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27 giugno 2019 - Interni - Italia - Il Giornale
Salvini come Orban: “Barriere anti-migranti sulla rotta dei Balcani”
Fausto Biloslavo
«Se non si riuscisse a interrompere il flusso d\'ingresso via terra dalle frontiere orientali non escludiamo alcun tipo di intervento compreso quello di barriere fisiche», spiega il ministro dell\'Interno, Matteo Salvini, nella conferenza stampa di ieri pomeriggio al Viminale. La dichiarazione «bomba» passa in secondo piano rispetto all\'emergenza Sea watch, ma dimostra che i migranti arrivano anche via terra nel Nord Est lungo la rotta balcanica. Lo stesso Salvini ammette che i «numeri sono ridotti», per ora. Il problema è che in Bosnia sono bloccati almeno 6mila migranti, ma potrebbero essere di più tenendo conto di quelli non registrati. «E nel nuovo campo non adatto all\'emergenza di Vucijak, vicino al confine nord orientale con la Croazia, tutti sono attaccati alle mappe sui telefonini cercando la strada clandestina migliore per raggiungere Trieste», spiega una fonte sul posto del Giornale.
Ieri mattina Salvini ha sentito Massimiliano Fedriga, il governatore leghista del Friuli-Venezia Giulia. Dal primo luglio scatteranno i pattugliamenti misti italo-sloveni lungo il confine aperto europeo. Il 23 giugno sono stati fermati a Gorizia 40 migranti. Il giorno prima alle porte di Trieste è stato arrestato un passeur con cinque clandestini. In tre giorni sono stati intercettati almeno 150 migranti nel capoluogo giuliano. Cento in una sola mattina e chissà quanti sono riusciti a fare perdere le tracce passando di notte attraverso il Carso triestino. Rispetto ai 428 fermati in tutto il 2018, nei primi cinque mesi di quest\'anno sono già arrivati in 652 escluso giugno. «Contiamo che il pattugliamento misto italo-sloveno dia i suoi frutti - ha dichiarato ieri Salvini - altrimenti a mali estremi, estremi rimedi. Ci sono esempi in Europa di controllo fisico delle frontiere terrestri». Il premier ungherese Viktor Orban ha alzato per primo barriere anti-migranti sui confini, ma oggi pure sloveni e croati stanno erigendo reti e srotolando filo spinato. Questa mattina il governo bosniaco discuterà provvedimenti simili e l\'intervento dell\'esercito sui punti caldi, come la frontiera nord occidentale con la Croazia vicina a Bihac. 
«Spero di non essere costretto ad arrivare a tanto, ma se non si riuscisse di interrompere il flusso d\'ingresso via terra - ha rivelato il ministro dell\'Interno - non escludiamo alcun tipo di intervento compreso quello di barriere fisiche». Un «muro» anti-migranti a Nord Est è ancora lontano, ma se la situazione degenerasse Fedriga chiederà al governo la sospensione del trattato di Schengen, sulla libera circolazione tra i Paesi Ue, per fermare i migranti. Gianfranco Schiavone, ultrà dell\'accoglienza a Trieste, ha spiegato che «da gennaio a giugno ne abbiamo contati un migliaio, ma non possiamo parlare di emergenza. L\'incremento degli arrivi dei migranti dalla rotta balcanica fa parte della normalità dei flussi estivi». Se salta l\' imbuto bosniaco ne arriveranno molti di più. I turchi hanno bloccato, solo in maggio, 27.536 migranti verso la rotta balcanica attraverso l\'Egeo. Dall\'inizio dell\'anno sono passati per la Bosnia quasi in 10mila. Per il 90% sono uomini afghani, iracheni, indiani, bengalesi, marocchini, algerini. Il 40% sarebbero pachistani, che non hanno diritto all\'asilo. A Trieste quando sono stati scoperti in 100 una sola mattina venivano in gran parte dal Pakistan, ma hanno detto subito, imbeccati dalle Ong, di volere presentare domanda di protezione internazionale. E gli agenti italiani non hanno potuto rimandarli indietro.
[continua]

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12 maggio 2020 | Tg5 | reportage
L'infermiera sopravvissuta al virus
L’infermiera ha contratto il virus da un paziente anziano nell’ospedale Maggiore di Trieste A casa non riusciva più a respirare ed è stata trasportata d’urgenza in ospedale Il figlio, soldato della Nato, era rimasto bloccato sul fronte baltico dall’emergenza virus con l’appartamento pieno di medicine l’incubo del contagio non l’abbandonerà mai Due mesi dopo il contagio Svetlana è negativa al virus ma ancora debole e chiusa in casa

