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20 dicembre 2019 - Il fatto - Italia - Il Giornale
Nessuna differenza con il caso Diciotti Ecco perchè non regge l’accusa dei grillini
Fausto Biloslavo
Non c\'è differenza fra il caso migranti di nave Diciotti e Gregoretti della Guardia costiera, ma per la prima Matteo Salvini, allora ministro dell\'Interno, non è stato processato. Ora potrebbe esserlo con la scusa, poco attendibile, che la decisione di fermare per tre giorni i migranti a bordo della Gregoretti l\'ha presa da solo.
La stessa procura di Catania aveva chiesto l\'archiviazione del caso. Il pm andrea Bonomo scriveva che «le dichiarazioni del prefetto Piantedosi (capo di gabinetto del Viminale) relativamente alla competenza e responsabilità per l\'assegnazione del POS (punto di attracco sicuro), sono da ritenersi generiche e non idonee a modificare tutti gli altri dati acquisiti sia nel presente procedimento che in quello relativo al cosiddetto caso Diciotti». E anche per questo motivo non c\'era alcun sequestro di persona, ma i giudici del Tribunale dei ministri, sempre di Catania, non erano d\'accordo e hanno chiesto l\'autorizzazione a procedere. Salvini viene accusato di «sequestro di persona aggravato e abuso di potere» perchè da ministro dell\'Interno poteva «limitare o vietare l\'ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, per motivi di ordine e sicurezza pubblica». La motivazione suona come una beffa rispetto al dissequestro deciso ieri, dopo 5 mesi di stop, di Sea watch 3, la nave dei talebani dell\'accoglienza tedesca comandata dalla famosa Carola Rackete. La capitana era stata rilasciata da una discussa ordinanza della Gip Alessandra Vella, che non considerava «nave da guerra» la motovedetta della Guardia di Finanza schiacciata contro il molo pur di sbarcare i migranti. Due pesi e due misure giudiziarie per incastrare il cattivone del Viminale, che avrebbe «privato della libertà personale» 131 migranti, compresi «alcuni minori non accompagnati» per ben tre giorni dal 27 al 30 luglio.
La procura di Catania, nella richiesta di archiviazione, aveva specificato che «sin dall\'inizio il Ministero dell\'Interno aveva la volontà di assegnare il Pos e di farlo in tempi brevi, giustificando l\'allungamento dei tempi () con la volontà () di ottenere una redistribuzione dei migranti in sede europea». La situazione si sbloccò con la disponibilità dei vescovi e di alcuni paesi Ue ad accogliere i migranti. Anche con nave Diciotti il Tribunale dei ministri di Catania inviò gli atti alla Giunta del Senato, che ha negato l\'autorizzazione a procedere grazie alla maggioranza giallo verde. Adesso i grillini si sono alleati con il Pd e Luigi Di Maio vorrebbe mandare Salvini a processo nella speranza di eliminare un rivale politico per via giudiziaria. Palazzo Chigi, dove c\'è sempre Giuseppe Conte, non a caso aveva inviato l\'11 ottobre una nota in risposta al Tribunale dei ministri sostenendo che «la questione relativa alla vicenda della nave Gregoretti non figura all\'ordine del giorno e non è stata oggetto di trattazione nell\'ambito delle questioni varie ed eventuali nel citato consiglio dei ministri» del 31 luglio 2019 «né in altri successivi». Così i grillini possono usare il paravento della decisione «non collegiale» accusando Salvini, allora pure vice premier, di avere agito da solo. Fonti della Lega, al contrario, fanno sapere che per sbloccare il caso Gregoretti «ci furono numerose interlocuzioni tra Viminale, presidenza del Consiglio, ministero degli Affari Esteri e organismi comunitari».
[continua]

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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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10 giugno 2008 | Emittente privata TCA | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /2
Negli anni 80 lo portava in giro per Milano sulla sua 500, scrive Panorama. Adesso, da ministro della Difesa, Ignazio La Russa ha voluto visitare a Bolzano la mostra fotografica Gli occhi della guerra, dedicata alla sua memoria. Almerigo Grilz, triestino, ex dirigente missino, fu il primo giornalista italiano ucciso dopo la Seconda guerra mondiale, mentre filmava uno scontro fra ribelli e governativi in Mozambico nell’87. La mostra, organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti, espone anche i reportage di altri due giornalisti triestini: Gian Micalessin e Fausto Biloslavo.

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14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
Trieste, Lampedusa del Nord Est
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul. Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia. Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica. “Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia. Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”. In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto. Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”. Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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