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21 giugno 2024 - Prima - Italia - Il Giornale
I giudici: stop alle motovedette italiane
I «sabotatori» delle Ong pro migranti riescono ad infilare l’ennesimo bastone fra le ruote sul fronte della lotta all’immigrazione clandestina. Questa volta è il Consiglio di Stato, massimo giudice amministrativo, a bloccare, per ora, l’invio di sei motovedette alla Tunisia che sarebbero servite a intercettare le partenze illegali su pericolosi barchini in ferro. Il bello è che il Tribunale amministrativo del Lazio aveva respinto il ricorso, ma questa volta la «macchina da guerra» legale delle Ong ha fatto centro per danneggiare i delicati accordi che il governo italiano sta stringendo con la Tunisia con lo scopo di tamponare gli arrivi a Lampedusa. Solo lo scorso mese i migranti intercettati in mare dai tunisini sono stati 8.736, il doppio rispetto ai 4.076 di maggio 2023. I talebani dell’accoglienza di Asgi, Arci, ActionAid, Mediterranea Saving Humans, Spazi Circolari e Le Carbet cantano vittoria. Il primo ricorso al Tar puntava a bloccare il finanziamento di 4,8 milioni di euro per la rimessa in efficienza e il trasferimento alla Tunisia delle 6 motovedette. A fine maggio è stato rigettato ritenendo la consegna legittima in base al Memorandum del 16 luglio 2023 tra Ue e Tunisia, adottato dal governo italiano, che conferma come il paese nord africano sia sicuro.
In giugno dovevano venire consegnate le prime tre motovedette, ma il Consiglio di Stato ha deciso che sono «prevalenti le esigenze di tutela rappresentate da parte appellante», ovvero le Ong. In pratica i talebani dell’accoglienza considerano la Tunisia alla stregua della Libia, una specie di inferno a cielo aperto. «Le deportazioni di massa, gli arresti arbitrari e le violenze ai danni delle persone migranti dimostrano che la Tunisia non può essere considerata un luogo sicuro di sbarco.
Come per la Libia, le autorità tunisine non possono quindi essere considerate un interlocutore nelle attività di soccorso» commenta Lorenzo Figoni di ActionAid Italia. Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Humans, che usa il termine ultra politicamente corretto di «persone in movimento» sostiene: «Alla luce della documentazione depositata, riteniamo la Tunisia un porto non sicuro».
E il Consiglio di Stato sembra confermare questa tesi, sospendendo la consegna delle motovedette e rinviando l’udienza in Camera di Consiglio all’11 luglio.
Sara Kelany, responsabile del dipartimento Immigrazione di Fratelli d’Italia lancia l’allarme: «Il provvedimento in via d'urgenza è stato assunto senza sentire le parti, senza dunque poter acquisire elementi di fatto e di diritto utili ad una decisione ponderata. Il decreto del consiglio di Stato appare pericoloso rispetto soprattutto alla finalità di contrasto del traffico degli esseri umani».
Non solo: la Tunisia ha finalmente formalizzato, ieri, la propria Zona di ricerca e salvataggio in mare (Sar), un passo a lungo richiesto dall’Italia per contrastare i flussi migratori illegali. Tunisi si sta dotando di un Centro di soccorso simile a quello del nostro paese accentrando il coordinamento sui mezzi di varie armi e strutture di sicurezza per incrementare le intercettazioni e salvataggi in mare. Il governo italiano e l’Europa appoggia lo sforzo tunisino con aiuti e mezzi comprese le 6 motovedette bloccate dal massimo giudice amministrativo. L’ammiraglio in congedo, Fabio Caffio apre uno spiraglio: «Una cosa è la giurisprudenza nazionale, un'altra l'orientamento governativo. In aprile, tramite decreto, ha espresso che la Tunisia è un Paese sicuro. Il governo si attiene pure a dei report internazionali: non c'è solo la sentenza del Consiglio di Stato».
[continua]

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10 giugno 2008 | Emittente privata TCA | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /2
Negli anni 80 lo portava in giro per Milano sulla sua 500, scrive Panorama. Adesso, da ministro della Difesa, Ignazio La Russa ha voluto visitare a Bolzano la mostra fotografica Gli occhi della guerra, dedicata alla sua memoria. Almerigo Grilz, triestino, ex dirigente missino, fu il primo giornalista italiano ucciso dopo la Seconda guerra mondiale, mentre filmava uno scontro fra ribelli e governativi in Mozambico nell’87. La mostra, organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti, espone anche i reportage di altri due giornalisti triestini: Gian Micalessin e Fausto Biloslavo.

