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Reportage
17 ottobre 2024 - Attaualità - Libano - Il Giornale
Rabbia e minacce al funerale di Hezbollah “Pronti al martirio ma l’Iran ci ha tradito”
Fausto Biloslavo
NABATIEH - La strada a doppia corsia per Nabatieh, nel Sud del Libano, è deserta. Più ci avviciniamo alla città, roccaforte di Hezbollah, aumenta il presagio di morte e distruzione. Già in periferia il fumo grigio scaturito dai bombardamenti israeliani si alza da un edificio colpito al lato della strada. Ci passiamo in mezzo con un brivido che corre lungo la schiena. Sembra che non ci sia anima viva. Più avanti è ancora peggio: l’asfalto è cosparso dai detriti di due palazzine fatte a pezzi dalle bombe ancora avvolte nel fumo. Per arrivare in centro percorriamo un desolato vialone dove sventola da ogni lampione la bandiera gialla di Hezbollah. Il paesaggio è apocalittico intriso dell’odore pungente delle esplosioni. Il centro dove sorgeva il municipio non esiste più. Il palazzo è accartocciato, le automobili schiacciate e semi sepolte. Il sindaco, Ahmad Kahil, è rimasto ucciso assieme a tutto il suo entoruage e altre 40 persone hanno subito ferite comprese amputazione traumatiche. Molti erano civili che alle dieci del mattino venivano a ritirare gli aiuti alimentari per tirare avanti.
Nell’ospedale di Nabatieh i sacchi neri con i cadaveri hanno riempito la cella frigorifera. “La situazione è molto grave, una catastrofe - spiega Mohammad Abdallah, il direttore, in camice verde da chirurgo - Ci avevano già bombardato, ma questa volta hanno lanciato una quindicina di raid aerei uno dietro l’altro”. Dalla città, vista dall’alto, si alzano in più punti i pennacchi di fumo bianco. Gli israeliani sostengono di avere colpito sedi e arsenali di Hezbollah in una giornata di escalation che ha riportato le bombe a Beirut, dopo giorni, nella valle della Beeka e a Qana.
Il sangue e il dolore viene utilizzato da Hezbollah per serrare le fila e prepararsi a dare del filo da torcere agli israeliani. “Noi siamo tutti con Hassan Nasrallah” gridano in coro, alzando i pugni verso il cielo centinaia di sciiti, uomini, donne e mullah per il funerale di 16 persone, comprese ragazze appena maggiorenni, uccise da un attacco mirato dal cielo a Maaysra, 35 chilometri a Nord di Beirut.
La scena della casa accartocciata dalle bombe è stata preparata ad hoc per i giornalisti con un grande striscione su un’automobile polverizzata dall’attacco, che raffigura la statua della Libertà in versione satanica. E sotto c’è la scritta “Made in Usa”. Ovvero le bombe sganciate dagli israeliani in Libano sono americane. Il capofamiglia faceva parte di Hezbollah, ma giurano dell’ala politica e non militare.
Quello che impressiona è la trasformazione del funerale in una chiamata al “martirio”. Una donna avvolta nella tunica nera che lascia libero solo il volto si agita, piangendo e urla: “Mio fratello è uno dei martiri. Si è sacrificato per Hassan Nasrallah e per le terre del Sud” invase dagli israeliani.
Le foto del leader ucciso sono dappertutto, ma colpisce che l’unica immagine del grande ayatollah Alì Khamenei, guida suprema dell’Iran, sia relegata per terra all’ingresso della moschea, in secondo piano. Hezbollah non lo ammetterà mai ufficialmente, ma i miliziani sono convinti “che l’Iran non fa abbastanza per appoggiarci nella lotta”.
Mariam Amro è una ragazzina che insegna inglese con il viso pulito avvolto dall’hijab, il velo nero. In poche parole spiega tutto: “Siamo gente di fede e sappiamo che vinceremo. Il sangue versato ci sprona ad andare avanti”. E sprizza felicità per le manifestazioni in Italia, pro Gaza, con le bandiere di Hezbollah a dimostrazione, secondo lei, “che non siamo terroristi”.
Per la marcia funebre spuntano gli stendardi gialli sulle bare portate a spalla. In prima fila c’è un ferito, che arranca con le stampelle, in divisa da boy scout. Il grido di battaglia con i pugni alzati non lascia dubbi: “Siamo tutti resistenza”. I giovani miliziani vestiti di nero si battono il petto come ai tempi di Hussein, il mito sciita, pronti al martirio.
[continua]

radio

05 settembre 2006 | Radio 24 | reportage
Libano
Sbarco dei soldati italiani
Aggiornamenti da Tiro con Fausto Biloslavo che segue lo sbarco delle truppe italiane in Libano per garantire la tregua fra i miliziani sciiti di Hezbollah ed Israele. Ma anche i tragici ricordi delle disastrose missioni Onu precedenti nel paese dei cedri ed in Ruanda.

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