
|
Articolo
05 novembre 2019 - Prima - Italia - Il Giornale |
|
Dal prete anti alpini agli insegnanti pacifisti C’è un’Italia che odia le sue Forze armate |
Fausto Biloslavo Il parroco che si rifiuta di recitare la preghiera degli alpini troppo guerrafondaia. Alcuni insegnanti del liceo Marco Polo «per una scuola libera da guerre e militarismi», che si oppongono all\\\'intervento di due ufficiali donne davanti agli studenti. E 140 professori siciliani che firmano un appello di solidarietà ai colleghi pacifisti. Le celebrazioni del 4 novembre in Veneto sono state segnate da chi non digerisce la Giornata dell\\\'unità nazionale, delle Forze armate e della vittoria nella prima guerra mondiale. L\\\'ultima assurdità è capitata domenica alla chiesa di San Pietro a Vicenza. Come ogni anno gli alpini di Borgo Casale si sono recati a depositare una corona in ricordo dei caduti, non solo le penne nere che «sono andate avanti» per difendere la patria. Un ricordo in vista del 4 novembre, che avrebbe dovuto ottenere ospitalità in chiesa con la funzione religiosa. Il parroco, però, si è rifiutato di fare leggere la preghiera dell\\\'alpino, che da sempre è riconosciuta dagli stessi cappellani militari. La parte che avrebbe dato fastidio è questa: «Dio onnipotente rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana». Assieme agli alpini c\\\'era l\\\'assessore regionale del Veneto, Elena Donazzan, che ha postato un video sui social diventato virale. «La chiesa è inclusiva con tutti, a cominciare dai migranti, tranne che con gli alpini, che poi, però, sono i primi a farsi in quattro per risistemare le parrocchie» dichiara al Giornale l\\\'esponente di Fratelli d\\\'Italia. Le penne nere, rimaste interdette, non si sono perse d\\\'animo e hanno trovato un prete più comprensivo e rispettoso del 4 novembre. «Siamo andati altrove, allietando con il Coro degli Alpini di Piovene Rocchette la messa e la mattinata di alcuni anziani ospiti di una vicina casa di riposo - ha scritto Donazzan su Facebook - un grazie a Don Giuseppe che ci ha accolti a braccia aperte!». Qualche giorno prima aveva fatto scalpore un altro episodio di stucchevole antimilitarismo in vista del 4 novembre. Un incontro con gli studenti di due ufficiali donne, una della Marina militare e l\\\'altra della Guardia di finanza, è stato contestato e boicottato da alcuni professori del liceo Marco Polo di Venezia. Secondo loro l\\\'evento «non era in linea» con i principi dell\\\'istituto e il ripudio della guerra sancito dalla Costituzione. E così sono riusciti a convincere alcune classi a non partecipare all\\\'evento. Gli insegnanti ultrà pacifisti seguono la campagna «Per una scuola libera da guerre e militarismi» voluta da un gruppo di associazioni. Non a caso, ieri, giorno delle celebrazioni, 140 professori siciliani hanno firmato un appello di solidarietà ai colleghi del Marco Polo, che sembra uscito da altri tempi. «Conosciamo gli esiti storici di quando viene minacciata la libertà di insegnamento e di quando la ricostruzione storica viene piegata ai fini del potere» hanno scritto i professori siciliani. Solo perchè vari esponenti politici hanno alzato gli scudi contro il boicottaggio antimilitarista per il 4 novembre. Donazzan e Massimo Giorgetti, vice presidente del Consiglio regionale del Veneto hanno deciso di recarsi ieri al liceo Marco Polo con il messaggio del Capo dello stato sul giorno delle Forze armate. E si sono trovati di fronte ad uno striscione ispirato dai cattivi maestri del pacifismo ultrà: «Assemblea studentesca contro la guerra». |
[continua] |
|
video
|
|
07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo
TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso.
Cosa ricorda di questa discesa all’inferno?
“Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”.
Dove ha trovato la forza?
“Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”.
Gli operatori sanitari dell’ospedale?
“Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”.
Il momento che non dimenticherà mai?
“Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”.
Come ha recuperato le forze?
“Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”.
Come è stato infettato?
“Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”.
E la sua famiglia?
“Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”.
Ha pensato di non farcela?
“Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.
|
|
|
|
10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.
|
|
|
|
05 febbraio 2015 | Porta a Porta | reportage
IN RICORDO DELLE FOIBE E L'ESODO LA PUNTATA DI PORTA A PORTA
|
|
|
|
radio

|
03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
Italia
Professione Reporter di Guerra
|
|
|
|
|