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19 giugno 2021 - Sito - Afghanistan - Il giornale.it
"Timori di rappresaglie talebane e i fornitori afghani chiedono aiuto all’Italia "
\"Buongiorno, siamo alcuni fornitori delle truppe italiane, che hanno servito a Camp Arena, in Afghanistan. Abbiamo bisogno del vostro aiuto”. Inizia così l’appello inviato al Giornale da negozianti e fornitori afghani che, per anni, sono stati al fianco dei nostri militari soddisfacendo piccole e grandi necessità. Dopo l’ammaina bandiera ad Herat, rischiano di finire nel mirino della vendetta talebana. Il 19 giugno intanto si è conclusa \"l\'Operazione Aquila\", che ha portato al riparo in Italia gli afghani che nel ruolo di interpreti hanno collaborato in questi anni con il contingente militare italiano inserito nella missione Isaf e poi in quella denominata \'Resolute Support\' in Afghanistan, una scelta doverosa sollecitata da una serie di articoli-denuncia del Giornale. Con gli interpreti, al sicuro anche i loro familiari. In tutto 270 persone. Questa mattina è atterrato a Fiumicino l\'ultimo dei voli pianificati in proposito in questi ultimi 10 giorni dal Comando operativo interforze italiano, comandato dal generale Luciano Portolano, che ha portato in Italia il gruppo residuo delle persone da trasferire.
Non pochi amici afghani, però, rischiano di restare indietro. Circa cento famiglie che chiedono di venire trasferite in Italia “oppure in qualsiasi altro Paese europeo” come spiegano al Giornale. Collaboratori di serie B, che la Germania, però, ha deciso di inserire nelle liste di evacuazione come gli interpreti. Non si può escludere che qualcuno cerchi di approfittare della situazione e del “passaggio” in Italia, ma la Difesa e l’intelligence sono in grado di fare una cernita individuando chi rischia veramente la vita. Gli shopkeeper e fornitori sono terrorizzati da quanto potrebbe accadere non appena se ne andranno gli ultimi nostri soldati: “Per anni abbiamo equipaggiato le truppe della coalizione. Non avremmo mai pensato che un giorno gli italiani ci avrebbero abbandonati, completamente soli, davanti alla minaccia (dei talebani, ndr). La vita comincia ad essere molto difficile per noi e le nostre famiglie. Rischiamo di perdere le persone più care e i nostri figli”.
Una decina di giorni fa hanno manifestato pacificamente davanti all’ufficio dei Diritti umani ad Herat. Niente autorizzazione per farlo davanti a Camp Arena, la base italiana. I cartelli scritti in italiano non lasciano dubbi: “Salvate le nostre vite...Saremo uccisi per la cooperazione con voi….” sotto il Tricolore e il simbolo della Nato. Un lungo striscione sorretto dagli afghani esclusi dalla protezione è come un pugno nello stomaco: “Non è giustizia. Vi preghiamo di non lasciarci soli dopo vent’anni di collaborazione. Non vi abbiamo lasciati soli quando avevate bisogno di aiuto”. Per anni il loro contributo è stato importante, come racconta il colonnello Emanuele Biondini, che ha servito in Afghanistan: “Ricordo in particolare il titolare dell’impresa di costruzioni che ci forniva l’integrazione alla manovalanza per i lavori infrastrutturali all’interno di Camp Arena e faceva anche altri interventi nelle task force più vicine ad Herat. Era sempre disponibile e una persona di grande cuore. La speranza è che non subisca vendette…”. Il rischio è proprio questo per gli afghani dimenticati.
Una minaccia non nuova spiega Mario Mauro, ex ministro della Difesa italiano alla vigilia della prima grossa diminuzione del contingente: “Quando, nel 2013, ho incontrato ad Herat l’allora ministro della difesa afghano, Bismillah Khan, insieme al nostro omologo tedesco, Thomas de Maizière, mi disse: “Se andate via, portate con voi anche gli interpreti e tutti quelli che hanno collaborato con voi perché non saremo in grado di proteggerli’. Bismillah Khan ribadì “che i talebani avrebbero attaccato prima coloro che lavoravano con noi e poi le donne che avevano studiato”. Per ora sono arrivati a Fiumicino 82 afghani dei 270 collaboratori locali e relative famiglie già inseriti nella prima lista di evacuazione, che hanno operato spalla a spalla con i contingenti italiani. A parte alcuni casi di positivi al virus isolati a Roma gli altri sono stati smistati per la quarantena in strutture dell’esercito nel Sud Italia. Anche la Marina ha messo a disposizione alloggi nell’area logistica di Camigliatello Silano.
Il generale degli alpini, Giorgio Battisti, non più in servizio attivo, sottolinea che “il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, nell’annunciare i primi arrivi, ha anticipato che è in corso per altri 400 afghani l’accertamento per l’effettivo rapporto di collaborazione avuto con i nostri militari”. Da alto ufficiale ha conosciuto bene l’Afghanistan: “Anche se non sono collaboratori come gli interpreti, in corso di trasferimento in Italia, il loro contributo è stato molto apprezzato da tutti noi”. Da una parte l’importante supporto logistico di forniture e manovalanza. Dall’altra, per gli shopkeeper, “non si trattava solo della possibilità di acquistare oggetti ricordo e souvenir di quell’affascinante Paese, ma delle notizie di prima mano che anticipavano sulla situazione locale”. Battisti osserva che “nel corso del tempo, si sono instaurati solidi rapporti di amicizia che andavano ben oltre la fredda relazione economica. Portare anche loro in Italia sarebbe un’ulteriore dimostrazione dello spirito di accoglienza cristiana della nostra società e una grande soddisfazione per tutti i veterani dell’Afghanistan”. Soprattutto se non respingiamo i migranti illegali in arrivo da Libia o Tunisia e apriamo i porti alle nave delle Ong che ne sbarcano centinaia alla volta.
Della stessa opinione dell’ex generale, Mario Mauro: “Sarebbe bello che il governo fosse di manica larga con queste persone perché ci hanno affidato la loro vita”.
[continua]

