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Inchiesta
27 novembre 2019 - Copertina - Italia - Panorama
Se questo è un ministro

Fausto Biloslavo

La casa con l’affitto irrisorio a Roma e il cagnolino Pippo accompagnato in auto blu sono solo aspetti simbolici di chi parla bene e razzola male. Elisabetta Trenta, stella grillina in declino, i veri danni li ha compiuti alla guida della Difesa a Palazzo Baracchini, dal giugno 2018 a settembre di quest’anno.

L’ex ministro voleva trasformare le Forze armate in una specie di Protezione civile rafforzata a tal punto che ha dato l’ordine ai caccia bombardieri, 13mila euro ogni ora di volo, di fotografare le Terre dei fuochi. E non ha mandato avanti contratti cruciali di approvvigionamenti e mezzi fondamentali per la sicurezza dei nostri militari come i blindo Centauro 2 e il veicolo da trasporto truppe Freccia. Per non parlare della benedizione ai sindacati delle stellette, prima che la delicata materia sia regolata dal Parlamento, della rivolta dei generali in congedo, che hanno disertato la parata del 2 giugno in segno di protesta e della comunicazione della Difesa tornata all’età della pietra. Si preferiva accendere i riflettori su trenini e balletti del ministro a Lourdes, ma sulle missioni più ostiche all’estero è stata calata una cappa di silenzio.

Trenta gira ancora con la macchina blu, un’Alfa 159. Un suo diritto per sei mesi come ex ministro, ma che cozza con la propaganda grillina contro i privilegi. L’errore iniziale dell’avventura governativa del capitano della riserva selezionata è stato circondarsi di collaboratori non all’altezza scelti per la supposta fedeltà al Movimento 5 stelle. Nell’ambiente della Difesa lo chiamavano “il cerchio magico”. Un ufficiale di grado superiore spiega a Panorama “che erano tutti arrivati con chiamata diretta del ministro, ma invece che andare a pescare fra i primi della classe si è attorniata di gente inadatta”. Il cerchio magico era composto da frustrati, che avevano pure il dente avvelenato con le gerarchie militari pensando di essere stati ingiustamente danneggiati nella carriera. E volevano fare la rivoluzione. I fedelissimi, oggi quasi tutti trasferiti, che hanno fatto parte del gabinetto del ministro sono soprattutto il colonnello Antonello Arabia, capo della segreteria, il tenente colonnello Toni Caporella, consigliere, il colonnello Massimo Ciampi trait d’union con i nascenti sindacati militari. E il colonnello Francesco Greco responsabile dell’ufficio pubblica informazione ancora al suo posto. I membri del cerchio magico abitano tutti nel cosiddetto “condominio Trenta”, un comprensorio della Difesa in area Flaminia, una delle migliori zone di Roma.

Una delle iniziative più criticate del ministro Trenta nell’ambiente militare è il pallino per il “duplice uso sistemico” delle Forze armate secondo un fantomatico progetto Ianus, che non si trova da nessuna parte nei dettagli. I militari sono sempre stati impiegati, fin dall’unità d’Italia, in modalità “dual use” per calamità naturali o compiti di vigilanza come accade da anni con l’operazione Strade sicure, la missione più numerosa con oltre 7mila uomini. L’obiettivo recondito della gestione grillina della Difesa, però, era trasformare le Forze armate in una specie di protezione civile rafforzata con scarso impiego all’estero.

“La boiata peggiore è stata l’esercitazione a Pratica di Mare sul duplice uso sistemico costata non poco” sottolinea una fonte di Panorama nel mondo militare. Il 7 maggio la Difesa riunisce il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il ministro per i Beni e le Attività culturali, Alberto Bonisoli, il capo del dipartimento della Protezione civile, Angelo Borrelli e il capo di Stato maggiore, generale Enzo Vecciarelli per un mega show all’aeroporto militare di Pratica di Mare vicino a Roma. La simulazione prevede uno tsunami che colpisce il litorale romano e provoca un terremoto. Un elicottero trasporta i Vip sul comando in mare a bordo di nave Etna, che per muoversi costa 40mila euro. Addirittura sfrecciano due caccia (almeno 20mila euro per ora di volo in coppia), che certo non dovevano sganciare le bombe per fermare l’ondata. Conte è entusiasta e annuncia: “Questo evento dimostra le mirabili capacità organizzative e di coordinamento delle nostre Forze armate negli interventi a supporto delle attività della Protezione civile”.