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30 aprile 2020 | Tg5 | reportage
L'anticamera dell'inferno
Fausto Biloslavo TRIESTE - “Per noi in prima linea c’è il timore che il ritorno alla vita normale auspicata da tutti possa portare a un aumento di contagi e dei ricoveri di persone in condizioni critiche” ammette Gianfranco, veterano degli infermieri bardato come un marziano per proteggersi dal virus. Dopo anni in pronto soccorso e terapia intensiva lavorava come ricercatore universitario, ma si è offerto volontario per combattere la pandemia. Lunedì si riapre, ma non dimentichiamo che registriamo ancora oltre 250 morti al giorno e quasi duemila nuovi positivi. I guariti aumentano e il contagio diminuisce, però 17.569 pazienti erano ricoverati con sintomi fino al primo maggio e 1578 in rianimazione. Per entrare nel reparto di pneumologia semi intensiva respiratoria dell’ospedale di Cattinara a Trieste bisogna seguire una minuziosa procedura di vestizione. Mascherina di massima protezione, tuta bianca, copri scarpe, doppi guanti e visiera per evitare il contagio. Andrea Valenti, responsabile infermieristico, è la guida nel reparto dove si continua a combattere, giorno e notte, per strappare i contagiati alla morte. Un grande open space con i pazienti più gravi collegati a scafandri o maschere che li aiutano a respirare e un nugolo di tute bianche che si spostano da un letto all’altro per monitorare o somministrare le terapie e dare conforto. Un contagiato con i capelli grigi tagliati a spazzola sembra quasi addormentato sotto il casco da marziano che pompa ossigeno. Davanti alla finestra sigillata un altro paziente che non riesce a parlare gesticola per indicare agli infermieri dove sente una fitta di dolore. Un signore cosciente, ma sfinito, con i tubi dell’ossigeno nel naso è collegato, come gli altri, a un monitor che segnala di continuo i parametri vitali. “Mi ha colpito un paziente che descriveva la sensazione terribile, più brutta del dolore, di non riuscire a respirare. Diceva che “è come se mi venisse incontro la morte”” racconta Marco Confalonieri direttore della struttura complessa di pneumologia e terapia intensiva respiratoria al dodicesimo piano della torre medica di Cattinara. La ventilazione non invasiva lascia cosciente il paziente che a Confalonieri ha raccontato come “bisogna diventare amico con la macchina, mettersi d’accordo con il ventilatore per uscire dal tunnel” e tornare alla vita. Una “resuscitata” è Vasilica, 67 anni, operatrice di origine romena di una casa di risposo di Trieste dove ha contratto il virus. “Ho passato un inferno collegata a questi tubi, sotto il casco, ma la voglia di vivere e di rivedere i miei nipoti, compreso l’ultimo che sta per nascere, ti fa sopportare tutto” spiega la donna occhialuta con una coperta sulle spalle, mascherina e tubo per l’ossigeno. La sopravvissuta ancora ansima quando parla del personale: “Sono angeli. Senza questi infermieri, medici, operatori sanitari sarei morta. Lottano ogni momento al nostro fianco”. Il rumore di fondo del reparto è il ronzio continuo delle macchine per l’ossigeno. L’ambiente è a pressione negativa per aspirare il virus e diminuire il pericolo, ma la ventilazione ai pazienti aumenta la dispersione di particelle infette. In 6 fra infermieri ed un medico sono stati contagiati. “Mi ha colpito la telefonata di Alessandra che piangendo ripeteva “non è colpa mia, non è colpa mia” - racconta Confalonieri con il volto coperto da occhialoni e maschera di protezione - Non aveva nessuna colpa, neppure sapeva come si è contagiata, ma si struggeva per dover lasciare soli i colleghi a fronteggiare il virus”. Nicol Vusio, operatrice sanitaria triestina di 29 anni, ha spiegato a suo figlio che “la mamma è in “guerra” per combattere un nemico invisibile e bisogna vincere”. Da dietro la visiera ammette: “Me l’aspettavo fin dalla prime notizie dalla Cina. Secondo me avremmo dovuto reagire molto prima”. Nicol racconta come bagna le labbra dei pazienti “che con gli occhi ti ringraziano”. I contagiati più gravi non riescono a parlare, ma gli operatori trovano il modo di comunicare. “Uno sguardo, la rotazione del capo, il movimento di una mano ti fa capire se il paziente vuole essere sollevato oppure girato su un fianco o se respira male” spiega Gianfranco, infermiere da 30 anni. Il direttore sottolinea che “il covid “cuoce” tutti gli organi, non solo il polmone e li fa collassare”, ma il reparto applica un protocollo basato sul cortisone che ha salvato una novantina di contagiati. Annamaria è una delle sopravvissute, ancora debole. Finalmente mangia da sola un piattino di pasta in bianco e con un mezzo sorriso annuncia la vittoria: “Il 7 maggio compio 79 anni”.

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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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