli da tutti i fronti. Fisico asciutto, barbone brizzolato, lungo e ben curato il comandante governativo preferisce non venire citato per nome. In mimetica da deserto non finisce la frase che nell\'aria si sente il ronzio fastidioso di un caccia. «Tairan», aerei, urlano i combattenti governativi e l\'incrocio si svuota in un attimo. Per fortuna la bombetta viene sganciata qualche chilometro più in là, alle nostre spalle, provocando un cratere nell\'asfalto. Davanti a noi le montagne di Garyan si vedono bene, a meno di 10 chilometri. Il comandante Musa alla guida di un fuoristrada blindato ci porta a ridosso della terra di nessuno sulla strada disseminata di bossoli e detriti, che dimostra la furia della battaglia del giorno prima. Le forze governative hanno spinto indietro le truppe del generale Haftar riconquistando Aziziya, oltre 30 chilometri a Sud di Tripoli. «La vedi quella collinetta con le antenne? Un carro armato nemico ci ha martellato per ore fino a quando non siamo riusciti a sloggiarlo» spiega il corpulento Musa con il bagagliaio zeppo di armi e munizioni. Sul terreno suona lontana la proposta franco-italiana di cessate il fuoco scaturita da un incontro a Roma fra il ministri degli Esteri Yves Le Drian e il nostro Enzo Moavero, responsabile della Farnesina. Il mercato di Aziziya è ridotto a pezzi dalla battaglia, alcune case sono sventrate e le strade deserte. Il più classico scenario di guerra senza quartiere. I governativi con le mitragliatrice antiaeree montate sul cassone dei fuoristrada si mimetizzano sotto gli alberi disperdendosi il più possibile per evitare i bombardamenti e i temibili missili Grad. Sul lato destro della strada c\'è una lunga serie di edifici giallognoli tutti uguali, in stile socialista. Li chiamano «cinesi» perchè costruiti con i soldi di Pechino. «In questa palazzine erano annidati i cecchini, che hanno cercato di rallentare il nostro attacco, ma in un solo giorno siamo avanzati di 15 chilometri» spiega il comandante Musa. La prossima settimana francesi e italiani si ritroveranno per mettere a punto una via di uscita, ma in prima linea si preparano nuove battaglie. La telefonata del presidente Donald Trump al generale Haftar del 15 aprile fa infuriare i governativi. La Casa Bianca spiega che Trump ha «riconosciuto il ruolo significativo di Haftar nella lotta al terrorismo e nel proteggere le risorse di petrolio libiche. I due hanno discusso una visione condivisa per la transizione della Libia verso un sistema politico stabile, democratico e politico». Un carro armato abbandonato dell\'Esercito nazionale libico di Haftar ha ancora del sangue sulla corazzai. I governativi si avvicinano mostrando l\'orribile foto di un cadavere sullo stesso tank. Il poveretto di Misurata era stato catturato e legato come uno scudo umano sulla corazza. Nella piazza ribattezzata dei Martiri nel centro di Tripoli, dove il colonnello Gheddafi incitava le folle, sono arrivate dopo la preghiera della sera 5000 persone. Una manifestazione indetta dal governo con tanto di messaggi sui telefonini per «dire no al terrorismo nella capitale». Bambini, uomini, donne velate, rigorosamente con i gilet gialli delle proteste francesi sventolano bandierine libiche. Oltre ad innalzare i faccioni di Haftar e dei suoi padrini stranieri, a cominciare dal presidente Emmanuel Macron, con una «X» rossa dipinta sulla faccia. Sul fronte del campo militare di Yarmuk nel sobborgo sud di Tripoli i rinforzi di Misurata hanno eretto collinette di terra per bloccare la strada. Le truppe di Haftar sono a 500 metri. «Ti conosco mi hai filmato a Sirte durante la battaglia contro Daesh (lo Stato islamico nel 2016 nda). Poi sono stati ferito. Dobbiamo farci un selfie» esordisce un giovane veterano della Sparta libica. La sciabolata metallica dell\'esplosione di una bomba sganciata a poche centinaia di metri ci riporta alla realtà.

video
07 marzo 2011 | TG4 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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18 marzo 2011 | Mattina 5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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05 aprile 2011 | TGCOM | reportage
I video choc dei prigionieri
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[altri video]
radio

12 maggio 2011 | Nuova spazio radio | intervento
Libia
Che fine ha fatto Gheddafi?
Il colonnello Gheddafi è morto, ferito oppure in perfetta forma, nonostante le bombe, e salterà fuori con la sua ennesima e prolissa apparizione televisiva? Il dubbio è d’obbligo, dopo i pesanti bombardamenti di Tripoli. Ieri è ricomparaso brevemente in un video girato durante un incontro, all'insaputa dei giornalisti, nell'hotel di Tripoli che ospita la stampa internazionale.

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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento
Libia
Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

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10 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
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26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento
Libia
Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?

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26 agosto 2011 | Radio Città Futura | intervento
Libia
I giornalisti italiani rapiti a Tripoli


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