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Reportage
15 ottobre 2024 - Il Fatto - Libano - Il Giornale
“In Libano come a Gaza, guerra lunga e dolorosa La morte di Nasrallah? Hezbollah è ancora forte”
Il buio della notte è illuminato dai lampi rossi delle esplosioni, oltre le colline, verso il campo di battaglia fra Hezbollah e israeliani. Salman Hareb è la voce del Partito di Dio filo iraniano nel sud del Libano (responsabile rapporti con i media), tra i pochissimi che si espone parlando senza peli sulla lingua.

Che piega prenderà il conflitto?
«L’escalation a cui stiamo assistendo non è iniziata il 7 ottobre 2023, ma ben prima. Il primo tentativo risale al 2006 con la precedente invasione fallita. Ora sta accadendo di nuovo. Vogliono creare insediamenti nel sud del Libano, come a Gaza e replicare il modello che da anni stanno attuando in Cisgiordania. È il nuovo ordine mediorientale voluto da Benjamin Netanyahu».

In cosa consiste?
«Partendo da Gaza Netanyahu ha dichiarato che l’obiettivo era cancellare Hamas e il suo sistema di potere. Dopo un anno è chiaro che non è stato raggiunto. Israele ha massacrato decine di migliaia di civili palestinesi e non è riuscito a portare a compimento i suoi piani a Gaza. Così come non sarà in grado di farlo qui. Il progetto di creare una “zona sicura” in territorio libanese, svuotando le città e i villaggi di confine, con la pretesa di neutralizzare Hezbollah si dimostra ogni giorno sempre più difficile».
Però Israele sta espandendo le sue operazioni a Sud...
«Gli israeliani vanno avanti di due o trecento metri e poi se ne vanno via. Fino ad ora non sono stati in grado di prendere possesso di significative porzioni di territorio, anzi sono maggiori le perdite subite che i guadagni messi a segno. In alcuni punti del confine non sono nemmeno riusciti a penetrare più di qualche decina di metri. È chiaro che l’assassinio del nostro leader Hassan Nasrallah ha rappresentato un momento difficile, così come l’eliminazione di altri vertici. Questo però non compromette la determinazione e la solidità della resistenza, ma rappresenta per tutti noi una grande spinta per andare avanti più decisi».

Vuol dire che eravate preparati anche a uno scenario del genere?
«Ci sono strategie che Hezbollah ha sviluppato nel corso degli anni. Piani tattico-strategici che non abbiamo ancora attuato ma che avranno un’efficacia impressionante. Hezbollah ha ancora molte carte da giocare. La guerra sarà lunga e dolorosa per i nostri nemici».

Siete pronti a una guerra su larga scala come quella del 1982?
«Israele ha più volte detto che vuole entrare in Libano, ma non è assolutamente pensabile un’invasione come nel 1982 con l’arrivo degli israeliani a Beirut».

Cosa pensa degli attacchi contro Unifil compreso il contingente italiano?
«Episodi ostili nei confronti del contingente Unifil e dei militari italiani non sono nuovi e non sono iniziati con questa guerra. Israele da tempo prende di mira il caschi blu. Nel 1996, durante il massacro di Qana, fu colpito un complesso delle Nazioni Unite e dopo ci sono stati altri episodi».
Gli israeliani, però, vi accusano di usare Unifil come scudi...
«Più di una volta i militari israeliani si sono nascosti dietro o nei pressi delle basi Unifil, ma noi non abbiamo colpito i caschi blu. Illoro obiettivo è liquidare la missione. Al suo posto vorrebbero una forza multinazionale come quella guidata da Stati Uniti e Francia nel 1982, che risponde ai singoli governi (loro alleati) e che esercita maggiori pressioni sul Libano. Questo non lo accetteremo mai».
Alcuni dicono che l’Iran sta mollando Hezbollah...
«Hezbollah non ha bisogno che l’Iran intervenga nel conflitto. Abbiamo capacità e strumenti tali da potere agire per conto nostro. Però tutto ciò che riguarda Hezbollah, soldi, missili, addestramento è stato possibile grazie all’aiuto di Teheran, che ha creato l’importante realtà dell’asse della Resistenza (formazioni in Iraq, Siria e gli Houti nello Yemen nda)».

Non temete una ritorsione israeliana nei confronti dell’Iran?
«In questa fase del conflitto notiamo che Israele parla più di quanto dovrebbe e più di quanto agisce sul campo. Semmai proveranno ad attuare ritorsioni saranno loro stessi vittime di un contrattacco iraniano di vasta portata».

Siete pronti a ragionare su una tregua?
«Hezbollah è sempre aperta a un negoziato ma a condizioni eque e giuste, ovvero aiutare la popolazione di Gaza. La richiesta, inoltre, di indietreggiare decine di km rispetto al confine per permettere agli ebrei di tornare nei loro villaggi è solo un pretesto. Nel suo ultimo discorso prima di morire Hassan Nasrallah ha detto: “Netanyahu non è grado di garantire il ritorno sicuro della sua gente al nord sino a quando non sarà cessato il fuoco a Gaza e in Libano, condizioni che sono indiscutibili”. Non abbiamo fretta, siamo disposti a combattere fino al martirio».
[continua]

radio

05 settembre 2006 | Radio 24 | reportage
Libano
Sbarco dei soldati italiani
Aggiornamenti da Tiro con Fausto Biloslavo che segue lo sbarco delle truppe italiane in Libano per garantire la tregua fra i miliziani sciiti di Hezbollah ed Israele. Ma anche i tragici ricordi delle disastrose missioni Onu precedenti nel paese dei cedri ed in Ruanda.

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