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21 settembre 2012 | La Vita in Diretta | reportage
Islam in Italia e non solo. Preconcetti, paure e pericoli


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30 aprile 2020 | Tg5 | reportage
L'anticamera dell'inferno
Fausto Biloslavo TRIESTE - “Per noi in prima linea c’è il timore che il ritorno alla vita normale auspicata da tutti possa portare a un aumento di contagi e dei ricoveri di persone in condizioni critiche” ammette Gianfranco, veterano degli infermieri bardato come un marziano per proteggersi dal virus. Dopo anni in pronto soccorso e terapia intensiva lavorava come ricercatore universitario, ma si è offerto volontario per combattere la pandemia. Lunedì si riapre, ma non dimentichiamo che registriamo ancora oltre 250 morti al giorno e quasi duemila nuovi positivi. I guariti aumentano e il contagio diminuisce, però 17.569 pazienti erano ricoverati con sintomi fino al primo maggio e 1578 in rianimazione. Per entrare nel reparto di pneumologia semi intensiva respiratoria dell’ospedale di Cattinara a Trieste bisogna seguire una minuziosa procedura di vestizione. Mascherina di massima protezione, tuta bianca, copri scarpe, doppi guanti e visiera per evitare il contagio. Andrea Valenti, responsabile infermieristico, è la guida nel reparto dove si continua a combattere, giorno e notte, per strappare i contagiati alla morte. Un grande open space con i pazienti più gravi collegati a scafandri o maschere che li aiutano a respirare e un nugolo di tute bianche che si spostano da un letto all’altro per monitorare o somministrare le terapie e dare conforto. Un contagiato con i capelli grigi tagliati a spazzola sembra quasi addormentato sotto il casco da marziano che pompa ossigeno. Davanti alla finestra sigillata un altro paziente che non riesce a parlare gesticola per indicare agli infermieri dove sente una fitta di dolore. Un signore cosciente, ma sfinito, con i tubi dell’ossigeno nel naso è collegato, come gli altri, a un monitor che segnala di continuo i parametri vitali. “Mi ha colpito un paziente che descriveva la sensazione terribile, più brutta del dolore, di non riuscire a respirare. Diceva che “è come se mi venisse incontro la morte”” racconta Marco Confalonieri direttore della struttura complessa di pneumologia e terapia intensiva respiratoria al dodicesimo piano della torre medica di Cattinara. La ventilazione non invasiva lascia cosciente il paziente che a Confalonieri ha raccontato come “bisogna diventare amico con la macchina, mettersi d’accordo con il ventilatore per uscire dal tunnel” e tornare alla vita. Una “resuscitata” è Vasilica, 67 anni, operatrice di origine romena di una casa di risposo di Trieste dove ha contratto il virus. “Ho passato un inferno collegata a questi tubi, sotto il casco, ma la voglia di vivere e di rivedere i miei nipoti, compreso l’ultimo che sta per nascere, ti fa sopportare tutto” spiega la donna occhialuta con una coperta sulle spalle, mascherina e tubo per l’ossigeno. La sopravvissuta ancora ansima quando parla del personale: “Sono angeli. Senza questi infermieri, medici, operatori sanitari sarei morta. Lottano ogni momento al nostro fianco”. Il rumore di fondo del reparto è il ronzio continuo delle macchine per l’ossigeno. L’ambiente è a pressione negativa per aspirare il virus e diminuire il pericolo, ma la ventilazione ai pazienti aumenta la dispersione di particelle infette. In 6 fra infermieri ed un medico sono stati contagiati. “Mi ha colpito la telefonata di Alessandra che piangendo ripeteva “non è colpa mia, non è colpa mia” - racconta Confalonieri con il volto coperto da occhialoni e maschera di protezione - Non aveva nessuna colpa, neppure sapeva come si è contagiata, ma si struggeva per dover lasciare soli i colleghi a fronteggiare il virus”. Nicol Vusio, operatrice sanitaria triestina di 29 anni, ha spiegato a suo figlio che “la mamma è in “guerra” per combattere un nemico invisibile e bisogna vincere”. Da dietro la visiera ammette: “Me l’aspettavo fin dalla prime notizie dalla Cina. Secondo me avremmo dovuto reagire molto prima”. Nicol racconta come bagna le labbra dei pazienti “che con gli occhi ti ringraziano”. I contagiati più gravi non riescono a parlare, ma gli operatori trovano il modo di comunicare. “Uno sguardo, la rotazione del capo, il movimento di una mano ti fa capire se il paziente vuole essere sollevato oppure girato su un fianco o se respira male” spiega Gianfranco, infermiere da 30 anni. Il direttore sottolinea che “il covid “cuoce” tutti gli organi, non solo il polmone e li fa collassare”, ma il reparto applica un protocollo basato sul cortisone che ha salvato una novantina di contagiati. Annamaria è una delle sopravvissute, ancora debole. Finalmente mangia da sola un piattino di pasta in bianco e con un mezzo sorriso annuncia la vittoria: “Il 7 maggio compio 79 anni”.

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radio

06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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