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Articolo
08 ottobre 2019 - Attualità - Italia - Il Giornale |
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| Il killer nel video choc Spara poi cerca la fuga |
Fausto Biloslavo Trieste L\\\'immigrato killer vestito di nero, corpulento e con i capelli un po\\\' lunghi alla rasta si vede bene, mentre spara con le braccia tese tirando il grilletto delle due pistole prese agli agenti, Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, appena ammazzati nella Questura di Trieste. Le prime immagini delle telecamere interne inquadrano il dominicano, Alejandro Augusto Stephan Meran, nell\\\'atrio, dove venerdì verso le 17 ha ferito, un terzo agente. L\\\'uomo poi corre fuori dalla Questura e spara contro la volante della squadra mobile, che gli arriva davanti. Ventisei secondi di videochoc che danno l\\\'idea della dimestichezza con le armi e della determinazione alla Rambo. Il killer ferito all\\\'inguine è stato trasferito ieri nel carcere di Trieste e le indagini continuano sul suo passato. Sulla pagine Facebook, ferma al novembre 2014, si scoprono selfie. Ha un grosso tatuaggio sulla spalla sinistra, che al momento non sembra un simbolo di appartenenza a qualche gang latino americana. Nella foto di copertina Alejandro è con una ragazza dallo sguardo un po\\\' triste. Fra i 692 amici c\\\'è anche Miguel Antonio Meran V, forse un familiare di Santo Domingo, ma trasferito in Puerto Rico che si fa fotografare con una pistola: non si capisce se vera o finta. E posta un secondo scatto con un\\\'altra pistola quasi certamente vera e diverse banconote. Secondo le informazioni della pagina Alejandro avrebbe studiato all\\\'istituto Pedro Henrriquez Ureña alla periferia della capitale della Repubblica Domenicana e avrebbe vissuto anche nella città di San Juan De La Maguana. Gli investigatori hanno scoperto che era arrivato in Italia nel 2005 all\\\'età di 15 anni per ricongiungimento familiare. E sporadicamente si recava in Germania dove aveva «un rapporto di conoscenza» sui cui si sta indagando. Da qualche parte deve avere imparato ad usare le armi. Fin dal 2012 sul profilo Facebook scriveva post inquietanti in linguaggio da strada: «Oggi mi sento come una persona senza vita e con un cuore di pietra () In questo mondo ho sofferto tanto che sono diventato immune alla sofferenza e ora la ignoro () A volte ti capitano cose che ti fanno desiderare la morte». L\\\'autopsia dei due agenti uccisi si terrà domani e la procura chiederà una perizia psichiatrica per il pluriomicida. Il capo dela polizia, Franco Gabrielli, ha sostenuto ieri in tv che «la dinamica non mette in correlazione l\\\'ipotetica inefficienza della fondina e l\\\'episodio che ha visto la morte dei due colleghi». Non ci sono video a dimostrarlo, ma il dato di fatto è che l\\\'agente scelto Rotta aveva una fondina in cordura, meno sicura per il blocco anti-estrazione della pistola sfilata dall\\\'assassino. Quella rotante e rigida in polimero, con un migliore sistema, si era rotta e non gli è stata fornita una nuova. Valentina Sorriso Saponaro, fidanzata del secondo caduto, ha postato su Facebook un selfie con l\\\'agente Demenego. «Ti voglio ricordare così amore mio - scrive -. Felice e sorridente. Avevamo tanti progetti in serbo per noi, una casa, un figlio e il matrimonio. Tu sei tutta la mia vita! Sempre!». |
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12 maggio 2020 | Tg5 | reportage
L'infermiera sopravvissuta al virus
L’infermiera ha contratto il virus da un paziente anziano nell’ospedale Maggiore di Trieste
A casa non riusciva più a respirare ed è stata trasportata d’urgenza in ospedale
Il figlio, soldato della Nato, era rimasto bloccato sul fronte baltico dall’emergenza virus con l’appartamento pieno di medicine l’incubo del contagio non l’abbandonerà mai
Due mesi dopo il contagio Svetlana è negativa al virus ma ancora debole e chiusa in casa
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29 dicembre 2010 | | reportage
Gli occhi della guerra a Trieste
Dopo aver portato la mostra su 25 anni di reportage di guerra in tutta Italia, finalmente il 29 dicembre è stata inaugurata a Trieste, presso la sala espositiva della Parrocchia di Santa Maria Maggiore, via del Collegio 6. Gli occhi della guerra sono dedicati ad Almerigo Grilz e a tutti i giornalisti caduti sul fronte dell'informazione. La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 10 al 20 gennaio. L'evento è stato organizzato dal Circolo universitario Hobbit con la sponsorizzazione della Regione.
