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Articolo
01 febbraio 2020 - Prima - Italia - Il Giornale
Pronto il piano segreto per evacuare gli italiani dalle città del contagio
Fausto Biloslavo
Oggi scatta l\\\'evacuazione di una settantina di italiani, compresi diversi bambini, dalla città di Wuhan epicentro dell\\\'epidemia da coronavirus. Altri 500 connazionali, soprattutto studenti di Intercultura in grandi città cinesi come Pechino, Shangai, Chongqing, hanno chiesto di rientrare in patria. L\\\'evacuazione è organizzata dalla Difesa in coordinamento con il ministero della Salute e degli Esteri. «Quando scatta un\\\'emergenza fuori dal comune chiamano le Forze armate - spiega al Giornale una fonte militare -. Grazie all\\\'esperienza maturata anche nei teatri operativi delle missioni all\\\'estero, siamo pronti». Si prevede la mobilitazione di circa 150 uomini compresi i team specializzati dell\\\'Esercito composti da infermieri e medici militari che andranno in volo ad evacuare gli italiani. Squadre di esperti dei bio contenimento e bonifica del 7° reggimento Cremona di stanza a Civitavecchia sono stati allertati in caso di necessità.
Oggi decolla un Boeing Kc-767 A del 14° stormo dell\\\'Aeronautica militare diretto verso l\\\'epicentro del contagio. L\\\'aereo è utilizzato per il trasporto truppe nei teatri operativi all\\\'estero. A bordo, il personale sanitario militare che si è fatto le ossa in missioni come l\\\'Afghanistan, «dove abbiamo a che fare con malattie infettive debellate da tempo a casa nostra» spiega una fonte. L\\\'evacuazione è coordinata dal Coi, il Centro operativo interforze guidato dal generale Luciano Portolano, veterano delle operazioni internazionali. I medici, gli infermieri e funzionari governativi (in tutto una decina) e gli uomini dell\\\'equipaggio del Boeing inviati a Wuhan avranno a disposizione l\\\'attrezzatura necessaria a cominciare dalle tute di protezione anti contaminazione. Le autorità cinesi organizzeranno l\\\'evacuazione dei 67 connazionali fino all\\\'aeroporto dove saliranno a bordo dell\\\'aereo accolti dagli specialisti militari.
Grazie all\\\'autonomia del velivolo, il volo di ritorno è previsto senza scalo. Nessun Paese avrebbe concesso l\\\'autorizzazione. «Fin dai tempi delle missioni dei Balcani le Forze armate hanno fatto esperienza trasportando casi estremi, affetti da gravi patologie in Italia», spiega una fonte militare. Nel 2014 l\\\'Aeronautica militare riportò a casa, utilizzando un\\\'apposita barella anti contaminazione, un medico di Emergency che aveva contratto il letale virus Ebola in Sierra Leone. L\\\'evacuazione dei prossimi due giorni è più tranquilla, ma con un numero elevato di persone, che dovranno rimanere in quarantena per un paio di settimane.
A Wuhan ci saranno anche 4-5 connazionali che non lasceranno la città «per dare un po\\\' di coraggio ai nostri amici e colleghi cinesi e vincere questa battaglia» ha spiegato il vicentino Lorenzo Mastrotto.
Gli italiani evacuati arriveranno alle 8.15 di lunedì all\\\'aeroporto di Pratica di Mare. Da ieri è stato attivato un coordinamento fra il policlinico militare del Celio e l\\\'ospedale Spallanzani, punto di riferimento per le malattie contagiose nella capitale. Personale militare seguirà un rigoroso protocollo per lo sbarco e il controllo sanitario dei connazionali. Poi gli italiani arrivati dall\\\'epicentro del virus saranno trasportati con i pullman dell\\\'Aeronautica scortati dalle forze dell\\\'ordine e da ambulanze presso «un\\\'idonea struttura per la sorveglianza sanitaria di 15 giorni» ha comunicato la Difesa. La quarantena avverrà in un apposito sito ad hoc della cittadella militare della Cecchignola. «Il ministero della Salute ha fornito un protocollo giornaliero che sarà eseguito dall\\\'Esercito» spiega una fonte del Giornale. I militari faranno attenzione anche alla lavanderia e hanno già predisposto una sistemazione il più possibile serena, che non divida i nuclei familiari. Mobilitati pure team di psicologi pronti a dare supporto ai connazionali in quarantena.
[continua]

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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
Foibe, conflitto sulla storia

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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