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10 giugno 2024 - Attualità - Gaza - Il Giornale
Spie, agenti camuffati e pioggia di fuoco Così Israele ha liberato i quattro ostaggi
Le unità «ciliegia», che si camuffano da palestinesi, sia civili sia combattenti di Hamas, gli informatori sul terreno, le confessioni dei prigionieri e lo spionaggio elettronico, a cominciare dai satelliti, messi a disposizione dagli Usa. Così gli israeliani sono riusciti a liberare quattro ostaggi.
L’operazione, «Semi d’estate», è stata ribattezzata Arnon, il nome dell’ispettore capo Zamora, unico caduto israeliano, dello Yamam, l’unità d’élite.
Il blitz alle 11 del mattino, per sfruttare l’effetto sorpresa di un raid alla luce del sole e non notturno, come si fa di solito, è scattato simultaneamente su due edifici residenziali, uno a 200 metri dall’altro, nel campo-quartiere di Nuseirat, nel centro della Striscia. Le squadre d’attacco si erano avvicinate camuffandosi da profughi riparati da Rafah arrivando a bordo di macchine coi materassi sul tetto, fra loro anche alcune donne velate. E addirittura da combattenti di Hamas con tanto di badge di identificazione, armamento e fasce verdi dell’Islam, come scrive il Times of Israel.
Una specialità nata con le unità Duvdevan «ciliegia» volute da Ehud Barak per le missioni speciali dietro le linee. Gli operativi, che parlano perfettamente arabo e hanno fattezze palestinesi fanno parte della leggendaria unità mista’aravim della 89ª Brigata Commando Oz delle Forze di difesa israeliane, ma sul campo sono stati impiegati in borghese anche gli agenti dello Shin Bet, l’intelligence interna e soprattutto i team d’assalto dello Yamam.
«La preparazione è durata del tempo. Ci vogliono infiltrati fra i palestinesi a Gaza oppure informatori a pagamento. E anche gli interrogatori dei prigionieri sono importanti - spiega al Giornale un veterano dei corpi speciali italiani - Una volta individuati gli obiettivi devi avere la mappatura perfetta di dove vengono tenuti gli ostaggi e di chi sono i carcerieri. E puoi avvicinarti solo se ti scambiano per un palestinese o addirittura un miliziano».
Per ognuno dei due bersagli sono stati impiegati nell’irruzione almeno due squadre, una d’assalto che doveva liberare gli ostaggi, un’altra in copertura. Tutt’attorno l’apparato di sicurezza era pronto a intervenire, con centinaia di soldati dei corpi d’élite. I blitz per liberare gli ostaggi «devono scattare con un “go” simultaneo su tutti e due i bersagli. Altrimenti si rischia che liberi uno e ti ammazzano gli altri». I tre uomini erano tenuti prigionieri nell’appartamento di Abdallah Ajamal, con la sua famiglia, che aveva definito l’attacco stragista del 7 ottobre «un’operazione coraggiosa».
Un citizen journalist che ha collaborato, una volta, cinque anni fa, con al Jazeera e scriveva per un periodico palestinese.
Il blitz ha avuto successo, ma la situazione è precipitata durante l’esfiltrazione. Il veicolo con i tre ostaggi uomini è finito sotto il fuoco di Hamas, che ha bloccato il mezzo. Probabilmente in questo frangente è stato colpito mortalmente l’ispettore capo Zamora.
La situazione è diventata drammatica non solo con Hamas, ma con mezzo quartiere del mercato di Nuseirat che si è sollevato per fermare gli israeliani. Il comando israeliano ha scatenato l’inferno per mettere in salvo gli ostaggi e i loro liberatori. Non solo con bombardamenti mirati di droni ed elicotteri, ma con l’intervento sul campo dell’Unità 669 di ricognizione dei paracadutisti, i corpi speciali dell’aviazione, Shaldag e la leggendaria Shayetet 13, l’élite della Marina. Gli israeliani ammettono di avere ucciso un centinaio di palestinesi, nella furiosa battaglia, ma le fonti vicine ad Hamas parlano di 274 morti, senza distinguere fra civili e combattenti. Fonti militari coinvolte nell’operazione hanno ammesso: la missione è «riuscita per un pelo».
[continua]