“All’esterno della chiesa abbiamo dovuto togliere le croci e le statue. È proibito suonare le campane e possiamo svolgere le funzioni solo all’interno dell’edificio. Per muovermi non devo indossare il saio francescano, ma non abbandoneremo le nostre case e non ci convertiremo» spiega in perfetto italiano via WhatsApp a Panorama, il francescano Hanna Jallouf. Fratello Giovanni, assieme a padre Luay Bsharat, sono gli unici due frati e sacerdoti rimasti nella sacca siriana di Idlib, nel nord-ovest del Paese, controllata dai miliziani jihadisti. Prima della guerra civile i cristiani della zona erano 11 mila, ma adesso sono rimaste 210 famiglie, appena 600 persone, nei villaggi di Knayeh, Yacoubieh e Gidaideh a pochi chilometri dal confine turco.
«Siamo custodi della Terra Santa. San Paolo sulla via di Damasco è passato qui vicino. Nel 2015 sono stato rapito con 17 miei fedeli. Volevano convertirci a forza, ma noi non abbandoneremo mai la nostra fede» afferma ancora fratello Giovanni. La comunità cristiana di Siria ridotta al lumicino dal conflitto e dalla persecuzione jihadista è delusa e molto critica nei confronti di Papa Francesco accusato addirittura di «tradimento» per avere preso le difese dell’ultima sacca jihadista di Idlib martellata dai bombardamenti russi e sotto attacco dei governativi. Il coraggioso Giovanni ha le idee chiare: «La Chiesa non deve intervenire perché sono stati compiuti misfatti da una parte e dall’altra. Se vuole farlo bisogna denunciare che anche i ribelli lanciano razzi sui villaggi cristiani vicini a noi di Skelbieh e Mihard, ma in zona governativa. Sono morti catechisti, donne e bambini. Nessuno parla di queste vittime».
Il 22 luglio il cardinale Peter Turkson, prefetto vaticano per lo Sviluppo umano e il nunzio apostolico a Damasco, cardinale Mario Zenari, hanno consegnato al presidente siriano, Bashar al-Assad, una lettera del Santo Padre. Il testo integrale non è stato reso noto, ma il Papa ha espresso la sua «profonda preoccupazione» per la «situazione umanitaria in Siria, con particolare riferimento alle drammatiche condizioni della popolazione civile a Idlib». Bergoglio ha chiesto ad Assad di mettere fine «alla catastrofe umanitaria» nell’area jihadista e sollecitato «il rilascio dei detenuti, l’accesso delle famiglie alle informazioni sui loro cari e condizioni umane per i prigionieri politici».
Nell’ultima sacca di Idlib si sono ritirate e asserragliate le truppe jihadiste dopo le sconfitte subite per mano dei governativi. Circa 80 mila miliziani in armi a cominciare dalla costola di Al Qaida in Siria, il fronte Al Nusra, che ha cambiato nome diventando Hayat Tahrir al-Sham. La zona dovrebbe venire demilitarizzata, ma in realtà bombardamenti e combattimenti si stanno intensificando nell’enclave popolata da tre milioni di civili. Il governo di Damasco punta alla spallata finale. E la lettera di Bergoglio è stata interpretata come un appello in difesa dei carnefici dei cristiani. «Siamo sbalorditi dalle prese di posizione del Papa per la popolazione nella zona controllata dai terroristi della guerra santa. E il resto della Siria? Ad Aleppo i cristiani continuano a venire colpiti dai missili jihadisti. «Due pesi e due misure» sentenzia un rappresentante cattolico locale. Nella storica città tornata sotto controllo governativo, dopo anni di guerra e distruzione, sono rimasti 25 mila cristiani su 170 mila. «Sappiamo bene che dalla parte del regime non ci sono solo i buoni e i cattivi dall’altra, ma la lettera del Papa è stata presa molto male. Ci si preoccupa di più delle zone controllate dalle forze jihadiste che dei cristiani ancora sofferenti e minacciati» spiega la fonte di Panorama, che non vuole pubblicare il suo nome per timore di ritorsioni.
Forse per correre ai ripari Francesco ha benedetto a Ferragosto 6mila rosari, che verranno consegnati dalla Fondazione pontificia \"Aiuto alla chiesa che soffre” ai cristiani siriani che hanno avuto familiari rapiti o uccisi.
La gerarchia ecclesiastica in Siria è convinta che il Papa «sia informato male dal nunzio». Il rappresentante del Vaticano a Damasco è il cardinale Zenari che pure denuncia come la popolazione cristiana in Siria sia a rischio estinzione. Zenari è protetto dal segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, che ha annunciato la lettera ad Assad puntando il dito contro il regime di Damasco.
«Il vescovo di Aleppo, Abou Khazen mi ha detto che ha parlato diverse volte con il nunzio Zenari, ma non vuole capire la situazione» rivela la fonte di Panorama nella comunità cristiana in Siria.
Marco Lombardi, docente esperto di Medio Oriente, racconta che «come università Cattolica di Milano siamo stati in Siria in gennaio. La visione dal di fuori è molto diversa da quella sul terreno. Le lettere che si inviano da Paesi lontani hanno spesso una visione artefatta dalla distanza. Tutti i rappresentanti delle chiese cristiane sanno che Assad non è un santo, ma ci dicono che stiamo buttando via il bambino con l’acqua sporca ovvero abbandonando la comunità cristiana».
Nella regione di Idlib padre Giovanni ammette «che da un mese Al Nusra ripete che noi cristiani siamo confratelli, i nostri “fiori”. Per qualche motivo ancora poco chiaro ci trattano in maniera più umana, anche se siamo sempre cittadini di serie B per la nostra fede».
Più ad Est, nella zona controllata dai curdi, il 25 per cento del Paese, si teme l’apertura di un altro fronte. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, sta concentrando truppe e blindati al confine e preannuncia «una grande vittoria» a breve. L’esercito di Ankara sarebbe pronto a creare manu militari una zona cuscinetto profonda 30 chilometri, in territorio siriano, spazzando via roccaforti curde come Kobane, Manbij e Qamishli. Al fianco dei curdi ha combattuto contro lo Stato islamico anche una milizia cristiana assira.
Sulla pagina Facebook «La fede ortodossa» il Vaticano è stato duramente attaccato per la lettera ad Assad: «Di qualsiasi catastrofe umanitaria parli il Papa ha dimenticato che Idlib è in mano di selvagge bande terroristiche».
In Italia, sul blog controcorrente di Maurizio Blondet, ex inviato dell’Avvenire, il quotidiano dei vescovi, l’iniziativa del Vaticano in Siria viene bollata «come un tradimento della Santa Sede, e dei suoi alti prelati, ai tanti cristiani che in questi anni sono stati abbandonati al loro destino consentendo alle bande armate anti governative di brutalizzare le loro esistenze non solo con eccidi e sparizioni di massa, ma anche con l’esodo forzato».