L’operazione, mai scritta, di “disarmo” prevede anche “una smilitarizzazione semantica. I sistemi d’arma passano in secondo piano, la parola combat è un tabù e il soldato diventa più simile ad un poliziotto in nome del politicamente corretto” osserva  una fonte all’interno della Difesa.  

Manifesti e “simpatici video” sui social, avallati dal ministro anche per il 4 novembre, giorno delle Forze armate e della vittoria nella prima guerra mondiale, rispecchiano la folle idea di soldati disarmati più simili a crocerossine che a militari addestrati a combattere.

Il 23 giugno la Fao (Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura) che ha il quartiere generale a Roma aveva chiesto un intervento di jammer, disturbo delle frequenze dei telefonini, per mantenere la segretezza dell’elezione del nuovo segretario cinese. Il ministro della Difesa ha detto no per i timori della reazione delle forze di polizia considerandola un’azione troppo aggressiva.

L’aspetto più estremo del “duplice uso sistemico” delle Forze armate è l’utilizzo di caccia bombardieri Amx, Tornado ed Eurofighter “per monitoraggio ambientale condotto grazie ai sensori” speciali dei velivoli “nell\'ambito del piano di azione di contrasto dei roghi dei rifiuti nella Terra dei fuochi” si legge sul sito della Difesa. Un’ora di volo di un Eurofighter, costruito per sganciare bombe, costa 13mila euro. Un lavoro di ricognizione simile veniva già fatto sul terreno dai soldati di Strade sicure, che utilizzano il mini drone Raven, lanciato a mano, infinitamente più economico.

“Trenta ha provocato gravi danni come cercare di ridurre le Forze armate a una specie di protezione civile rafforzata  - conferma il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica - Si può archiviare questa bizzarra concezione, ma i ritardi sui nuovi sistemi d’arma e approvvigionamenti sono un danno elevato. Nel caso degli F 35, per esempio, i tira e molla minano la credibilità del paese”.

Il leghista Roberto Paolo Ferrari, membro dela Commissione Difesa alla Camera, accusa l’ex “ministro Trenta di avere tenuto bloccati per un anno e mezzo programmi che avevano già la copertura finanziaria come i blindo Centauro 2 e il Freccia”. Nel primo caso i vecchi esemplari non possono venire inviati all’estero  a causa dello scafo non protetto dalle trappole esplosive. L’ingiustificato ritardo ha provocato crisi e cassa integrazione alla Iveco defence. In pratica i nuovi sistemi d’arma sono rimasti bloccati al Ministero dello Sviluppo economico, che era guidato dal leader grillino Luigi Di Maio. E Trenta non si è strappata i capelli per risolvere la situazione.

Ferrari punta il dito anche sull’abortito drone ad alta quota e lungo raggio che doveva essere prodotto da Piaggio Aero. “Un investimento di 700 milioni già finanziato, ma bloccato dalla componente grillina” sostiene il parlamentare della Lega. E pure sull’approvvigionamento di munizioni si è registrato una contrazione. “Non solo sui grossi calibri, ma anche per le armi individuali con relativa riduzione delle capacità addestrative” denuncia Ferrari.

Michele Nones, dell’Istituto affari internazionali evidenziava fin da aprile in un dettagliato studio, che “la gestione governativa delle spese per la Difesa sembra essere ormai precipitata in uno stato confusionale”.

In zona Cesarini il  ministro Trenta ha autorizzato l’adesione al programma Camm-Er di rinnovo del nostro sistema di difesa contraerea, che dal prossimo anno diventerà inutilizzabile. Però è stato stanziato appena 1 milione di euro, che non basterà neppure a sviluppare il progetto. 

