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Articolo
10 febbraio 2020 - Interni - Italia - Il Giornale |
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Ora togliamo la medaglia al boia Tito |
Fausto Biloslavo Grazie Presidente per le parole chiare e nette sul dramma delle foibe e dell’esodo in occasione della giornata del Ricordo. Il Giornale, con i mie articoli, talvolta non è stato tenero nei suoi confronti quando sembrava voler evitare la commemorazione del 10 febbraio sulla foiba di Basovizza, monumento nazionale che ricorda gli eccidi di Tito. Le sue parole hanno ricucito la dolorosa ferita delle foibe e dell’esodo, tragedie che per molti decenni l’Italia repubblicana ha volutamente celato in nome del quieto vivere politico a casa nostra e degli assetti internazionali durante la guerra fredda. Lei non solo ha ammesso, la colpevole e voluta amnesia, ma finalmente ha denunciato che questa pagina tragica è stata “ignorata, rimossa o addirittura negata”. Il tarlo del negazionismo si insinua ancora oggi, a sinistra o nelle sue ali più estreme. E non è un caso che pure per un altro negazionismo, ugualmente inaccettabile nei confronti dell’Olocausto, la maggioranza di chi rifiuta la realtà storica, secondo l’ultima ricerca Eurispes si annida fra chi guarda a sinistra. Lei è andato anche più in là spiegando che fu la dittatura comunista jugoslava a massacrare gli italiani in “una vera e propria pulizia etnica”. Non solo: ha sottolineato che gran parte delle vittime, a cominciare dalle centinaia di migliaia di esuli, non erano criminali fascisti, ma popolazione inerme. La persecuzione degli italiani, come ha coraggiosamente ammesso, è stata \\\"mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste”. I “giustificazionisti”, che fanno dipendere le foibe dalle nefandezze precedenti, a cominciare dall’Associazione nazionale partigiani, sono una maggioranza ben più ampia rispetto a chi nega gli eccidi. Un crimine non può mai giustificarne un altro, ma si somma in un museo degli orrori di un mondo dove vige la legge della giungla. E ancora peggio è l’ “indifferenza”, che ha sottolineato, nata dalla voluta ignoranza storica che aveva relegato le foibe fra gli scheletri nell’armadio del comunismo da dimenticare nell’oblio. Per lungo tempo il dramma delle foibe sui libri di testo nelle scuole era ridotto a una manciata di righe e catalogato come vendetta nei confronti di pochi fascisti. Dopo un discorso senza se e senza ma sulla “sciagura nazionale” delle foibe le chiedo, però, come sia possibile che il mandante, Josip Broz Tito, sia ancora insignito della più alta onorificenza del nostro paese? Proprio sul sito del Quirinale il boia degli italiani campeggia come “Cavaliere di gran croce ordine al merito della Repubblica italiana”. Caro Presidente la invitiamo a sollecitare l’approvazione di un disegno di legge, che langue da tempo in Parlamento, per togliere l’onorificenza a Tito responsabile delle foibe e dell’esodo. |
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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz e tutti i caduti sul fronte dell'informazione
Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.
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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.
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10 giugno 2008 | Emittente privata TCA | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /2
Negli anni 80 lo portava in giro per Milano sulla sua 500, scrive Panorama. Adesso, da ministro della Difesa, Ignazio La Russa ha voluto visitare a Bolzano la mostra fotografica Gli occhi della guerra, dedicata alla sua memoria. Almerigo Grilz, triestino, ex dirigente missino, fu il primo giornalista italiano ucciso dopo la Seconda guerra mondiale, mentre filmava uno scontro fra ribelli e governativi in Mozambico nell’87. La mostra, organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti, espone anche i reportage di altri due giornalisti triestini: Gian Micalessin e Fausto Biloslavo.
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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento |
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo
I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti.
“Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale.
I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria.
Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa.
In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo.
“In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani.
Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.
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