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20 settembre 2020 - Attualità - Russia - Il Giornale
Caccia alle piastrine dei caduti fra “ricatti” e aiuti inaspettati
Fausto Biloslavo
«È arrivata la piastrina. Pensare che era appesa al collo dello zio durante la campagna di Russia mi fa rimanere senza fiato. Una grande emozione che ti riporta indietro nel tempo», dice Elisabetta Timossi, che aveva raccontato al Giornale la storia del parente alpino disperso sul Don nell\'inchiesta pubblicata lunedì.
Lo stesso giorno è arrivata dalla Russia la piastrina di identificazione di Carmelo Timossi del 1° Reggimento alpini, classe 1921, mai più tornato a casa a Serra Riccò, in provincia di Genova dove vive ancora la nipote. «Lo zio era il più grande di tre fratelli di una famiglia contadina - dice Elisabetta - È partito giovanissimo, non aveva neanche 19 anni e non abbiamo mai saputo nulla». Grazie all\'Associazione nazionale alpini di Genova e a un collezionista russo, che ha donato la piastrina, è come se una parte dell\'alpino fosse tornata finalmente a casa.
La nipote ci ha inviato la foto, poi tratteggiata a colori, che i suoi genitori tenevano in camera da letto. E l\'ultima lettera del disperso del 21 ottobre 1942 malato o ferito. «Dove mi trovo fa molto freddo e non so come ripararmi - scriveva - Sono da 20 giorni in ospedale e non ho ancora visto una lettera da casa». Da allora è stato ingoiato per sempre nella tragica ritirata di Russia.
Dopo la pubblicazione dell\'inchiesta sulle piastrine dei nostri dispersi riemerse dalle steppe, in tanti ci hanno scritto per chiedere notizie dei loro cari. Oppure per condannare o comprendere la vendita in rete dell\'ultimo ricordo di un caduto. Non solo: i reduci di Russia hanno rivelato di «avere scoperto due fosse comuni di soldati italiani, che andremo a scavare per la riesumazione dopo l\'inverno e il disgelo».
Simona Podavini, sperando che fra le piastrine ritrovate ci sia anche quella del bisnonno, ha scritto: «Sono la nipote di Franceschini Pietro disperso nella guerra in Russia del corpo degli Alpini». Nino Airaghi chiede notizie del «primo cugino Buttarelli Andrea classe 1922» che «risulta sepolto in fossa comune campo 56 (di prigionia ad Uciostoje, nda) - data 17.02.1943». Aldo Amighetti, orfano di guerra, cerca la piastrina del padre, Antonio, capitano di artiglieria di Lovere, in provincia di Bergamo.
Francesco Chiarizza di Roma ha comprato in rete per 150 euro la piastrina di riconoscimento di un disperso, Giuseppe Cavelleri partito da Vado Ligure in provincia di Savona. «Ho trovato eticamente deplorevole la richiesta di denaro per un oggetto così delicato e carico di significato - spiega al Giornale - Ma il cimelio andava comunque riportato a casa». Cavelleri era un giovane alpino del primo reggimento, che risulta disperso in combattimento nel 1943. Chiarizia ha rintracciato il figlio e il nipote per «riconsegnare quanto apparteneva al loro antenato, che donò la giovane vita per la Patria».
Sulle piastrine, se comprarle e come farle tornare a casa, il mondo dell\'associazionismo alpino e dei reduci di Russia ha opinioni discordanti. Il pezzo di latta, dal valore simbolico e affettivo enorme, è formalmente proprietà del ministero della Difesa. Gianbeppe Noero aprendo il canale con un collezionista russo che non vuole soldi, ma la consegna diretta alla famiglia dei dispersi, ne sta raccogliendo una cinquantina. La sezione dell\'Associazione nazionale alpini di Cuneo scrive al Giornale che «non è più il referente del Centro Studi» dal 2 luglio. Noero spiega di far parte di un altro Centro studi a Ceva. E tira dritto sulle piastrine: «Il 3 ottobre a Casale Monferrato si riuniranno i rappresentanti del primo raggruppamento che comprende Valle D\'Aosta, Piemonte, Liguria e Francia. Discuteremo anche del recupero e consegna delle piastrine. Non faccio distinzioni politiche o di reparto e cerco i familiari in tutta Italia».
L\'Unirr, Unione nazionale italiana reduci di Russia, ha idee diverse. «Se per avere la piastrina, ne rimanesse priva la salma che così sarebbe non più identificabile i parenti la vorrebbero ugualmente?» si chiede Silvio Cherio della sezione di Torino.
Il presidente ad interim dell\'Unirr, Giovanni Soncelli, spiega al Giornale che «abbiamo deciso di donare le piastrine ritrovate ai musei e consegnare ai parenti una pergamena con una foto». Il 26 gennaio, anniversario dell\'epica battaglia di Nikolajevka, lo hanno fatto con 4 piastrine al museo della campagna di Russia e sacrario di Cargnacco in Friuli-Venezia Giulia.
L\'Unirr è accreditato presso l\'equivalente ente russo di Onor caduti in Italia, che si occupa dei dispersi in guerra. «L\'anno scorso abbiamo mandato dei ricercatori in Russia, che hanno eseguito dei sondaggi trovando due fosse comuni di soldati italiani nell\'area di Arbuzovka» spiega il presidente. La famigerata «valle della morte» dove nel dicembre 1942 sono caduti o finiti in prigionia 10mila italiani, soprattutto della divisione Pasubio. «Dovevamo cominciare a scavare prima dell\'estate, ma l\'emergenza Covid ha sospeso tutto - dichiara Soncelli - Torneremo in maggio con i russi e due squadre dall\'Italia di una quindicina di persone per riesumare i corpi». E riportare finalmente a casa i nostri caduti.
[continua]