L’aspetto più grave è il disinteresse per le nostre aziende. “Totale desolazione nel supporto all’industria italiana della Difesa - spiega a Panorama chi lavora nel settore - Ogni volta che le veniva chiesto di appoggiare o intervenire a livello internazionale la signora non ha mai fatto nulla. Era assolutamente inadeguata al ruolo”. Nella Repubblica ceca una nostra azienda stava facendo un’offerta importante. Il ministro della Difesa locale aveva invitato Trenta a Praga, ma lei non ha neppure risposto.

Il generale Tricarico sottolinea che “fra i danni irreversibili ha innescato e prodotto aspettative eccessive per i sindacati dei militari riconoscendoli prima di una legge del Parlamento”. L’alto ufficiale in congedo fa parte di una schiera di generali, che il 2 giugno si sono rifiutati di presentarsi alla parata militare a Roma per la festa della Repubblica in segno di protesta. E tanti altri hanno preso carta e penna attaccando frontalmente l’esponente grillina. Una “rivolta” dei generali mai vista prima e condita dai balletti a Lourdes del ministro, dal gesto simbolico “peace and love” in Parlamento e dalle entusiastiche congratulazioni alla coppia gay della Marina. 

La disastrosa gestione della comunicazione della Difesa nel periodo Trenta ha registrato anche il curioso caso del portavoce Augusto Rubei, che aveva praticamente commissariato il ministro per conto dei grillini. Ex collaboratore di varie testate da Repubblica a Lettera 43, da marzo si era dedicato alla campagna elettorale delle europee. E il 23 luglio è passato ufficialmente nello staff del  vicepremier Di Maio. Fino ad allora riceveva 90mila euro dalla Difesa, ma voleva di più con un doppio incarico che la Corte dei conti ha stoppato con due pagine di “osservazioni dell’ufficio di controllo”  in possesso di Panorama. Adesso che è consigliere del capo grillino alla Farnesina “per gli aspetti legati alla comunicazione” incassa 140mila euro.   

Il direttore di Analisi Difesa, Gianandrea Gaiani, ha scritto in un editoriale l’epitaffio più chiaro sulla gestione Trenta durata solo un anno e mezzo: “Una visione assai limitata del comparto Difesa, pacifista da oratorio e “casa del popolo”, ma oggi quanto memo inadeguata anche solo a comprendere le sfide attuali”.


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14 marzo 2015 | Tgr Friuli-Venezia Giulia | reportage
Buongiorno regione
THE WAR AS I SAW IT - L'evento organizzato dal Club Atlantico giovanile del Friuli-Venezia Giulia e da Sconfinare si svolgerà nell’arco dell’intera giornata del 10 marzo 2015 e si articolerà in due fasi distinte: MATTINA (3 ore circa) ore 9.30 Conferenza sul tema del giornalismo di guerra Il panel affronterà il tema del giornalismo di guerra, raccontato e analizzato da chi l’ha vissuto in prima persona. Per questo motivo sono stati invitati come relatori professionisti del settore con ampia esperienza in conflitti e situazioni di crisi, come Gianandrea Gaiani (Direttore responsabile di Analisi Difesa, collaboratore di diverse testate nazionali), Fausto Biloslavo (inviato per Il Giornale in numerosi conflitti, in particolare in Medio Oriente), Elisabetta Burba (firma di Panorama), Gabriella Simoni (inviata Mediaset in numerosi teatri di conflitto, specialmente in Medio Oriente), Giampaolo Cadalanu (giornalista affermato, si occupa di politica estera per La Repubblica). Le relazioni saranno moderate dal professor Georg Meyr, coordinatore del corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste. POMERIGGIO (3 ore circa) ore 14.30 Due workshop sul tema del giornalismo di guerra: 1. “Il reporter sul campo vs l’analista da casa: strumenti utili e accorgimenti pratici” - G. Gaiani, G. Cadalanu, E. Burba, F. Biloslavo 2. “Il freelance, l'inviato e l'addetto stampa in aree di crisi: tre figure a confronto” G. Simoni, G. Cuscunà, cap. B. Liotti

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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
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18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre. Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato. Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano. Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca. “Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida. L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane. La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
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Professione Reporter di Guerra


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