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Reportage
07 aprile 2020 - Sito - Italia - Il giornale.it
Le bare e i militari per strada. Così si combatte il coronavirus
Fausto Biloslavo
TRIESTE - Il silenzio per i caduti, come in guerra, irrompe nella giornata grigia di Gemona del Friuli. I soldati in mimetica con le mascherine e guanti di protezione scattano sull’attenti davanti alle bare che spuntano dal cassone di uno dei tre camion militari. Le vittime del virus cinese sono arrivate da Bergamo, che non riesce a cremarle tutte. “Gemona non si è tirata indietro per i bergamaschi ricordandoci della solidarietà ai tempi del terremoto del 1976. Mai avremmo pensato a qualcosa del genere. Oggi la loro sofferenza è anche la nostra” dichiara il sindaco, Roberto Revelant. Nella mattinata fredda e uggiosa anche lui è sull’attenti, con la fascia tricolore, per salutare l’ultima volta i feretri. Il forno crematorio di Gemona, come altri in Friuli, riduce in cenere i caduti della pandemia. Fino al 4 aprile sono già 110 feretri.
L’esercito, che trasporta le bare, è impegnato sul fronte nord orientale del virus con lo schieramento di Strade sicure. A Trieste il prefetto ha chiesto e ottenuto 115 dragoni di rinforzo del reggimento Piemonte cavalleria schierato al fianco della polizia in città e lungo il confine con la Slovenia. Dall’inizio dell’emergenza si temono ancora di più i clandestini lungo la rotta balcanica. In realtà, dopo un’impennata in febbraio, nel mese di marzo gli arrivi sono diminuiti per paura del Covid 19. “Tutte le forze armate sono impegnate in prima linea al fianco dei medici e degli infermieri, che combattono la guerra contro il virus” sottolinea il colonnello Giuseppe Russo, comandante del Piemonte cavalleria. La Difesa ha messo a disposizione una struttura militare alle porte del capoluogo giuliano per la quarantena. All’interno le stanze per i positivi senza sintomi sono confortevoli con la tv e in riva al mare. “Non vedevo l’ora dopo giorni in ospedale” confessa un contagiato appena portato in ambulanza, che cammina sulle sue gambe.
A Trieste esercito e polizia mettono in piedi pattugliamenti e posti di blocco per controllare il rispetto delle restrizioni sulle uscite di casa. I volontari dell’Associazione nazionale alpini con i giubbottoni della Protezione civile distribuiscono mascherine lavabili casa per casa imbucandole nelle cassette della posta. Anche la polizia locale fa la sua parte. L’equipaggio Alfa 7 controlla alle 8.30 del mattino lo scarso traffico sulle Rive sferzate dalla bora. In gran parte gente che va a lavorare con regolare autocertificazione. L’uomo al volante, che viene fermato con il figlio piccolo dietro sul seggiolino, non tira giù il finestrino. Da dietro il vetro mostra un codice sul telefonino, che lo identifica come positivo al virus, ma autorizzato ad andare a fare dei controlli medici.
Non tutti rispettano le regole: pochi giorni fa è stata chiusa un’osteria dove si continuava a bere tranquillamente. “Qualche furbetto c’è sempre - racconta l’agente Monica Ceci - Ma il caso più inaspettato è quello di un tizio che ha violato i divieti per prendere un’ostia consacrata e portarla a casa alla moglie”.
[continua]

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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
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24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra

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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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