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14 novembre 2001 | Studio Aperto | reportage
I talebani fuggono da Kabul
Dopo una battaglia durata 24 ore i mujaheddin dell'Alleanza del nord sono entrati vittoriosi a Kabul il 13 novembre 2001. I talebani hanno abbandonato la capitale.

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01 ottobre 2019 | Tg4 | reportage
I talebani alle porte di Kabul
GUERRA ALLE PORTE DI KABUL A Maidan Shahr, cinquanta chilometri da Kabul, la guerra con i talebani è senza esclusione di colpi L’artiglieria di fabbricazione russa dell’esercito afghano martella le postazioni dei talebani che controllano l’entroterra Il comandante della quarta brigata spiega che è stata individuata una base del nemico, dushman ed i suoi esploratori confermano via radio che l’obiettivo è stato centrato e distrutto Non è semplice per gli occidentali arrivare a Maidan Shahr Nel capoluogo provinciale la polizia ci porta subito in un’operazione notturna Un avamposto governativo è sotto attacco e ha bisogno di fuoco di copertura Il generale che comanda la polizia del Wardak sostiene con orgoglio che i suoi uomini hanno eliminato 540 talebani negli ultimi sette mesi I numeri vanno presi con le pinze, ma anche l’esercito vuole farsi vedere attivo Il comandate intercetta le comunicazioni radio del nemico e ci scorta fino sulla prima linea appena a dieci chilometri da Maidan Shahr I governativi controllano il capoluogo e a malapena l’autostrada numero 1 I blindati avanzano e pochi minuti dopo arrivano i primi colpi Queste sono le immagini di un altro scontro il giorno prima La provincia di Wardak è la porta d’ingresso di Kabul infestata dai talebani

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16 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia 1 | reportage
Cronaca da Kabul liberata
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19 aprile 2010 | SBS Australia | intervento
Afghanistan
Liberati i tre operatori di Emergency
Svolta nella ultime ore dopo una settimana di passione.

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20 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ Alle urne fra minacce talebane e presunti brogli
Si parte all’alba da base Tobruk, con i paracadutisti della Folgore, per garantire la sicurezza delle elezioni presidenziali in Afghanistan nella turbolenta provincia di Farah. Nel distretto di Bala Baluk, infestato dai talebani, sono aperti 5 seggi su 30. I parà della 6° compagnia Grifi, dislocati nei punti nevralgici, sono pronti ad intervenire per difendere le urne. Gli insorti hanno proclamato una specie di coprifuoco contro le elezioni “degli infedeli che occupano il paese”. Chi va ai seggi a queste parti rischia la pelle ancora prima di arrivarci. Con dei volantini affissi nelle moschee l’emirato talebano ha minacciato “di piazzare mine sulle strade principali”. I terroristi suicidi si sono inventati nuove tattiche come spiega prima di partire il tenente dei paracadutisti Alessandro Capone. L’elezione del nuovo presidente afghano e dei consigli provinciali nelle zone a rischio come questa di Bala Baluk è un terno al lotto. Nell'umile e polveroso villaggio di Sharak, le 40 famiglie che ci abitano avevano ricevuto solo 8 certificati elettorali. "E' passato il comandante Zabid Jalil e gli abbiamo consegnato le schede. Ha detto che ci pensa lui a scegliere il presidente. Meglio così: se i talebani le trovavano ci avrebbero ammazzato" racconta haji Nabu, il capo villaggio. Jalil è il boss della tribù e ha pure i gradi di generale della polizia. Un esempio di "democrazia" all'afghana.

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20 maggio 2005 | Radio 24 | reportage
Afghanistan
Timor Shah il tagliagole che ha rapito Clementina
Partiamo con la cronaca dall'Afghanistan per capire dall'inviato a kabul de Il Giornale, Fausto Biloslavo, se ci sono nuovi sviluppi in merito al sequestro della cooperante italiana Clementina Cantoni. Non sono ancora chiare, infatti, le richieste dei rapitori e sia il Governo afghano sia quello italiano hanno invitato al riserbo più assoluto.

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12 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - Il prigioniero talebano
Afghanistan,un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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13 gennaio 2003 | Radio 24 Nove in punto | intervento
Afghanistan
Arrivano i rinforzi italiani, ma in Afghanistan si mette male/1
Cinquanta attacchi al mese alle truppe della Nato. Gli americani cominciano ad usare il pugno di ferro ed infastidiscono anche gli alleati afghani. Gli italiani pronti ad inviare gli alpini.

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