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26 settembre 2020 - Interni - Italia - Il Giornale
Via le sanzioni alle Ong e accoglienza diffusa Porti aperti ai migranti
Porti aperti alle navi delle ong, che resteranno impunite se sbarcano migranti in Italia. Maglia larga per la protezione internazionale e si ritorna all\'accoglienza diffusa, cavallo di battaglia della sinistra. La definitiva bozza giallorossa, che affossa i decreti sicurezza dell\'ex ministro dell\'Interno, Matteo Salvini, è un\'assurda retromarcia. Un «bidone» legislativo che è da un mese sul tavolo del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Il ministro dell\'Interno, Luciana Lamorgese, ha fatto sottoscrivere la bozza dai capi delegazione delle forze di maggioranza. Peccato che il governo non abbia avuto il coraggio di approvarlo in Consiglio dei ministri, prima delle elezioni regionali.
L\'aspetto paradossale è che nel titolo del decreto sparisce la parola «sicurezza», come se fosse un tabù. E rimangono solo le «Disposizioni in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, nonché in materia di diritto penale». Un lavoro di cesello contenuto in 9 articoli, che va oltre le richieste del capo dello Stato, Sergio Mattarella, scaturite dal secondo decreto sicurezza di Salvini.
Il primo «bidone» è non solo la scomparsa delle multe milionarie per le Ong. L\'articolo 1 prevede di fatto l\'apertura dei porti per le navi dei talebani dell\'accoglienza. I blocchi, che possono ancora venire decisi dal Viminale, «non trovano comunque applicazione () nell\'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera». In pratica le navi «umanitarie» potranno continuare a imbarcare migranti partiti dalla Libia semplicemente avvisando via radio, come già fanno fra mille furbizie. Le multe, fino a 1 milione con Salvini, vengono riportate alla cifra iniziale da un minimo di 10mila a un massimo di 50mila euro, ma difficilmente verranno applicate essendo chiaro che il divieto di transito e sosta nelle acque territoriali italiane non può essere applicato a chi soccorre i migranti. E non c\'è traccia delle «sanzioni che potrebbero diventare di carattere penale» annunciate solo 48 ore fa da Lamorgese scatenando la protesta delle Ong.
Il secondo «bidone» è il riallargamento delle maglie strette volute da Salvini sulla protezione umanitaria e l\'ampliamento della casistica dei permessi di soggiorno. Grazie all\'articolo 5 bis i richiedenti asilo torneranno a venire regolarmente iscritti all\'anagrafe con tanto di carta di identità valida per te anni. Non solo: viene dimezzato il tempo di trattenimento nei centri per il rimpatrio dei migranti in attesa di essere rimandati a casa, da 180 a 90 giorni «prorogabili per altri 30 qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l\'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri».
Il terzo «bidone» è il ritorno al «sistema di accoglienza e integrazione» diffusa sul territorio, che farà infuriare soprattutto i governatori leghisti delle Regioni. E verranno ristabiliti una serie di servizi in parte tagliati da Salvini. Nei centri «sono erogati, anche con modalità di organizzazione su base territoriale, oltre alle prestazioni di accoglienza materiale, l\'assistenza sanitaria, l\'assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio» si legge nel testo definitivo.
Non è detto, però, che i grillini fatti a pezzi dalle urne e divisi approveranno in Parlamento, senza colpo ferire, il decreto «bidone» tanto caro alla sinistra.
[continua]

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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
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Giornalismo di guerra e altro.

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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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