image
Commento
02 agosto 2017 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
No agli agenti di un Paese civile? Usino i porti di Francia o Spagna
di Fausto Biloslavo
N o agli agenti italiani come se fossero degli sgherri da polizia segreta del dittatore di turno. Nessuna regola altrimenti non si salvano in tempo le vite in mare. E tanta arroganza come se i padroni del mondo fossero le organizzazioni umanitarie, che possono permettersi di dire no a un Paese civile come l\'Italia. Però Medici senza frontiere e tutte le altre Ong non suonano la stessa musica in zone di guerra, dove non si va tanto per il sottile sui sofismi umanitari.
Msf e altre Ong meno blasonate si sono rifiutate di firmare il codice di condotta giustamente proposto dal governo italiano per cercare di mettere un argine al servizio taxi fornito a profughi e clandestini in partenza dalla Libia. Lo possono fare perché il nostro è un Paese democratico fin troppo attento e buonista alle istanze della solidarietà. I poliziotti italiani, che non devono salire a bordo delle navi umanitarie armati, vengono di fatto paragonati agli sgherri di Assad grazie al continuo riferimento allo stesso principio adottato nelle zone di crisi. In realtà, però, in Paesi come l\'Afghanistan le stesse Ong garantiscono che nessuno entri armato nei loro ospedali grazie a guardie private, che tengono il kalashnikov nascosto e ti controllano come se fossero poliziotti prima di alzare la sbarra o aprire il cancello.
Msf sa bene che in aree di guerra non basta sventolare la bandierina umanitaria e proclamare i sani principi dell\'intervento a ogni costo per poter operare. In Siria, nelle zone più ostiche controllate dai ribelli, il personale di Msf è da tempo solo locale per timore di rapimenti o peggio. I tagliagole legati ad al Qaida o alle bandiere nere dell\'Isis se ne infischiano delle regole umanitarie e fanno quello che vogliono. Spesso i volontari locali sono collusi con l\'ambiente circostante altrimenti sarebbe impossibile operare e salvare vite. Non è pure questo un compromesso, giustamente accettabile entro certi limiti? Eppure con il governo italiano i talebani dell\'aiuto ai migranti non sono disposti a rispettare un minimo di regole di buon senso. Anzi, con l\'Italia è facile mostrare i muscoli e fare quel che si vuole continuando a sbarcare i migranti da noi. Msf protesta con tutti in mezzo mondo, ma spesso viene cacciata a discapito delle vittime che ha sempre aiutato in tutte le emergenze.
Non si tratta di prendere a cannonate le navi delle Ong perché siamo un Paese civile, ma far rispettare le decisioni del governo e la stessa serietà dello Stato. Per questo bisogna chiudere i porti alle organizzazioni umanitarie che hanno detto «niet» al codice di comportamento. I vascelli buonisti possono tranquillamente puntare la prua sulla Francia o la Spagna per toccare con mano la «solidarietà» del resto d\'Europa. Oppure provare ad attraccare a Malta o al Pireo, che non hanno alcuna intenzione di piegarsi alle arroganze umanitarie. O ancora meglio sbarcare i migranti in Croazia, new entry europea, in piena stagione turistica. Per non parlare dei porti veramente più vicini alla Libia come quelli tunisini, algerini o egiziani dove il rischio di qualche cannonata non è escluso.
[continua]

video
24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra

play
07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

play
16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
Foibe, conflitto sulla storia

play
[altri video]
radio

20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

play

[altri collegamenti radio]




fotografie







[altre foto]