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12 marzo 2024 - Prima - Italia - Il Giornale
I piani per gli attacchi e i soldi a Tulkrem
Fausto Biloslavo
Attacchi suicidi, ordigni chiamati “pacco dell’amore”, armi e telecamere per riprendere gli attacchi e soldi da inviare ai terroristi palestinesi. Non solo: un “ferro”, probabilmente una pistola, procurata in Italia e un’ampia attività di propaganda con comunicati e video dei “martiri” che combattono contro Israele.  Le 49 pagine dell’Ordinanza della custodia cautelare in carcere, del Gip Marco Belli, per tre palestinesi accusati di terrorismo internazionale, svelano l’esistenza di una cellula a L’Aquila delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa sulla lista nera di Stati Uniti e Unione europea.
Il capo è Anan Kamal Afif Yaeesh, 37 anni, già in carcere a Terni per una richiesta di estradizione israeliana. Assieme ad altri due palestinesi, Ali Saji Ribhi e Manosur Doghmosh, arrestati ieri, “promuovevano, costituivano, organizzavano, dirigevano, finanziavano una struttura operativa militare denominata “Gruppo di Risposta Rapida - Brigate Tulkarem”, articolazione delle “Brigate dei Martiri di Al-Aqsa” con (…) finalità di compimento di atti di violenza a fini di terrorismo rivolti contro uno Stato estero (Israele), sia in territorio estero (palestinese, giordano e libanese), sia in territorio italiano (dalla città de L’Aquila)”. Tutti e tre vivevano nel capoluogo abruzzese.
Il capo “si ritraeva in immagini e video mentre imbracciava un
fucile nonché (…)  in uno screenshot di una videochiamata insieme a Munir Al Maqdah che alle sue spalle aveva due fucili, uno dei quali con ottica di precisione installata”. Al Maqdah è il comandate militare delle Brigate Al Aqsa e generale del movimento al Fatah.
Da L’Aquila “pianificavano dettagliatamente un’azione terroristica da compiersi nell’insediamento israeliano di Avnei Hefetz” in Cisgordania “mediante l’utilizzo di autobomba”. Yaeesh il 19 maggio dello scorso anno spiegava via Telegram al capo delle Brigate al Aqsa che “la settimana prossima ti arriveranno delle telecamere da installare sul fucile e sui berretti, più giubbotti di protezione…così ogni combattimento, ogni colpo viene filmato…”, come ha fatto Hamas durante l’attacco stragista del 7 ottobre.
Il palestinese che viveva a L’Aquila spiega che “si tratta di unità suicide, pronte ad agire in profondità”. Non solo: “Inquietante il richiamo al prezzo del “pacco dell’amore”, come un altro capo terrorista in Cisgiordania chiama un ordigno, forse un razzo, per colpire probabilmente Gerusalemme. Yaeesh assicura che gli invierà subito i soldi e chiede qualche foto dei “ragazzi con le bende delle brigate al momento del lancio” dell’ordigno.
I tre palestinesi arrestati sono formalmente disoccupati, ma risultano intestatari di decine di conti in diverse banche italiane. Il 9 gennaio il capo della cellula comunica al comandante dell’organizzazione terroristica in Cisgiordania che “la cifra totale che riceverai è di 51mila dollari” solo per Tulkarem. La Digos ha scoperto il saldo di una carta preparata Postepay del capo cellula  di 95.760,59 euro. Yaeesh si raccomanda: “L’importante che fate addestramento per incursione o combattimento … state attenti ai cecchini”. Nei video della propaganda del terrore non manca l’insegnamento “all’uso delle armi di giovani reclute e bambini, corredato da canti e musica”.
Il 30 gennaio gli altri due membri della cellula, Doghmosh e Irar, fanno riferimento ad un “ferro”, un’arma, forse una pistola, che bisogna andare a prendere probabilmente a Teramo. Nell’ordinanza si lancia l’allarme: “Appare formulabile l’ipotesi che si trattasse di un’arma da utilizzare o da avere comunque a disposizione in Italia”.
Incredibile il curriculum di Yaeesh: aderisce alla lotta armata in Cisgiordania dopo che la sua fidanzata viene uccisa dagli israeliani come sospetta kamikaze. Per tre anni fa parte anche dei servizi segreti palestinesi. Nel 2006 viene ferito e arrestato in un raid di un’unità in borghese israeliana, stile Fauda, e finisce per quattro anni in carcere. Nel 2010 arriva in Europa con un visto norvegese. La richiesta di protezione internazionale viene respinta più volte. Dalla Norvegia prende un treno e arriva a Roma l’8 ottobre 2017, ma punta subito su L’Aquila. Alcuni arabi gli dicono che è “una piccola città dove avrei avuto (…) più possibilità di ottenere il permesso di soggiorno”. Nella richiesta di protezione in Italia, che per questo motivo viene respinta, non nasconde il suo curriculum con le Brigate al Aqsa.
[continua]

video
23 aprile 2012 | Premio Lago | reportage
Il premio Giorgio Lago: Arte, impresa, giornalismo, volontariato del Nord Est
Motivazione della Giuria: Giornalista di razza. Sempre sulla notizia, esposto in prima persona nei vari teatri di guerra del mondo. Penna sottile, attenta, con un grande amore per la verità raccontata a narrare le diverse vicende dell’uomo.

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12 maggio 2020 | Tg5 | reportage
L'infermiera sopravvissuta al virus
L’infermiera ha contratto il virus da un paziente anziano nell’ospedale Maggiore di Trieste A casa non riusciva più a respirare ed è stata trasportata d’urgenza in ospedale Il figlio, soldato della Nato, era rimasto bloccato sul fronte baltico dall’emergenza virus con l’appartamento pieno di medicine l’incubo del contagio non l’abbandonerà mai Due mesi dopo il contagio Svetlana è negativa al virus ma ancora debole e chiusa in casa

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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
Conosciamoci
Giornalismo di guerra e altro.

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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