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06 giugno 2017 | Sky TG 24 | reportage
Terrorismo da Bologna a Londra
Fausto Biloslavo
"Vado a fare il terrorista” è l’incredibile affermazione di Youssef Zaghba, il terzo killer jihadista del ponte di Londra, quando era stato fermato il 15 marzo dello scorso anno all’aeroporto Marconi di Bologna. Il ragazzo nato nel 1995 a Fez, in Marocco, ma con il passaporto italiano grazie alla madre Khadija (Valeria) Collina, aveva in tasca un biglietto di sola andata per Istanbul e uno zainetto come bagaglio. Il futuro terrorista voleva raggiungere la Siria per arruolarsi nello Stato islamico. Gli agenti di polizia in servizio allo scalo Marconi lo hanno fermato proprio perché destava sospetti. Nonostante sul cellulare avesse materiale islamico di stampo integralista è stato lasciato andare ed il tribunale del riesame gli ha restituito il telefonino ed il computer sequestrato in casa, prima di un esame approfondito dei contenuti.
Le autorità inglesi hanno rivelato ieri il nome del terzo uomo sostenendo che non “era di interesse” né da parte di Scotland Yard, né per l’MI5, il servizio segreto interno. Il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, ha dichiarato a Radio 24, che "venne segnalato a Londra come possibile sospetto”. E sarebbero state informate anche le autorità marocchine, ma una fonte del Giornale, che ha accesso alle banche dati rivela “che non era inserito nella lista dei sospetti foreign fighter, unica per tutta Europa”.
Non solo: Il Giornale è a conoscenza che Zaghba, ancora minorenne, era stato fermato nel 2013 da solo, a Bologna per un controllo delle forze dell’ordine senza esiti particolari. Il procuratore capo ha confermato che l’italo marocchino "in un anno e mezzo, è venuto 10 giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista. Era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento".
Presentarsi come aspirante terrorista all’imbarco a Bologna per Istanbul non è poco, soprattutto se, come aveva rivelato la madre alla Digos “mi aveva detto che voleva andare a Roma”. Il 15 marzo dello scorso anno il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini, che allora dirigeva il pool anti terrorismo si è occupato del caso disponendo un fermo per identificazione al fine di accertare l’identità del giovane. La Digos ha contattato la madre, che è venuta a prenderlo allo scalo ammettendo: "Non lo riconosco più, mi spaventa. Traffica tutto il giorno davanti al computer per vedere cose strane” ovvero filmati jihadisti. La procura ha ordinato la perquisizione in casa e sequestrato oltre al cellulare, alcune sim ed il pc.
La madre si era convertita all’Islam quando ha sposato Mohammed il padre marocchino del terrorista che risiede a Casablanca. Prima del divorzio hanno vissuto a lungo in Marocco. Poi la donna è tornata casa nella frazione di Fagnano di Castello di Serravalle, in provincia di Bologna. Il figlio jihadista aveva trovato lavoro a Londra, ma nella capitale inglese era entrato in contatto con la cellula di radicali islamici, che faceva riferimento all’imam, oggi in carcere, Anjem Choudary. Il timore è che il giovane italo-marocchino possa essere stato convinto a partire per la Siria da Sajeel Shahid, luogotenente di Choudary, nella lista nera dell’ Fbi e sospettato di aver addestrato in Pakistan i terroristi dell’attacco alla metro di Londra del 2005. "Prima di conoscere quelle persone non si era mai comportato in maniera così strana” aveva detto la madre alla Digos.
Il paradosso è che nessuna legge permetteva di trattenere a Bologna il sospetto foreign fighter ed il tribunale del riesame ha accolto l’istanza del suo avvocato di restituirgli il materiale elettronico sequestrato. “Nove su dieci, in questi casi, la richiesta non viene respinte” spiega una fonte del Giornale, che conosce bene la vicenda. Non esiste copia del materiale trovato, che secondo alcune fonti erano veri e propri proclami delle bandiere nere. E non è stato possibile fare un esame più approfondito per individuare i contatti del giovane. Il risultato è che l’italo-marocchino ha potuto partecipare alla mattanza del ponte di Londra.
Parenti e vicini cadono dalle nuvole. La zia acquisita della madre, Franca Lambertini, non ha dubbi: “Era un bravo ragazzo, l'ultima volta che l'ho visto mi ha detto “ciao zia”. Non avrei mai pensato a una cosa del genere".
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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
Italia
Professione Reporter di Guerra
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