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Intervista
09 maggio 2020 - Il Fatto - Italia - Il Giornale |
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“Basta divieti, ora regole In Friuli-Venezia Giulia lunedì via al commercio” |
Fausto Biloslavo Trieste Il governatore leghista del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, punta a riaprire tutto o quasi passando «dalla stagione dei divieti a quella delle regole». Lunedì che succederà in Friuli-Venezia Giulia? «Chiediamo che il governo riapra il commercio al dettaglio e dal 18 maggio, a discrezione delle Regioni, possano riaprire tutte le altre attività. Lunedì, se sono già aperte le librerie lo stesso può valere per un negozio di pentole. E una settimana dopo devono tornare a lavorare parrucchiere, barbieri, bar, ristoranti, non solo per asporto. Il governo indichi le linee guida e poi ogni Regione decida. Il principio dev\'essere non più quello dei divieti, ma delle regole». Quando ci si potrà spostare fra Regioni? «È una scelta del governo, ma prevedo da giugno in poi». E sulle spiagge da Trieste a Grado ci sarà un\'estate «normale»? «Su questo tema abbiamo chiesto al governo regole in tempo e ragionevoli. Se poi decidono che le persone al mare devono stare in un cubo di plexiglas vuol dire che l\'attività balneare non è realistica. Si può favorire il distanziamento e il consumo di alimenti e bevande sotto l\'ombrellone, ma devono essere adottate procedure attuabili». È vero che ha chiesto al governo di non versare allo Stato il contributo straordinario per il risanamento del deficit? «Una Regione a statuto speciale come il Friuli-Venezia Giulia garantisce sul territorio una serie di diritti come quello alla salute. Dal 2011 aiutiamo lo Stato per le difficoltà di bilancio e non ci siamo mai tirati indietro. In un momento come questo segnato dal crollo delle entrate non chiediamo soldi in più, ma di non versare 766 milioni di euro su un bilancio di 5,683 miliardi. La Sardegna con un bilancio di 7,508 miliardi versa 383 milioni...». E se da Roma rispondessero picche? «Il rischio è che non riusciremo a garantire i servizi essenziali come sanità e trasporti. Che vengano da Roma a spostare le barelle e spieghino ai malati che non avranno più un ospedale dove venire curati. Una follia». Si sta riaprendo la rotta balcanica dei migranti? «È un problema molto serio e le previsioni sono di arrivi in aumento. Ho chiesto da più di un mese che i migranti fossero messi in quarantena come quelli giunti via mare. E sono stato tacciato di razzismo. Oggi il governo ha predisposto la quarantena pure per chi arriva da terra». Cosa chiedete all\'esercito usato contro il virus nell\'operazione Strade sicure? «Più strumenti e tecnologie per individuare e anticipare gli arrivi dalla Slovenia. Ci sono anche radar terrestri che funzionano a diversi chilometri di distanza e camere termiche». Il pericolo del contagio non è scomparso, ma non si vede ancora l\'app. È vero che ne avevate una pronta? «È pronta e si chiama Stop Coronavirus Friuli-Venezia Giulia, ma il governo ci ha detto chiaramente che si può usare solo quella nazionale. A noi è costata zero euro e garantisce totalmente la privacy basandosi sul consenso dei positivi». La prossima settimana arriverà nel porto di Trieste la nave per ospitare gli anziani contagiati delle case di riposo? «Credo proprio di sì. Le spese vengono coperte dalla protezione civile nazionale. Su scelta tecnica dell\'azienda sanitaria la nave dovrebbe ospitare circa 160 Covid positivi». Perché non li ospitate negli alberghi con ricaduta economica sul territorio? «Purtroppo non erano in grado di garantire gli standard anti contagio». Di cosa abbiamo bisogno per uscire dal tunnel? «Bisogna superare la stagione dei divieti e arrivare a quella delle regole. Chi le rispetta può aprire le attività, andare in giro e avere una vita, non dico normale, ma almeno simile a prima del virus. Se continuiamo con la politica dei divieti alimenteremo la tensione sociale con il rischio che la gente non seguirà più le regole». |
[continua] |
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24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra
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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
Foibe, conflitto sulla storia
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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo
TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso.
Cosa ricorda di questa discesa all’inferno?
“Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”.
Dove ha trovato la forza?
“Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”.
Gli operatori sanitari dell’ospedale?
“Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”.
Il momento che non dimenticherà mai?
“Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”.
Come ha recuperato le forze?
“Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”.
Come è stato infettato?
“Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”.
E la sua famiglia?
“Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”.
Ha pensato di non farcela?
“Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.
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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento |
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo
I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti.
“Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale.
I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria.
Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa.
In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo.
“In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani.
Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.
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